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Il main draw degli Internazionali BNL d'Italia è sempre più vicino. Iniziamo allora un viaggio per rivivere le storie dei campioni che hanno fatto la storia al Foro Italico. Partiamo con il campione che ha trionfato di più a Roma, Rafa Nadal, e i grandi spagnoli che hanno aperto la strada
di Alessandro Mastroluca | 02 maggio 2022
Giallo come il sole. Rosso come il drappo dei toreri, come la terra battuta. La Spagna porta con sé i colori del sudore e della passione. E sul rosso ha scritto la storia di questo sport. Una storia iniziata con leggende come Manolo Orantes, primo spagnolo a trionfare a Roma nell'era Open, e Manolo Santana. Figlio di un elettricista imprigionato durante la guerra civile, Santana ha fatto scoprire il tennis a un'intera nazione. Santana ha perso in finale a Roma nel 1965. Quarant'anni dopo Rafa Nadal ha sfiancato Guillermo Coria. E' il suo primo trionfo al Foro, l'inizio di una nuova era.
La Spagna diventa scuola negli anni Ottanta. Il merito è dei fratelli Sanchez: Arantxa sarà numero 1 del mondo, Emilio vincerà 15 tornei in carriera, Javier aprirà l'accademia di riferimento dove si allenerà anche Andy Murray.
Emilio Sanchez si è diviso fra tennis, nuoto e calcio fino a 12 anni. Ha avuto bisogno di tempo per diventare un giocatore rispettato e apprezzato, capace di salire fino al numero sette del mondo e di parlare sei lingue. Merito anche di un coach che ha cambiato la storia del tennis, non solo spagnolo: Pato Alvarez.
A Roma, Sanchez vive il suo primo anno di gloria nel 1986: perde un set al primo turno contro Schwaier, batte in due Becker e Wilander, si ferma solo contro Lendl. A Roma vincerà comunque nel 1991: è il suo tredicesimo torneo in carriera. Ma il dominio spagnolo al Foro Italico è solo all'inizio.
Per trovare un altro spagnolo in finale bisogna aspettare il 1995. È Sergi Bruguera, un'icona del tennis tutto corsa e sudore. Uno specialista della terra rossa, che su questa superficie ha vinto 13 titoli su 14, compresi i due trionfi di fila al Roland Garros. Tanto Emilio Sanchez era bello e spigliato come un'icona pop, tanto Bruguera dava l'aria di un campione fragile, sofferente.
Nel 1997 al Foro Italico trionfa Alex Corretja, insieme a Stefan Edberg e Todd Martin il simbolo di cosa voglia dire essere un gentleman. Non ha colpi risolutivi, ma è intelligente, corre, lotta e alla fine vince. Sogna da piccolo di vincere gli Internazionali BNL d'Italia. E il sogno lo realizza in finale su Marcelo Rios. Per festeggiare, si fa raggiungere dai genitori. E insieme celebrano la sua prima vittoria in un Super 9, quelli che oggi chiamiamo Masters 1000, e l'ingresso fra i primi dieci giocatori del mondo. L'anno dopo Rios vincerà perché Albert Costa, uno dei primi 20 giocatori per vittorie sulla terra rossa eppure è cresciuto nel mito di John McEnroe, si ritira prima di scendere in campo.
Il nuovo millennio si apre, nel 2001, con la prima e unica vittoria a Roma di Juan Carlos Ferrero. Mosquito, questo il suo soprannome, batte Gustavo Kuerten, il primo a giocare tre finali di fila al Foro Italico dopo Jan Kodes, trent'anni prima. Campione semplice e dalla faccia pulita, amante delle motociclette e del Real Madrid, Ferrero ha superato il dolore per la morte della madre. Il tennis ha dato a lui più di quanto avrebbe pensato, come a Felix Mantilla, protagonista della più grande sorpresa nella storia del torneo.
