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Leylah Fernandez cresce di match in match e dà spettacolo sulla terra Ross di Parigi dove nei quarti fronteggia proprio Martina Trevisan. Punta sulla velocità, ma soprattutto su una mentalità speciale
di Vincenzo Martucci | 29 maggio 2022
Secondo Mats Wilander e non solo secondo lui, a Martina Trevisan sarebbe andata meglio Amanda Animisova piuttosto che Leylah Fernandez come avversaria dei quarti al Roland Garros. La piccola, velocissima, mancina canadese di papà ecuadoriano e mamma filippina, ricca di anticipo, inventiva e copertura di tutto il campo sta davvero impressionando, per come è salita di livello nelle ultime due partite, contro Belinda Bencic e appunto Anisimova, due nomi noti, dalle grandi potenzialità, che ambivano a dare una sterzata alle carriere pro dopo le enormi promesso da juniores.
CONTINUITA’ MENTALE
Leyla ha semplicemente qualcosa in più, soprattutto nella testa. Dopo il colpaccio contro “la nuova Hingis”, si era auto-applaudita: “La chiave è stata credere nel mio gioco quando contava di più, e sono felice di aver insistito e aver portato a termine quello che avevamo studiato a tavolino”. Prima di affrontare la Trevisan, spiega: “Non ci sono tante mancine sul circuito, dovrò adattarmi. Di sicuro mi godrò il confronto con una avversaria che porta la sua passionalità in campo. Io adoro questo tipo di giocatrici”.
Ma soprattutto conferma di aver trovato l’equilibrio giusto: “La prima cosa che guardo è il mio gioco, poi certo tengo in considerazione le caratteristiche della mia avversaria. So quali sono le mie armi, so che devo essere veloce e devo fare certe cose per mettere in difficoltà chi ho di fronte”.
Dopo aver risolto il nodo principale, dopo una lunga diatriba in famiglia: “Sono nata destra, ma mi trovo meglio a fare certe cose con la mano sinistra, vale anche per i piedi in realtà. Sì, lo so, è una dinamica strana. Alla fine nel tennis ho deciso che volevo provare a giocare da mancina. Papà e mamma sono stati d’accordo, non tanto perché era un vantaggio tattico ma perché tutt’e due le nonne erano mancine, e hanno voluto continuare la tradizione di famiglia. Quasi per gioco”.
SHOCK NEW YORK
Per guarire dalla finale persa l’anno scorso agli US Open contro Emma Raducanu, lo scoiattolino del tennis donne dal papà-guida sportiva, da ex calciatore, e dalla mamma della rigida condotta professionale ci ha impiegato un po’ di tempo. Si sentiva più forte ed aveva un solo modo per dimostrarlo: “Devo migliorare in tutto, dai colpi da fondo alle mie caratteristiche migliori, devo soprattutto saper gestire meglio i momenti psicologici e tattici, in campo. Devo crescere, e crescerò, con un po’ di tempo. Soprattutto, devo capire esattamente com’è il mio gioco e come valorizzarlo al meglio. Avevo perso, sì, e non riuscivo ad accettarlo, ma era anche cambiata la mia vita, ho avvertito molta più pressione perché volevo riprodurre quanto avevo appena fatto a New York e ancora e ancora. Finché non ho accettato anche l’impossibilità di ripetermi a quel livello di settimana in settimana”.
L’importante è sapere che ci sono gli scalini, i livelli diversi, e Leylah dal cervello fino lo sa bene: “Aver vinto il titolo juniores mi ha aiutato giusto all’inizio, nell’impatto col, torneo maggiore, ma poi me ne sono quasi dimenticata. Proprio non saprei dire se quel che hai fatto da under 18 aiuta poi a diventare professionisti, a volte quei primi successi arrivano un po’ per fortuna, un po’ perché riesci ad approfittare delle opportunità. Il primo scalino, subito dopo, nei tornei ITF, è troppo più importante per verificare effettivamente a che livello sei, come fisico e come gioco”. E non finisce lì: “Ogni partita fa parte di un processo di crescita e di apprendimento: le vittorie ed ancor di più le sconfitte”.
CLAY-LAH?
Vedendola scivolare così bene sulla terra rossa, il web l’ha ribattezzata Clay-lah. La Fernandez preferisce il nomignolo di casa: “Leylannie, come suono siamo lì. Ma la vittoria del Roland Garros è invece lontanissimo, preferisco concentrarmi match dopo match”.
Bisogna essere umili: “A New York nessuno si aspettava che facessi così bene, ma anche adesso, dentro di me ogni volta che vado in campo sento di avere ancora qualcosa da dimostrare. E quindi ho la mentalità della sorpresa. Sono ancora giovane a 19 anni, devo ancora dimostrare tanto alla gente così che il pubblico possa godersi i miei match. Questo è l’obiettivo e ci posso arrivare solo lavorando e giocando nel modo giusto”.
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