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Campioni internazionali

"Miti del Foro": Agassi e Sampras, opposti perfetti

Nuova puntata della serie "MIti del Foro" sui grandi campioni che hanno fatto la storia degli Internazionali BNL d'Italia. Ci concentriamo su Andre Agassi e Pete Sampras

di | 03 maggio 2022

Due opposti perfetti, Agassi e Sampras. Hanno appassionato e diviso. Hanno scritto una leggenda che ha cambiato il tennis moderno, passata attraverso 34 capitoli. Una storia iniziata proprio al Foro Italico, una sera di maggio del 1989. Agassi vince facile, 6-2 6-1. Dopo la partita, si lascia andare a una previsione, una delle più sbagliate della sua carriera e della storia del gioco. “Mi dicevo: quel ragazzo non tiene una palla in campo – ha ammesso anni dopo -. Avrei detto che il mio più grande avversario sarebbe stato chiunque ma non lui”.

I grandi opposti da sempre si attraggono. Agassi non avrebbe lo stesso peso nella storia del tennis senza Sampras. Pistol Pete l'ha battuto 20 volte su 34. Per Andre, è come il bianco per il nero. Sampras ha un gioco fluido, sensuale. Andre tende ad analizzare tutto, Pete non porta mai in campo pensieri pesanti. Agassi ha la miglior risposta e il lob più efficaci del circuito. Sampras dà il meglio con un tennis classico, fatto di servizi devastanti e di eleganti volée.

 

Quando si incontrano a Roma in quel 1989, estate che anticipa cambiamenti rivoluzionari nel tennis e nel mondo, Agassi è l'anima torbida del tennis americano.

Mostra già quel suo tipico tennis compatto e compresso, risultato degli allenamenti con la macchina lanciapalle studiata apposta dal padre Mike, ex pugile emigrato dall'Iran. L'obiettivo è chiaro: Andre deve colpirne 250 al giorno, un milione all'anno. Così sarà imbattibile. Nonostante 60 titoli, 8 Slam e sedici stagioni chiuse in top 10, Agassi rimarrà sempre un campione insicuro.

Il suo bisogno di approvazione emerge soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta. Negli anni passati all'accademia di Nick Bollettieri, sfodera tutto il manuale estetico dei giovani ribelli: capelli lunghi, jeans, completi. È un celeberrimo slogan a tracciare il miglior ritratto del primo Agassi, testimonial ideale per vendere macchine fotografiche: “l'immagine è tutto”.

Al contrario, Sampras è un campione nato. Statunitense di sangue greco, conosce la storia del tennis e ha un solo obiettivo: battere il record di Slam di una leggenda come Roy Emerson. Lo spingono l'ambizione, un desiderio innato, e il continuo confronto col meglio della sua generazione. Ha una mente da campione, che il giornalista Peter Bodo ha provato a penetrare come co-autore della sua autobiografia. Il palmares parla da solo: vince sette Wimbledon e 14 Slam in totale su 18 finali. Conquista 64 tornei su 265 disputati, resta sei anni al numero 1 e dodici stagioni in top 10. Ma sul rosso ha sempre vinto poco.

Ma torniamo al 1989. Agassi è iscritto agli Internazionali BNL d'Italia anche in doppio e vincerà il primo titolo nella specialità insieme a Jim Courier, anche lui cresciuto all'accademia di Bollettieri. Secondo il giovane Agassi, Courier è destinato a una carriera ad essere breve e di poche soddisfazioni. Un'altra profezia destinata presto a rivelarsi errata.

Campione punk che si mette in mostra più di un rapper, Agassi in singolare si spinge fino alla finale di Roma in quello storico 1989. L'anno prima al Foro ha battuto Muster, destinato a conquistare il Foro negli anni a venire. Stavolta Andre domina l'argentino Perez Roldan, poi supera Bruguera nella sua prima semifinale agli Internazionali BNL d'Italia. In finale, arriva a un punto dal titolo contro l'argentino Alberto Mancini. Gioca però una partita confusa e crolla al quinto set.

Non vincerà più una partita a Roma fino al 1994, quando sarà fermato al secondo turno da Pescosolido. E lascerà il palcoscenico al più grande successo sul rosso di Pete Sampras. Anche se la terra rossa non è mai stata la sua superficie migliore, a Roma aveva raggiunto i quarti nel 1992 e la semifinale nel 1993. Ma il 1994 è il suo anno migliore.