Quando si presenta in finale contro Federer nel 2003, Mantilla è un terraiolo doc con 9 titoli in 8 anni, nessuno di prima classe, e una semifinale al Roland Garros nel 1998. Sarà l' atmosfera di Roma, sarà la barba che non taglia per scommessa, in semifinale contro Kafelnikov Mantilla si esalta come un gladiatore al Colosseo. E lascia Roma Felix, felice di nome e di fatto, con il primo Masters Series in carriera. È forse l'ultimo dei rappresentanti della scuola spagnola della vecchia generazione a conquistare il Foro Italico.
Inizia una serie di cinque successi spagnoli di fila agli Internazionali BNL d'Italia. L'anno successivo si impone Carlos Moya. Bello e bravo, centra la sua prima finale a Roma, dove prima non aveva mai superato nemmeno i quarti di finale. Il pubblico lo apprezza per quel suo tennis spettacolare che l'ha portato al numero 1 del mondo nel 1999. Moya dimostra di aver lavorato sull'aggressivita. Ma non usa semore la potenza, ricorre più spesso alla varietà, al servizio kick, a qualche effetto, ai contropiede. E dedica il trionfo al grande amico Rafa Nadal, l'icona che dodici mesi dopo avrebbe cambiato la storia per sempre.
Rafa ha vinto le ultime due finali al meglio dei cinque set agli Internazionali BNL d'Italia nel 2005 contro Guillermo Coria, cui non basta un vantaggio di 3-0 al quinto, nel 2006 contro Roger Federer, stupito come i 9 mila spettatori del Centrale.
È la grande finale sulla terra battuta che Federer e Nadal non hanno mai giocato al Roland Garros. È la rivelazione di un fenomeno di precocità che firma due record importanti. Nadal eguaglia con 53 match consecutivi sulla terra il primato assoluto del ' 77 di Guillermo Vilas. In più eguaglia Bjorn Borg raggiungendo i 16 tornei vinti nel circuito maggiore prima dei 20 anni. I numeri sono importanti, dice, ma Borg e Vilas sono tutta un'altra storia. È anche questo il messaggio della scuola spagnola. Una scuola di vita, prima ancora che di tennis. Una scuola di corsa e di sudore, di affanni e di trionfi. Una scuola che ha stravolto il mondo del tennis sulla terra battuta.
La finale del 2006 è uno scontro che definisce un'era. È il Borg contro McEnroe dell'era moderna. Per ritrovare un duello fra due futuri campioni dello stesso peso bisogna forse tornare alla finale dello Us Open 1990 Agassi-Sampras. Nadal vince facendo cinque punti in meno dell'avversario. Eguaglia il record di Vilas e conquista il pubblico del Foro. Il gladiatore Rafa ha conquistato la folla, le ha dato qualcosa che non ha mai visto prima. Roma ha trovato il suo re.
Un re che batterà altri record sulla terra di Roma. Nella semifinale del 2007 contto Nikolay Dabydenko c'è tutto Nadal. Rafa perde il primo set sul rosso dopo oltre un anno. Deve ricorrere al meglio del suo repertorio per sfondare il russo, un autentico muro, fino al 4-4 nel terzo set. È un successo storico, quello su Davydenko. È la vittoria numero 76 di Nadal sulla terra rossa. Con quella vittoria, il maiorchino supera il record di McEnroe per il maggior numero di successi consecutivi su una stessa superficie. E non perderà mai al set decisivo agli Internazionali BNL d'Italia prima della finale del 2014 contro Novak Djokovic, il campione che più ha minato le sue certezze sul rosso.
Da allora Nadal ha cambiato volto e gioco ma non è mai uscito dai Top 10 dal suo primo ingresso, il 25 aprile del 2005. E non ha mai smesso di mostrare i colori del suo tennis illuminato e appassionato. Intanto la Spagna si esalta con quello che per tutti è il suo erede designato, Carlos Alcaraz.
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