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Campioni internazionali

Lo Zizou del tennis: il numero 1 che aiuta l’Africa

Il belga Zizou Bergs, attuale numero uno della Race to Torino, dal 2015 spedisce regolarmente attrezzatura e abbigliamento in Burundi, promuovendo il tennis in uno dei paesi più poveri al mondo. Merito di una trasferta da juniores, quando si rese conto di essere un privilegiato. Nel 2023 ha vinto tre Challenger e ora punta alla top-100

15 dicembre 2023

E se vi dicessimo che anche il tennis ha il suo Zizou, il quale magari non vincerà il Pallone d’oro ma attualmente è... numero uno del mondo? Sembra un buco del sistema, ma in realtà è una situazione (divertente) che si ricrea di anno in anno nella classifica Race, dovuta al fatto che – da regolamento – la corsa all’edizione successiva delle Nitto ATP Finals scatta al termine della precedente, quindi a Tour maggiore completato ma con ancora qualche Challenger da disputare e quindi qualche punto da distribuire. Così, capita che a fine anno le prime posizioni vengano occupate da nomi curiosi solitamente fermi ai piani inferiori della classifica.

Per esempio, al numero 2 c’è Fabio Fognini, in virtù della sua vittoria a Valencia, mentre al comando c’è Zizou Bergs, belga classe 1999 che di Challenger a fine stagione ne ha vinti addirittura due in tre settimane, prima a Drummondville (Canada) e poi a Yokkaichi (Giappone). Risultati che hanno permesso a 24enne fiammingo di Lommel di salire al numero 129 del ranking ATP, non lontano dal best ranking di 112, ma soprattutto di prendersi il comando provvisorio della Race to Torino, con 175 punti. Un primato destinato – salvo miracoli, suoi – a cadere nella prima settimana del 2024 al termine dei tornei di Brisbane e Hong Kong, ma che fino ad allora nessuno gli toglierà e ha acceso i riflettori su un personaggio interessante, in particolare per il suo impegno umanitario nei confronti del Burundi.

L’impegno di Bergs è iniziato nel 2014, quando da under 18 è stato per la prima volta nell’Africa Subsahariana, in cerca di punti in tre tornei Itf juniores in Burundi. Ne ha vinti due, ma di quell’esperienza gli sono rimaste in tasca soprattutto le differenze fra la vita alla quale era abituato e quella del cittadino medio di uno dei paesi più poveri al mondo. “Da europeo – ha raccontato – ero sempre stato abituato a dare tutto per scontato. Da noi è normale avere vestiti, scarpe, racchette, corde, ma anche buon cibo a tavola ogni singolo giorno. Cose che invece, da quelle parti, non sono affatto comuni. Quella situazione mi ha aperto gli occhi”.

Così, insieme all’amico Marcel Van der Haegen, si è impegnato da subito per creare un rapporto con alcune persone della capitale Bujumbura, alle quali mandare del materiale. Poi si è unito il suo sponsor tecnico Yonex, e ormai da oltre otto anni Bergs spedisce regolarmente abbigliamento e attrezzatura per permettere ai giovani del posto (ma non solo) di praticare il tennis. “Non importa la taglia dell’abbigliamento – ha aggiunto –: giocano con tutto. Ho saputo che a Bujumbura non è raro vedere gente in campo con le mie racchette e i miei vestiti. Questo mi riempie il cuore di gioia. Ho materiale a sufficienza per spedirne ogni anno. Sono grato a Yonex per il supporto al mio progetto, anche se è qualcosa di ancora molto piccolo. Ma voglio già provare a restituire al tennis un po’ di tutto ciò che mi ha dato”.

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Bergs deve ancora entrare fra i primi 100 del mondo, ma il suo 2023 dice che ce la può fare. L’allievo di Ruben Bemelmans – collega fino a un anno e mezzo fa – si è qualificato per la prima volta per un torneo del Grande Slam (Australian Open), ha raggiunto il primo quarto di finale ATP a Gstaad e ha vinto tre Challenger: un ruolino di marcia che vale più del numero 129. Dovesse farcela, coronerebbe la grande promessa fatta al nonno, suo primo tifoso venuto a mancare a marzo. “È stato un momento davvero duro. Ero a Miami, così non ho potuto nemmeno partecipare al suo funerale. È sempre stato il mio più grande tifoso: ci confrontavamo dopo ogni incontro, trovando i punti sui quali lavorare. Mi auguro che possa continuare a guidarmi anche da lassù, in un modo differente”.

Poco dopo la scomparsa, Bergs ha vinto il Challenger di Tallahasse, in Florida, dedicando il successo al nonno. “Sono sicuro che era presente – ha aggiunto –, quella settimana era con me. Ha reso tutto ancora più speciale. Da lui ho imparato in particolare tre cose: positività, voglia di combattere e capacità di trovare sempre una soluzione”.

Il terzo insegnamento del nonno gli è servito nel corso dell’estate, quando dopo i quarti a Gstaad ha accusato la rottura di un legamento del polso sinistro. Rientrato in Belgio, si è sentito dire che si sarebbe dovuto operare, rimanendo ai box per almeno quattro. Ma non ci ha pensato nemmeno un secondo. Ha lavorato un mesetto sulla riabilitazione e al rientro in campo ha utilizzato per un paio di mesi solamente il rovescio in slice, così da non impegnare il braccio sinistro nell’esecuzione del colpo. “Sapevo che l’aveva fatto anche Moutet – ha detto –, così ne ho seguito l’esempio. Non volevo fermarmi in un buon momento della mia stagione, e poi l’ho trovata una sfida interessante”.

All’inizio ha faticato un po’, poi pian piano si è abituato alla soluzione e ora, pur avendo recuperato l’utilizzo del rovescio tradizionale, continua a utilizzare lo slice molto più di prima, perché nel frattempo è diventato un colpo robusto, solido ed efficace. “La differenza rispetto a prima – ha spiegato – è enorme. Mi auguro che questo possa aiutarmi a salire ancora in classifica, perché ci sto mettendo tanto impegno”. In sostanza, dalle difficoltà lo Zizou della racchetta ha trovato lo spunto per migliorarsi, e magari pure lo slancio decisivo verso la top-100. Problem solving alla massima potenza. Nonno ne sarebbe orgoglioso.

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