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Il 24enne di 2.11 dal gran servizio è la migliore speranza Usa: al di là dell’aspetto burbero e del gioco essenziale, ha fantasia, personalità e tanti interessi extra tennis. Ma, soprattutto, ha le idee chiarissime
di Vincenzo Martucci | 03 settembre 2021
Dietro quel barbone folto da cercatore d’oro del Klondike, che lo fa sembrare burbero e duro, dietro quel pivottone di 211 centimetri - co-record sull’ATP Tour con Ivo Karlovic - che ha schiacciato Lorenzo Musetti con 31 ace anche a 228 all’ora, che lo fa immaginare drastico ed essenziale, c’è un altro uomo. Che è sensibile, gentile, curioso, intelligente, ed è anche un bel parlatore, nel nome dello zio Mike, famoso radio talk show. Del resto, Reilly Opelka sembra avere molti più anni dei suoi 24 e a tratti vale molto di più del numero 23 del mondo.
E le sue stranezze non terminano qui: l’allenatore, l’ex pro Jay Berger, era famoso perché al servizio partiva con il braccio già piegato dietro la testa per un problema cronico alla spalla, e certamente non aveva il suo punto forte in quel colpo.Invece Opelka ha nella battuta la sua arma paralizzante. E’ anche uno dei pochi che ha come miglior amico sul circuito un rivale diretto in casa Usa, come Taylor Fritz, che ha battuto nella finale di Wimbledon juniores e di cui è diventato pure testimone di nozze.
Con lui non è il caso di toccare il tasto fragilità tanto di moda negli ultimi tempi nello sport, o social violenti. A un utente mascherato che lo attaccava su Instagram: “Opelka è letteralmente l’anti-tennis, mi auguro che nei prossimi anni il tennis non sia solamente così”, ha risposto: “Sono d’accordo”. Ed un altro che insisteva: “Secondo me una partita di tennis dovrebbe essere divertente, invece i tuoi match sono noiosi“, ha ribattuto: “Allora non guardarli“. D’altro canto, quando il solito giornalista curioso gli ha chiesto come passasse il tempo nelle pause fra una partita e l’altra di un torneo, ha ribadito la sua passione per Roma: “Sono andato in qualche museo e in galleria d’arte. Insieme a Venus Williams ho visitato il museo Borghese. A Madrid, subito dopo essere stato eliminato, ho fatto il ceck-out all’hotel e sono andato al Prado, che probabilmente è il museo più grande mai visto. Era irreale”.
Non è finita qui: due anni fa a Basilea, prima dei quarti contro Roberto Bautista Agut, un amico musicista della Florida, Blackbear, si stava esibendo a un concerto a un’ora e mezza di distanza, Reilly andò al concerto, al ritorno non trovò un taxi per tornare a Basilea a tarda ora, così ha pernottato in un hotel locale, si è svegliato, ha fatto colazione, è tornato a Basilea, e ha sconfitto Bautista Agut in tre set.
Quanti altri giocatori, schiavi della loro solida routine, avrebbero fatto altrettanto? Il rischio è esagerare: ”Prima di grandi partite, ho mangiato in qualche ristorante con un menu degustazione con cibo strano, ma ho sempre provato lo stesso piatti diversi”.
Il nemico numero 1 di Opelka non è la noia, ma il sonno: “Posso stare nella mia camera d’albergo ma non mi addormento prima dell’una, sono cablato così, e mi sveglio sempre alle 6, senza la sveglia. Porto un anello Oura per monitorare il mio sonno perché è davvero brutto, a volte dormo meno di un’ora”.
La passione è l’arte in generale, intesa quindi anche come moda, tanto che ha trascorso settimane di lavoro con un designer per personalizzare le tenute di gioco. E fuori dal tennis? “In genere vesto tutto di nero, molte cose di Rick Owens e di Paria Farzaneh, che è la mia ultima passione, anche perché fa tutto di nylon, che è perfetto per la Florida. L’ho anche incontrata a Londra, nel suo studio di Brockley. Così poi è venuta col suo ragazzo alle mie partite al Queen’s e poi a Wimbledon".
