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Campioni internazionali

Addio a Gianni Clerici, FIT e Sport e Salute gli intitolano la sala stampa degli Internazionali d'Italia

E' morto a 91 anni a Bellagio il giornalista e scrittore, ammesso nella International Hall of Fame nel 2006. Autore del celebre "500 anni di tennis", ha scritto più di seimila articoli. FIT e Sport e Salute hanno deciso di intitolargli la sala stampa degli Internazionali BNL d'Italia, ovunque e in qualunque forma sarà

di | 06 giugno 2022

"Si ritenne votato alle Lettere, coltivandole con amorevole incostanza. Perché considerarsi votato alle Lettere significa veder chiaro in se stessi, ma non al punto da ignorare che il genio chiede paziente fatica". Così Gianni Brera parlava di Gianni Clerici, morto a Bellagio a 91 anni. Era stato giocatore, soprattutto giornalista di tennis per Il Giorno e la Repubblica, poi telecronista, ruolo con cui è diventato popolare per il grande pubblico, e scrittore. Il suo libro "500 anni di tennis" è stato tradotto in francese, tedesco, giapponese, inglese e spagnolo. 

A lui la Federazione Italiana Tennis e Sport e Salute hanno deciso di intitolare la sala stampa degli Internazionali BNL d'Italia. “Indipendentemente da dove, nel corso degli anni, sarà materialmente realizzata all'interno del Parco del Foro Italico, la sala che ospiterà i giornalisti incaricati di raccontare le imprese di giocatori e giocatrici impegnati di uno dei tornei più importanti del mondo porterà il nome di chi ha scritto pagine indimenticabili del giornalismo e della letteratura sportivi” ha dichiarato Angelo Binaghi, Presidente della Federtennis.

“La sua prosa e la sua voce hanno accompagnato per più di sessant’anni intere generazioni di appassionati del nostro sport e le hanno fatte sognare. Gianni, cui mi legava un rapporto non soltanto di grande stima ma di sincera amicizia, lascia un vuoto incolmabile: la decisione di intitolare alla sua memoria la sala stampa degli IBI speriamo serva anche d’ispirazione per far crescere una nuova generazione di persone che sappiano far innamorare del nostro magnifico sport grazie alle parole”.

Giornalisti come lui, ha scritto l'International Tennis Hall of Fame dove è stato ammesso nel 2006, "hanno portato il grande mondo del tennis verso legioni di fan in tutto il mondo. Gianni Clerici lo ha raccontato per 40 anni, ha scritto più di 6 mila articoli e dedicato al tennis gran parte dei suoi considerevoli talenti" 

"Mi hanno chiesto di avere i miei libri e hanno allestito una grande vetrina con dentro una mia gigantografia e tutti i volumi - ha ricordato quell'anno al Tennis Italiano -. Poi il cerimoniale, un'organizzazione... preoccupante. Ci saranno 20 o 30 persone che se ne occupano. Una cosa tremendamente seria. Hanno sbagliato solo le misure della mia giacca. Perché ti regalano un blazer, ti consegnano un attestato e un blazer con lo stemma del club". 

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Figlio di un ricco commerciante che aveva perso tutto durante la Grande Guerra, uno dei primi imprenditori in Italia a gettarsi nel settore del petrolio, durante la Seconda guerra mondiale Clerici usava la sacca da tennis e la custodia del violino per portare mitragliatori ai partigiani sui monti del lago di Como.

I suoi inizi nel mondo del tennis li ha descritti in "Alassio 1939", racconto che fa parte del romanzo Gesti bianchi. Impara al Lawn Tennis Club di Alassio, perché è amico di Lord Daniel Hanbury, che l'ha fondato nel 1923 ed è il fratello del Thomas che ha realizzato i giardini della Mortola di Bordighera. 

Nel corso della sua attività tennistica, ha vinto due titoli nazionali juniores di doppio con Fausto Gardini (1947 e 1948) e sempre da juniores ha raggiunto la finale del singolare nel 1950. Sempre nel 1950 ha conquistato la "Coppa de Galea" a Vichy, bissando tale successo nel 1952 al "Monte Carlo New Eve Tournament".

Come singolarista ha partecipato ai tornei di Wimbledon (1953) e Roland Garros, fermandosi sempre al primo turno. Racconta di aver perso sei partite su sei agli Internazionali BNL d'Italia. Smette di fatto di giocare, racconta a Rivista Studio, dopo una lunga malattia che gli viene diagnosticata dopo un incontro a Beirut. L'allora medico del Milan gli preannuncia una morte praticamente inevitabile.

