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Campioni internazionali

Reloaded - L’addio di Federer: lacrime di grandezza

Reloaded 2022: 10 storie che hanno lasciato il segno nell’annata. Come la notte da brividi alla O2 Arena di Londra in cui Roger Federer ha giocato la sua ultima partita, in coppia con Rafael Nadal, nella Laver Cup: ricordi e suggestioni di un momento storico, la fine di un’epoca. Fino al 28 dicembre, tutti i giorni alla stessa ora, tante emozioni da rivivere

di | 20 dicembre 2022

Londra, venerdì 23 settembre 2022. Ultimo match della prima giornata di Laver Cup, la sfida tra il Team Europa (maglia blu) e Resto del mondo (maglia rossa). Gli europei conducono 2-1 dopo le vittorie di Casper Ruud su Jack Sock e quella di Stefanos Tsitsipas su Diego Schwartzman cui ha risposto un mai domo Alex De Minaur superando Andy Murray al super tie-break.

Tocca al doppio: il team Europa schiera Roger Federer e Rafael Nadal. Dall’altra parte della rete Frances Tiafoe e Jack Sock. Primo set Europa 6-4; il secondo va ai due statunitensi: 7-6. Anche qui serve un tie-break lungo, ai 10 punti, per decidere chi vince.

Si arriva sul 9-8 per Roger e Rafa, con Federer al servizio. Un match point-che che il vincitore di 20 Slam non riesce a trasformare. Cambio campo e 140 secondi dopo un diritto lungolinea di Jack Sock, al termine di uno scambio con Roger sulla diagonale di sinistra, infila Nadal, che aveva lasciato libero il corridoio nel tentativo di anticipare un intervento a rete. 11-9 Team Mondo.

E’ l’ultimo punto dell’ultima partita della carriera di Roger Federer. Niente di tennisticamente straordinario.

Viva la vida, la partita più difficile

Straordinario è invece quelle che succede subito dopo. Dopo l’abbraccio con Rafa, dopo le strette di mano con gli avversari, con l’arbitro Mohamed Lahyani, dopo l’abbraccio al proprio capitano Bjorn Borg e a quello avversario John McEnroe. Dopo che Roger è andato ad abbracciare e salutare la sua squadra e quella avversaria sulle note di 'Titanium', grande hit di David Guetta.

Dopo  tutto questo Roger torna verso la sua panchina, fa due passi dentro il campo e un cenno di saluto al pubblico, si batte tre volte la mano destra sul cuore. In quel momento la musica cambia. Ed è un vero colpo al cuore. Sono le note dell’attacco di “Viva la vida” dei Coldplay. Roger si asciuga il volto, non sa dove stare, dove guardare. Poi parte la prima strofa:

“Una volta dominavo il mondo

I mari si sarebbero aperti se solo avessi proferito parola

Ora al mattino dormo da solo

Spazzo le strade che una volta possedevo”

Tutta la O2 Arena di Londra è in piedi e batte le mani al ritmo di questa canzone struggente che sembra scritta per quel preciso istante. E’ la fine. E’ davvero la fine.

Niente della successiva mezz’era si può descrivere a parole perché ognuno ha vissuto la sua personale emozione e le sue personalissime lacrime. In quel momento pareva finita non solo la carriera del miglior tennista mai visto su un campo. Pareva finita un’epoca. E non erano i numeri a dirlo, i risultati o il ranking computerizzato. Erano gli occhi rossi e le lacrime di quel campione e il loro riflesso negli sguardi e nei comportamenti degli altri grandi campioni che gli stavano intorno a raccontarlo.

I sorrisi di conforto dei colleghi più giovani, la composta ma partecipante comprensione di Novak Djokovic e Andy Murray. Lo smarrimento totale di Rafael Nadal: sconvolto, non sapeva dove stare, dove guardare, non aveva più pace, non aveva più un posto.

Casper Ruud, Novak Djokovic e Matteo Berrettini con Roger Federer a Londra la sera del suo addio al tennis (Foto Gatty Images)

Non poteva farcela da solo

Non ce la faceva Roger a sostenere quei 4 minuti e 2 secondi di “Viva la vida” fermo, seduto da solo sulla panchina sotto quello scroscio di battimani ritmato. Tornava in mezzo al campo a ringraziare e poi chiedeva aiuto ai suoi. Allargava le braccia e voleva con sè tutta la squadra. Riabbracciava tutti, uno per uno. Da solo non poteva farcela a reggere quel peso finale.

Poi la lunga impietosa intervista di Jim Courier e il non sottrarsi a tutte quelle cose da dire per forza lì, quel giorno, in quel momento, davanti ai 17.500 cuori di un O2 Arena ai limiti della capienza, a chi gli voleva bene, dentro a un fiume di lacrime. Le sue ultime su un campo da tennis. Davvero la fine di un’epoca.