 

Pistol Pete ha conosciuto il mondo solo grazie al tennis. La vita gli è cambiata nel 1990 quando ha sconfitto proprio Agassi allo Us Open di sempre. Era un ragazzo anonimo, diventa il più giovane campione nella storia del torneo. Soprattutto, diventa una star. Il suo segreto, diceva Becker oggi finito in disgrazia e in carcere, è che tiene il resto del mondo a distanza.

Riesce a separare il tennis dalla sua vita; in pochi possono dire di conoscerlo davvero. Non gli interessa piacere, non si preoccupa di come la gente lo vede. Ha un solo obiettivo: vincere. Soprattutto perché, come tutti i campioni, odia perdere. Per gli avversari, diceva Paul Annacone che l'ha allenato, Sampras è un enigma. Un vincente che mette soggezione.

 

Quando scende in campo contro Becker nella finale di Roma del 1994, ha già all'attivo quattro Slam e 27 titoli complessivi. La sfida si trasforma in un monologo di facilità quasi imbarazzante. In campo c'è solo Sampras. Il tedesco, con la schiena dolorante e un figlio che non lo fa dormire la notte, può fare davvero poco.

Il gioco di Pistol Pete sarà la regola del Duemila, almeno fino all'avvento di Nadal e Djokovic. Ma questo non gli basterà a centrare l'unico Slam che gli è sempre sfuggito: il Roland Garros. Peraltro, dopo il trionfo a Roma che anticipa l'inizio dei primi mondiali di calcio negli USA, non arriverà mai più nemmeno ai quarti al Foro Italico.

Le ultime due sconfitte a Roma hanno il sapore della nostalgia. Nel 2001 perde dall'israeliano Levy, allora numero 54 del mondo, in una partita finita in due giorni per la pioggia, pochi mesi prima di trionfare in quattro tiebreak su Agassi in una New York ancora con le Twin Towers sullo sfondo, Quei quattro tiebreak sembrano confermare il pensiero di Pistol Pete: “Con me Agassi perdeva, anche quando giocava meglio, perché sapeva che ero più forte”. L'ultima apparizione di Sampras a Roma risale al 2002. Il pubblico si schiera tutto dalla sua parte, ma non basta: cede allo spagnolo Felix Mantilla. E lascia il palco ad Andre Agassi. Tredici anni dopo il match point mancato contro Alberto Mancini, ha abbandonato chiome bionde e colori sgargianti. Ha sposato il suo grande amore, l'ex numero 1 del mondo Steffi Graf. Ha un nuovo equilibrio che si traduce in un tennis più completo e paziente. E Roma torna a brillare come nel 1989.

Sampras, Agassi e quel duello indimenticabile

Agassi domina Albert Costa, che l'aveva battuto a Montecarlo, nel primo quarto di finale agli Internazionali BNL d'Italia in tredici anni. È stupito anche lui del suo livello di gioco. In semifinale fa valere esperienza e freddezza sul ceco Jiri Novak, un lavoratore costante salito al numero 15 del mondo grazie alla semifinale dell'anno prima all'Australian Open, e si regala una finale inattesa quanto meritata, senza aver perso un set, contro Tommy Haas.

Sono le due teste di serie più alte sopravvissute al martedì nero che ha spazzato via tutti i favoriti. Haas è il primo tedesco in finale a Roma dopo Becker. Agassi, che si fa raggiungere dalla moglie, è contento che la finale di Roma si giochi al meglio dei cinque set. Sa che sulla lunga distanza il giocatore migliore alla fine emerge sempre. Haas, che ha otto anni in meno, non ha mai giocato così bene sulla terra rossa prima. Bollettieri l'ha cresciuto in Florida per diventare “il nuovo Agassi”. Ma in finale contro l'originale raccoglie solo sei game.

Agassi saluterà Roma nel 2005, con la semifinale persa contro il giovane Coria, che batte il suo idolo e sfiorerà il titolo contro Nadal nella finale più lunga di sempre al Foro Italico. E' l'annuncio di una nuova stagione e di una nuova rivalità, quella fra Rafa e Roger. Ma la storia di chi li ha preceduti, di Andre Agassi e Pete Sampras, non si cancella. Una storia che non poteva che iniziare qui, al Foro Italico, al centro del mondo. Dove nascono le leggende.

 


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