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La russa neo campionessa di Berlino e 63 del mondo si allena da sempre da noi. A Latina ha fatto il salto di qualità, nel solco del progetto over 18 della FIT!
di Vincenzo Martucci | 22 giugno 2021
Liudmila Samsonova è il personaggio della settimana: vincendo il primo titolo WTA sull’erba di Berlino la 22enne russa supera per la prima volta il muro delle top 100, guadagna in un colpo solo 43 posti in classifica, passa al numero 63 del mondo ed entra direttamente nel tabellone principale dei Wimbledon con una insperata wild card. “Non ce l’aspettavamo: l’ha saputo alla premiazione, meglio così, può tornare in giorno a Latina e poi ripartiamo per Londra anche col preparatore atletico Umberto Ferrara”, commenta coach Daniele Silvestre che l’allena al TC Nascosa, già sede del centro tecnico donne FIT. Dove ha seguito fino a poco tempo fa Federico Gaio.
Ci racconta in due parole perché la sua allieva è soprannominata la russa d’Italia?
“Perché da quando ha 5-6 anni vive nel nostro paese per seguire il padre che era un professionista di tennistavolo, ha giocato in azzurro nel rappresentative giovanili fino a 18 anni, poi purtroppo non avendo i genitori un reddito individuale consono non ha potuto prendere la nazionalità italiana e ha tenuto quella russa. Per undici anni si è appoggiata al gruppo Piatti, dove ha sempre fatto riferimento a Danilo Pizzorno - il ben noto esperto di video analisi nel tennis che oggi è un pilastro della mia struttura -, poi si è appoggiata al gruppo Piccari ad Anzio e da ottobre dell’anno scorso lavora con me al TC Nascosa di Latina”.
Sin da giovanissima la Samsonova ha sempre avuto le idee chiarissime.
“Malgrado le difficoltà economiche ha subito investito su se stessa e il suo tennis, e quindi sull’idea di team, i pochi introiti che le sono arrivati dall’attività e dalle prime qualificazioni negli Slam. L’ha fatto fino all’altro giorno quand’era fuori dalle prime 100 e lo farà ancor di più adesso che è arrivata la 63, vincendo il primo titolo".
La ragazza dal gran servizio a Berlino ha fissato il suo record a 200 all’ora, ma era già la quarta WTA come ace e punti con la prima. Ragiona giusto per cultura di base e anche per via della “new wave” dei coach italiani come Daniele Silvestre.
“Io ho 39 anni appena compiuti, ho due figli, ero anche sposato, ma per seguire questa vita particolare sono separato da mia moglie. Subito dopo l’attività agonistica, ho infatti cominciato a collaborare con la Federtennis come coach e ho seguito Camila Giorgi in giro sul circuito, prima di prendere la mia strada ancor in giro per i tornei”.
Fra i motivi del nuovo rinascimento del tennis italiano c’è quello che che i nuovi tecnici non sono più timorosi di rischiare le lezioni sicure al circolo per investire su un ragazzo promettente.
“Io sono stato anche fortunato perché ho rilevato la struttura del TC Nascosa che ha otto campi da tennis di tutte le superfici, piscina e palestra, e posso ospitare un allievo senza gravare in questo sulle sue finanze, indirizzando le risorse sui tornei. Ma è chiaro che la visione di noi coach italiani di nuova generazione è diversa dalla precedente: più protettiva e chiusa, e anche un po’ “tuttologa”, che accentrava in sé tutte le competenze. In uno sport che è in continua evoluzione non esiste la verità assoluta e bisogna essere più dinamici anche nei viaggi, anche 45 settimane l’anno, anche nell’apertura mentale, nell’allargare il discorso al team di specialisti: dal preparatore atletico al nutrizionista al mental coach coi quali ci confrontiamo insieme al giocatore”.
Oggi c’è anche un grande scambio fra voi coach.
“Vagnozzi, Cipolla, io, siamo praticamente coetanei, ci conosciamo da tanto, scherziamo e ci confrontiamo spesso. Non difendiamo il posto, ci miglioriamo con le conoscenze dirette e degli specialisti che lavorano con noi. E i nostri giocatori sono ugualmente ricettivi: Liudmila anche quando aveva due soldini appena ha creato dei presupposti perché oggi che fa il salto di qualità non deve cercarsi uno staff di livello ma già lo trova pronto attorno a sé per fare ulteriori passi avanti con una struttura organizzata e competitiva”.
E’ stato Riccardo Piatti a segnare ai coach la strada giusta da seguire?
“Nel mio caso è stata la FIT, coi 7-8 anni che ho fatto nel progetto over 18 portato avanti prima da Eduardo Infantino e poi da Filippo Volandri. E’ stato uno sviluppo importante, direi anzi decisivo, del cambiamento di rotta dei rapporti fra pubblico e privato. Addio chiusure e gelosie. La Federazione ha offerto un supporto importante, di tutti i generi e per più settimane, come si vede oggi anche al vertice, con Umberto Rianna che segue a volte Matteo Berrettini nei tornei affiancandosi al coach titolare Vincenzo Santopadre e col preparatore atletico FIT, Gianluca Pasquini, che accompagna Lorenzo Musetti. Non ci sono imposizioni, non ci sono chiusure e rapporti rigidi, anzi, si lavora insieme per l’obiettivo comune di avere più giocatori, più forti possibile, mettendo il giocatore nelle condizioni ideali”.
Se non ancora di scuola si può parlare di un sistema-Italia nel tennis?
“Sì perché si è allargata molto la base di ricerca sul territorio che poi, a piramide, porta le migliori promesse nei centri di specializzazione. Così da non disperdere più i talenti, che vengono seguiti passo passo, con un notevole investimento anche finanziario da parte della FIT. I frutti di questo tanto lavoro capillare sono importanti e sotto gli occhi di tutti”.
Lei che conosce bene il settore femminile, perché questo sistema non vale anche con le donne?
“Forse c’era bisogno di un centro tecnico specifico, non comune agli uomini, a Tirrenia, come è stato fatto con Formia, a cui capo c’è Vittorio Magnelli, col quale collaboro. E com’era una volta con Massimo di Domenico proprio dal mio circolo di Latina dal quale sono partite gran parte delle migliori tenniste italiane. Oggi il tennis sta riesplodendo è popolare come quando nello sci esplode Alberto Tomba e tutti sapevano di sci, abbiamo tanti segnali positivi, e vedo tante ragazze giovani molto forti che già si impongono in tenerissima età. Fra qualche anno sono sicuro che vedremo anche lì dei frutti importanti, colmando questo buco che abbiamo avuto dopo la generazione di Pennetta e Vinci”.