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Campioni internazionali

Quella prima visione di Jannik a Roma prima che diventasse… Sinner

Un filiforme ragazzino con i capelli rossi e le lentiggini palleggiava sul campo n. 8 al Foro Italico con l’austriaco Julian Knowle durante gli IBI 2015. Scioltezza, facilità, timing strepitoso: doveva essere di sicuro tedesco o americano o australiano. Ma perché non capitano mai a noi? Poi quella visione è diventata la realtà che conosciamo

di | 25 gennaio 2024

Oggi Jannik Sinner lo conoscono tutti. Dopo le imprese della seconda metà di quest’anno la sua chioma rossa, la sua semplicità sorridente e i suoi colpi devastanti hanno scavalcato la recinzione del campo da tennis per entrare nelle case di tutti gli italiani. Anche quelli che (per ora) non giocano a tennis, come un Alberto Tomba, un Valentino Rossi.

Di fronte a tale meraviglia viene istintivo andare a risalire alle origini. Ai primi segni di questa apparizione che ha cambiato la storia del tennis italiano: per la prima volta abbiamo un tennista che ha dimostrato di avere le qualità non solo per andare alla conquista dei titoli più prestigiosi ma per competere nelle prossime stagioni per il primato assoluto.

Ecco perché a noi di Supertennis piace andare a recuperare un nostro articolo del 2019 (segue qui sotto) in cui, oltre a celebrare il primo successo significativo di Jannik Sinner (la vittoria all’ATP Challenger di Bergamo) raccontavamo un aneddoto risalente a quattro anni prima.

Quel giorno di maggio 2015 quando al Foro Italico ci eravamo fermati una decina di minuti ad osservare ammirati un filiforme ragazzino con i capelli rossi che palleggiava sul campo n. 8 con uno dei partecipanti al torneo, il doppista austriaco Julian Knowle, che su richiesta di Andreas Seppi e del suo coach Max Sartori, lo aveva scelto come sparring per l’allenamento. Lo avevano portato lì perchè cominciasse a respirare l'aria del grande tennis...

JANNIK SINNER, UNA VITTORIA CHE NON È NORMALE

Fenomeno sugli sci da piccolino, ha scelto il tennis, come Djokovic. Ha vinto (facile) un Atp Challenger partendo da wild card e oggi è lo junior meglio piazzato al mondo nel ranking Atp. Il suo mentore, Riccardo Piatti giá 4 anni fa disse: “Un giorno sará protagonista a Roma”

Loro rifanno gli stessi exploit, noi rifacciamo lo stesso titolo. Non è normale che un italiano superi ancora il suo best ranking, salendo al n.16 del mondo (Marco Cecchinato questa settimana) e che la notizia finisca per passare in secondo piano. Non è normale infatti che un ragazzo di 17 anni, promettente certo ma solo n.546 del mondo, riceva una wild card per un Atp Challenger (dove i primi 10 giocatori sono tutti tra i primi 200) e lo vinca. Facile oltretutto. Stiamo parlando dello stesso Challenger di Bergamo che nel 2018 lanciò, con la vittoria, Matteo Berrettini che ora è n.56 assoluto.

Il successo di Jannik Sinner non è un fatto normale: è il primo tennista al mondo, classe 2001, che ottiene un risultato di questo genere. Giusto per capirci: una vittoria così l’ha proiettato al 13° posto della Race to Milan, la classifica mondiale che porta alle Next Gen Atp Finals di Milano i cui primi 6 nomi sono: Stefanos Tsitsipas, Alex de Minaur, Frances Tiafoe, Felix Auger- Aliassime, Ugo Humbert, Denis Shapovalov. Il peggio piazzato di costoro nel ranking assoluto è n.62 del mondo. Sinner è un altro tassello del prodigioso mosaico del tennis maschile italiano che, come abbiamo detto e ridetto, si prepara a regalarci almeno un decennio di grandi soddisfazioni. Dopo i bagliori di Lorenzo Musetti nello Slam Juniores di Melbourne, l’altoatesino di Sesto Pusteria potrebbe essere una tesserina di oro zecchino.

Di questo ragazzino (che è già un metro e 85 come Federer e Nadal) rimane impressa un’immagine premonitrice. Foro Italico, 4 anni fa, campo n.8: uno scricciolo rosso e lentigginoso, australiano o americano nello stile e nell’aspetto, sta palleggiando con i grandi. Colpisce facile, gran tempo sulla palla, come se quel ritmo da Masters 1000 fosse già suo. Gli mancavano solo chili e centimetri. Non era ancora tempo di abbondanza di prospettive nel tennis maschile italiano e tornando in sala stampa venne istintivo pensare: ma perché uno così non capita mai a noi?

Lo stesso giorno, incontrandolo in players’ lounge, capitò di raccontare, la ‘visione’ a coach Riccardo Piatti, allora sulla panchina di Milos Raonic. A sua volta volle stuzzicarmi con una segnalazione. “In questi giorni qui a Roma c’è anche un ragazzino italiano che un giorno sarà protagonista su questi campi. Si chiama come Noah (l’ex grande campione francese n.d.r)”. Stavamo parlando della stessa persona, di nome Jannik.

Quando ce ne rendemmo conto Riccardo, che di percorsi di formazione di giocatori di alto livello ne aveva vissuti e visti parecchi, spiegò che in Sinner, da ragazzino uno dei più forti sciatori a livello nazionale, vedeva una predisposizione e delle qualità che aveva potuto apprezzare in Novak Djokovic, quando lo aveva allenato, giovane apprendista del circuito Pro, insieme a Ivan Ljubicic. Anche Nole, da piccolo, aveva imparato prima a sciare che a giocare: suo papà Sdrjan gareggiava sulla neve.

Non è certo normale che un 17enne italiano guadagni in una settimana 222 posizioni nel ranking professionistico, salendo diretto al n.324 Atp. Diventando così lo junior meglio piazzato al mondo. Però a queste cose ci stiamo abituando. È una gran bella sensazione.

E il fatto che Jannik non sia un fenomeno isolato ma si inserisca in un filone di azzurri in crescita, lo aiuterà a continuare il suo percorso senza troppa pressione addosso. Su questo aspetto Andrea Volpini, il coach del team Piatti che lo segue, è portatore sano della mentalità vincente del gruppo: “Le aspettative? Se uno si pone obiettivi ambiziosi è naturale che abbia tanti occhi puntati addosso. Ma non gli diamo importanza: le aspettative sono quelle che ci poniamo noi stessi per raggiungere certi traguardi, non quelle che la gente ripone in noi”. E quindi noi siamo liberi di accendere i riflettori. Tifare. E sognare.

Articolo di Enzo Anderloni tratto dal n. 8/2019 di Supertennis Magazine

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