Un modello d'uomo che si impone con la gentilezza e l'eleganza

Nella storia non ci sono solo i corsi e i ricorsi. Ci sono anche le coincidenze. E l’addio al tennis di Roger Federer è una singolare coincidenza con un cambio di stagione, l’ingresso in un’era dove l’evoluzione verso la bellezza e gentilezza ha subito un duro colpo, per lo meno nella parte di mondo in cui viviamo.

Federer, interprete unico dello sport della racchetta, capace con le sue imprese e lo stile con cui le ha compiute di trascendere i confini del suo campo diventando un simbolo per tutto il mondo dello sport e per la bellezza umana in generale, ha attraversato un ventennio in cui nel mondo occidentale i conflitti si consumavano per lo più nelle arene. Ha incarnato un’Europa che non conosceva più guerra da oltre mezzo secolo ed entrava nel nuovo millennio cercando una sempre maggior e unità e promuovendo valori come l’apertura, la tolleranza, l’accoglienza.

Ha acceso i riflettori su un modello di uomo, maschio, che si impone perché è più bravo non più forte fisicamente, che vince più di tutti senza arroganza: con eleganza, gentilezza. Un uomo che si impone ma non si vergogna di piangere in pubblico. Un gigante dello sport che dimostra che la commozione non è sintomo di debolezza: è esempio di grandezza. Significa ‘muoversi con’, esprime un sentimento che nasce nel rapporto con gli altri senza i quali non si può esistere. Prevede un mondo senza muri e frontiere dove ci si può tenere per mano con il proprio più acerrimo rivale. E commuoversi insieme, comprendendo che si è legati da un destino comune, inesorabile.

E’ proprio in questa precisa percezione degli altri intorno a lui (in campo e fuori), prima di lui e dopo di lui, che Federer è stato di un'altra categoria e ha segnato un’epoca. Facendoci sentire partecipi dei suoi dubbi e delle sue fragilità (quanti tentennamenti nei momenti decisivi, quante sconfitte cocenti in mezzo a tanti trionfi …) è riuscito a compiere tutte quelle imprese di cui ci siamo entusiasmati. Perché lo abbiamo sentito contemporaneamente divino, con la racchetta, e uguale a noi in tutto il resto. Emotivo ma capace di trionfare, cresciuto nel rispetto e nel culto dei grandi che lo avevano preceduto ma capace di sognare di emularli e addirittura di superarli, cancellandone i record.

“Grazie Rocket, grazie Stefan”

In un’epoca totalmente proiettata verso l’innovazione, un’evoluzione tecnologia dal ritmo difficile da sostenere, Federer ha guardato alla storia, fino all’ultimo giorno in campo, con un rispetto e un’attenzione che hanno pochi esempi analoghi nella contemporaneità.

In una società dove il gusto spinge a chiamare il robivecchi per sbarazzarsi della libreria inglese dell’800 per fare posto alla scaffalatura dell’Ikea; dove il tennis in bianco e nero, con le racchette di legno, pare non avere più nulla da insegnare e poco da raccontare all’efficienza del digitale e del carbonio, Federer ha intitolato la sua competizione innovativa e di grande successo a Rod Laver. E lo ha voluto lì, 84enne, a Londra, insieme a un altro suo grande modello, Stefan Edberg, testimone per quella sua ultima traballante esibizione. Li ha chiamati per nome o nomignolo: Rocket, Stefan. Si è commosso nel ringraziarli.

Una commozione che ci ricorda che il passato ha un grande valore, che i modelli di ieri hanno tanto da insegnare, sempre. Sono da emulare e poi superare, migliorando la specie. Una specie della quale, come ha detto Trevor Noah durante l’intervista a ‘The Daily Show’, Federer è un grande Ambassador. Perché a vincere è sempre l’uomo, non il colpo, il muscolo o la racchetta.

E si riesce a superarli solo se li si tiene presenti, sempre. Senza di loro non ci saremmo noi. Erano eccellenti e solo cercando di superarli, cercando quello che loro hanno cercato, avremo un posto nella storia. E la faremo procedere, nel senso pieno dell’andare avanti. Questo ci ha ricordato Roger Federer il 23 settembre, con la grandezza di un uomo che piange.

Roger Federer con Rod 'Rocket' Laver (Foto Getty Images)

'abbraccio e il bacio di Mirka al suo Roger alla O2 Arena di Londra (Foto Getty Images)

Fino al 28 dicembre ogni sera alle 21 su Supertennis Tv, canale 64 del digitale terrestre (e in streaming sul nostro sito), le 10 puntate di Reloaded 2022, dedicate alle 10 storie che hanno lasciato il segno nell’annata. Un appuntamento da non perdere con le grandi emozioni del grande tennis


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