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Campioni internazionali

Petra, 30 con lode: ora Kvitova fa paura a tutte

A 33 anni, Petra Kvitova torna ad alzare un trofeo importante. Grazie al trionfo a Miami, rientra in top 10 e punta forte sulla stagione sul rosso, aspettando l’amata erba. Trenta titoli Wta, due Championships in bacheca, la mancina ceca sente di avere ancora tanto da dare a questo sport

06 aprile 2023

È stata solo la terza giocatrice a raggiungere la finale a Miami passati i 33 anni. Prima di lei, Chris Evert e Serena Williams. Quando si dice essere in buona compagnia. Se poi aggiungiamo che quella finale, che la vedeva opposta a una delle giocatrici più calde di questa prima parte della stagione, l’ha pure vinta, allora abbiamo il quadro di quanta fiducia Petra Kvitova si sia portata a casa dopo aver lasciato la Florida.

Il successo contro Elena Rybakina (a 5 anni dal suo ultimo hurrà in un 1000, l’allora Premier di Madrid), il trentesimo titolo WTA conquistato in carriera, ha portato in dote alla tennista ceca una camera con vista sull’élite mondiale del tennis rosa e un nuovo ingresso in top ten dopo oltre diciotto mesi, lei che vanta un primato personale di numero 2 che risale all’ottobre del 2011.

Due volte campionessa di Wimbledon, Kvitova a Miami non era mai andata oltre i quarti di finale nelle prime dodici partecipazioni. C’era qualcosa nel Sunshine Double che le aveva sempre impedito di esprimersi al meglio. Prima di quest’anno, infatti, non aveva mai raggiunto una semifinale né a Indian Wells né a Miami, e la sua nota avversione per le condizioni umide sembrava escludere del tutto un buon risultato dalle parti di Ocean Drive.

Kvitova story, da Wimbledon a Miami

Questo inatteso trionfo, alla tredicesima partecipazione, dimostra che il suo talento, se accompagnato dalla migliore condizione fisica, può esplodere in qualsiasi momento, nonostante la carta d’identità e anche lontano dalle amate superfici indoor o dall’erba.

I veloci campi della Florida hanno dato nuova linfa al suo servizio e al suo diritto, colpi con cui è riuscita a domare, in semifinale, anche una ritrovata Sorana Cirstea, per poi porre fine alla striscia di 13 vittorie di Elena Rybakina. E chissà che la 23enne tennista russa naturalizzata kazaka, vincitrice di Wimbledon 2022, non ritrovi proprio la mancina di Bilovec a sbarrargli il cammino quando proverà a regalarsi il bis sui sacri prati londinesi. Del resto Petra, che a Church Road ha vinto nel 2011 e poi ancora nel 2014, ha una certa familiarità nell’alzare il pesante Rosewater Dish.

Prima dei Championships però c’è tutta una stagione sul mattone tritato da masticare: “Mi fa piacere sapere di poter ancora essere competitiva contro le più forti, con la stagione sulla terra battuta alle porte e poi l’erba. Il mondo del tennis va veloce: non puoi fermarti ma devi subito ripartire. Sapere di poter ancora vincere tornei come questo alla mia età è la cosa più importante”. Insomma, la ceca non si accontenta, anzi: “Ogni volta che scendo in campo provo a essere una giocatrice migliore. Adoro questo gioco, e sono sempre motivata a fare meglio. Ho avuto tanti momenti positivi che mi danno la motivazione per provare a vivere di nuovo certe emozioni”.

A proposito di alti e bassi. Nella vita di Petra Kvitova, come molti ricorderanno, c’è un prima e un dopo, e lo spartiacque è la data del 16 dicembre 2016. In quel giorno, ormai prossimo al Natale e con il trofeo della Fed Cup appena conquistato in vetrina, un rapinatore, spacciandosi per un tecnico della caldaia, riuscì a introdursi nella sua abitazione di Prostejov, in Repubblica Ceca, una piccola città a circa 250 km da Praga, aggredendola. Nella colluttazione, la tennista mancina rimase gravemente ferita da una coltellata proprio alla mano sinistra. L’uomo sarebbe poi riuscito a fuggire portando con sé un bottino di 10 mila corone, l’equivalente di poche centinaia di euro.