"Ho preso l'itterizia, un'itterizia da virus durante la finale dei Campionati del Libano, di doppio, bevendo l'acqua del posto. Sono andato al successivo torneo di Istanbul, da lì ad Atene dove ho cominciato a stare male davvero - ha raccontato -. Il caso precedente al mio era morto. Ho tentato di rigiocare un anno dopo, ma sono stato male di nuovo". 

Smette a 24 anni, si laurea in giurisprudenza, poi si specializza in Storia delle religioni alla Sorbona di Parigi. Nel 1948 è iniziata anche la sua carriera di giornalista. Il suo primo articolo, raccontava nel 2006 a Enzo Anderloni, "fu su Il Tennis Italiano: Campionati italiani di seconda categoria. Si disputarono proprio a Como, quella volta giocai in doppio con Vincenzo Mei".

Nel 1951 Luigi Gianoli, diplomato al conservatorio, che si occupava di cavalli suggerisce a Brera di farlo esordire alla Gazzetta dello Sport. Tre anni dopo, sempre con Brera, passa al Giorno dove incontra Mario Soldati, un altro scrittore prestato al giornalismo sportivo con cui segue un paio di edizioni del Giro d'Italia. Soldati e Bassani, l'autore del Giardino dei Finzi Contini, lo hanno praticamente adottato quando aveva 20 anni. Al Giorno ha curato anche rubriche di basket e di sci. 

Presente alla riunione in cui si decise l'avvento dell'era Open e a Bournemouth nel primo torneo della nuova era, negli anni in cui lavorava al Giorno Clerici ha scritto il suo capolavoro "500 anni di tennis" (1974), e Divina, la sua biografia di Suzanne Lenglen. Dal 1988 ha scritto per la Repubblica.  

Ma la grande popolarità arriva con le telecronache in tv dei tornei di tennis. “Mi sono trovato benissimo perché non ho mai pensato che fosse diverso dallo stare in tribuna stampa. Io ero abituato alle tribune stampa del calcio, dove si parla sempre. Perché io ho fatto calcio per una decina d’anni, prima che venissi aggredito dai tifosi. E poi anche nel tennis, in tribuna, abbiamo sempre chiacchierato” ha raccontato.

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L'ironia, la parlata forbita, le divagazioni che gli valgono l'azzeccato soprannome di Dottor Divago accompagnano generazioni di spettatori che con lui si appassionano al tennis. "Ogni respiro, ogni pensiero di Gianni Clerici (persino nelle telecronache) è stato uno spot per il tennis. Un inno alla bellezza di questo sport di cui ne è stato campione di divulgazione" si legge su Repubblica. 

Gianni Clerici ha conosciuto il successo con il racconto del tennis. Ma la sua libertà artistica ha preso anche strade diverse. Come il teatro. Nel 1987 Clerici ottiene il Premio Vallecorsi con la commedia inedita Augusto e Cleopatra , ironico completamento della trilogia iniziata da Shakespeare e proseguita da G.B. Shaw, in cui la regina d’Egitto soccombe anche perché Giulio Cesare è smaccatamente gay.

Nel 1995, alla Biennale di Venezia, viene messa in scena 'Tenez tennis', sulla figura della tennista Suzanne Lenglen. Ha pubblicato romanzi come Australia Felix o il curioso Erba Rossa, che parte dalla trasferta dell'Italia in Davis nel 1965 per raccontare il socialismo reale in Cecoslovacchia prima della primavera di Praga. Ha scritto di come l'arte abbia raccontato il tennis. Nel 2015 ha pubblicato la sua autobiografia, “Quello del tennis”. Sapendo bene di essere anche molto altro.

Ad esempio un noto appassionato d'arte che ha ceduto 31 pezzi della sua collezione al Museo dell'International Tennis Hall of Fame, compresi dipinti di giocatori impegnati in sport di racchetta che risalgono al diciassettesimo secolo e acquerelli del Roland Garros e di Wimbledon firmati Molly Lamb Bobak (1920-2014). 

Alla sua famiglia vanno le condoglianze della Federazione Italiana Tennis, del suo Presidente Angelo Binaghi e di tutto il movimento.

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