Reilly adora i colori, la creatività, la fantasia, ma anche le persone con le idee chiare: “In qualche modo anche il designer è simile al tennista, deve possedere una identità ben precisa, sapere quello che ti piace e quello che non ti piace, al dirà dell’idea della massa. Io, per esempio non amo le scarpe Blenciaga e Philipp Plein, che pure tanta gente adora”.
Il ragazzone di 103 chili è soprattutto una bella testa pensante, uno che non s’impressiona: “La differenza la fa l’esperienza, imparare a come creare il punto, ed è legata a tanti piccoli dettagli”, ha commentato infatti Opelka il successo agli US Open contro il braccio d’oro di Musetti, ancora indietro fisico e di tattica. “A volte fai degli aggiustamenti e i risultati non si vedono subito, la chiave è restare sempre calmi, così puoi pensare alle soluzioni, alle alternative: solo allora le cose ricominciano a funzionare”.
John McEnroe scommette su di lui, guardando all’anagrafe di Reilly e a quella dell’attuale numero 1 Usa nella classifica mondiale, il 36enne John Isner.
Il terzo maggior battitore del circuito, col 78.7% di successo con la prima, l’89.4 di games di battuta vinti, il 18.7 di ace a partita (contro appena il 2.8 di doppi falli), ha le idee chiarissime: ”Voglio vincere uno Slam. So quali sono le aree specifiche nelle quali devo continuare a imparare, per migliorare, perché voglio portare la mia classifica fino a un punto in cui essere una testa di serie alta negli Slam. Ovviamente questi tornei sono importanti, ma so che non giocherò il miglior tennis fino al 2024-2025”.
Intanto, nel terzo turno contro Basilashvili ha la possibilità di migliorare il miglior risultato agli US Open, dopo le curiose prestazioni Slam di quest’anno: secondo turno sull’amico cemento degli Australian Open contro l’amico Fritz (da due set a uno di vantaggio); terzo turno sulla terra rossa del Roland Garros contro Medvedev dopo l’ottima prestazione degli IBI di Roma, sorprendente, per un atleta così alto e pesante e quindi necessariamente un po’ legato nei movimenti, dov’è arrivato alle semifinali contro Rafa; appena primo turno sull’erba di Wimbledon cedendo peraltro in appena tre set contro Koepfer.
Poi Reilly è entrato in forma sul cemento nordamericano con la finale di Toronto dove s’è fermato contro Medvedev dopo aver infilato Dimitrov, Harris, Bautista Agut e Tsitsipas. “Lì ho cambiato le cose, ho battuto Stefanos e ho giocato un gran finale contro Medvedev in un Masters 1000. Dopo aver realizzato il miglior risultato di sempre, ho acquisito una mentalità ottimistica. Lo sport è già duro, se non sei ottimista, è difficile superare quei momenti. Non dico che d’ora in poi li attraverserò ogni volta, ma so che cosa può fare superare un momento del genere”.
Abbraccerà la storia? “Il pubblico cambia sicuramente le cose, preferisco giocare con gli spettatori anche se mi sono abituato a giocare senza. Averli dietro è una delizia totale. È un piacere. Soprattutto i newyorkesi. Questo è ciò che rende gli US Open gli US Open e rende lo sport a New York così iconico. Ecco perché gli Yankees sono una squadra leggendaria, e anche i Knicks. Sono proprio i fan, la base di fan, la cultura di New York, i newyorkesi”. Il tabellone fino ai quarti sembra buono, anche se la città che non dorme mai, come lui, è sempre piena di sorprese. Fra Basilashvili e semmai, dopo, il rampante Shapovalov o la rivelazione Harris.
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