La tempestività dell’intervento chirurgico – durato quasi 4 ore – del dottor Radek Kerble ha permesso alla giocatrice di tornare a giocare appena sei mesi dopo l’aggressione. Ma la memoria delle carriere parzialmente compromesse di Monica Seles e Anna Chavketadze aveva fatto presagire il peggio. Così per fortuna non è stato e Petra Kvitova, che dall'undicesima posizione del ranking occupata al momento dell’attentato era scesa alla fine del 2017 al n.29, è stata capace di riprendersi alla grande, vincendo 8 titoli Wta nei successivi tre anni, pur senza riuscire a mettere in bacheca un nuovo torneo del Grande Slam. Ci andò vicino nel 2019, agli Australian Open, quando fu battuta in finale dalla giapponese Naomi Osaka.

“Da quel brutto episodio ho appreso qualcosa che prima ignoravo – ha raccontato qualche anno dopo l’ex numero 2 del mondo – perché sapevo di essere una combattente in campo, ma non sapevo quanto lo fossi fuori dal campo. La prima cosa che ho sempre ammirato di me stessa è che avevo la motivazione per giocare a tennis. Lavoravo molto duramente per la riabilitazione, più di quanto non facessi come tennista. Direi che sono cresciuta soprattutto dal punto di vista mentale, perché è stato davvero difficile recuperare e ne vado molto orgogliosa”. Proprio quella forza mentale, ad esempio, che nella recente finale di Miami le ha permesso di annullare ben 5 set point alla Rybakina nel decisivo tie-break del primo set, finito 16-14 a suo favore.

Nata tre anni prima che la Cecoslovacchia fosse divisa dalle conseguenze della caduta del comunismo, Kvitova si è avvicinata al tennis relativamente tardi. Ha imparato a giocare nella piccola cittadina di Fulnek, dove oggi è possibile visitare una “Hall of fame” a lei dedicata e che ospita il trofeo conquistato nel 2014 a Wimbledon. Spinta dall'esempio di Martina Navratilova e soprattutto dalla passione del padre (che di mestiere faceva il maestro e il vice sindaco), Petra è stata guidata del genitore-coach fino all’età di 16 anni. “A volte era dura, non potevo uscire con i miei amici perché dovevo allenarmi. Papà sapeva cosa facevano i ragazzi e a Fulnek c’era poco o niente. Quattro campi da tennis, un castello e un centro sportivo. Io ho giocato a pallavolo fino agli 11 anni, ma i miei amici passavano il tempo per strada e magari fumavano. Papà era un insegnante e voleva tenermi lontana da questo ambiente. Quando avevo 15, 16 anni ho attraversato un periodo difficile. Il rapporto con lui è peggiorato per colpa del tennis. Una volta a casa continuavamo a parlare di diritti e rovesci, era troppo. Non andava bene per nessuno dei due ed ero arrivata a voler smettere di giocare”. Risolti i problemi con il padre però, la sua carriera è decollata.

Per i suoi quasi 700 mila follower su Twitter, Petra ama postare foto legate alla sua carriera, ma di tanto in tanto concede anche qualche sguardo sulla sua vita privata. Come nello scorso agosto, quando ha annunciato le nozze con il fidanzato (e coach dal 2006), il 44enne connazionale Jiri Vanek, ex tennista con best ranking di n.74 Atp. “Ho detto ‘sì’ nel mio posto speciale” ha cinguettato l’allora 32enne Petra, a commento di una foto scattata a Wimbledon. Qualche “dietro le quinte” in più è possibile scorgerlo sul suo profilo Instagram, dove possiamo vederla alle cascate del Niagara oppure, bellissima, in abito da sera prima di una serata di gala.

Tornando al tennis, il suo futuro, così come i suoi colpi piatti che fanno impazzire le avversarie, rimane imprevedibile. Nonostante l’età, se Kvitova riuscisse a mantenere la forma attuale, avrebbe il potenziale per far male a qualsiasi top player. Nessuna esclusa. “Solo anni dopo il mio medico mi ha confessato quale percentuale avevo di tornare a giocare dopo le gravi lesioni alla mano. Era solo il cinque per cento. Sono molto grata che non me l’abbia mai detto e di aver trasformato quel cinque per cento in una vita e in una carriera ancora tutta da scoprire”. Il successo a Miami dimostra che quando si possiede il talento e la forza di spirito di Petra non è mai troppo tardi per sognare in grande. Magari per sognare un terzo Slam.


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