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Campioni internazionali

Sinner è di un altro livello e il super coach Cahill lo sa

Una prestazione dominante nei confronti del n.3 del mondo, Stefanos Tsitsipas, all’indomani della conquista di un nuovo titolo ATP (quello di Montpellier) è un segno di forza, di determinazione e di chiarezza degli obbiettivi. Il tecnico australiano che ha guidato tre n.1 del mondo si gode il cammino al fianco dell’azzurro. Oggi nei quarti a Rotterdam la sfida con Wawrinka, live su Supertennis alle 19.30

di | 17 febbraio 2023

Il tecnico australiano Darren Cahill, già coach di Lleyton Hewit, Andre Agassi e Simona Halep, sulla panchina di Sinner a Rotterdam

Il tecnico australiano Darren Cahill, già coach di Lleyton Hewitt, Andre Agassi e Simona Halep, sulla panchina di Sinner a Rotterdam

Fa un certo effetto vedere Darren Cahill, con la sua corta barbettina curata ma ormai più che brizzolata, che cerca di rimanere impassibile nella penombra del box di Jannik Sinner alla Ahoy Arena di Rotterdam mentre il suo pupillo prende letteralmente a pallate Stefanos Tsitsipas, n.3 del mondo, recente finalista agli Australian Open.

Il “supercoach” australiano non è certo nuovo a certe situazioni con i suoi giocatori, né un ottavo di finale a Rotterdam può certo fargli tremare le vene dei polsi: ha portato il giovane Lleyton Hewitt a n.1 del mondo. Poi ha riportato il vecchio Agassi a n.1 del mondo. E infine ha accompagnato Simona Halep al n.1 del mondo. Roba che sta all’ATP 500 di Rotterdam come l’Himalaya al Resegone. Eppure in quella espressione composta si legge l’emozione di trovarsi di fronte a un altro prodigio, il piacere di essere di nuovo lì, a bordo campo, per accompagnare lungo la scalata uno che sogna la vetta della classifica.

I segnali nella serata olandese erano forti, a partire dallo schiocco che faceva la palla all’impatto con il piatto corde di Sinner. Quel rumore lì, quello del servizio che va sempre sopra i 200 all’ora ma anche del diritto e del rovescio che fanno “scoppiare la palla” è qualcosa che gli addetti ai lavori riconoscono immediatamente. Come un producer rock che tende immediatamente l’orecchio quando sente l’energia della voce di Damiano e di chitarra, basso e batteria dei Maneskin. Qualcosa che è “diverso dagli altri”.

Poi, ancora più impressionate è la determinazione, la sicurezza, la cattiveria agonistica di uno che viene da una vittoria la settimana prima (l’ATP 250 di Montpellier) e se ne è già dimenticato. E appena ha finito di schiaffeggiare il giocatore che l’aveva messo al tappeto agli Australian Open un anno fa e ancora battuto “ai punti” agli Australian Open un mese fa, ha la faccia indifferente di quello che, come dichiara a caldo, sta pensando già alla prossima sfida, domani contro Stan Wawrinka.

Jannik Sinner è cresciuto con in testa cose grandi. Come il piccolo Djokovic. Quando trionfò alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals, nel 2019, il Masters dei grandi emergenti, disse tranquillo di non aver “ancora vinto niente”. Quella contro Tsitsipas a Rotterdam è la sua prima vittoria contro un “Top 3”.

Mentre tutti guardano il dito, lui ha in mente solo la luna: questo coach Cahill lo ha capito subito. E’ per questo che ha accettato di affiancare Simone Vagnozzi sulla panchina di Jannik: se c’è da fare del cammino al tecnico australiano interessano solo i sentieri che portano agli Ottomila, il brivido dell’aria rarefatta.

Sinner è nato tra le vette più belle d’Europa. Il brivido degli strapiombi l’ha provato con gli sci ai piedi. E ha preferito il tennis perché, ha spiegato più di una volta, ti offre più tempo, per recuperare, per imparare dall’errore, per ritrovare la linea più veloce.

Lo scorso anno, dopo la separazione dal primo grande coach, Riccardo Piatti, tanti hanno criticato Sinner per un’annata giudicata interlocutoria se non negativa, cominciata al n.10 e finita al n.15. Nessuno dei critici considerava quanto il 21enne di Sesto Pusteria potesse essere condizionato dall’aver praticamente saltato (causa i travagli del cambio di allenatore) lo zoccolo duro della preparazione pre-season, che avrebbe dovuto effettuare, da programma, dopo gli Australian Open, dato che aveva chiuso la stagione precedente molto tardi causa il filotto “Nitto ATP Finals di Torino e Davis Cup Finals” vissuto da grande protagonista.

Quel Sinner senza preparazione, dopo i quarti agli Australian Open avrebbe raggiunto i primi quarti di finale della carriera a Wimbledon, portando Djokovic al quinto set. E si farebbe fatto trovare nei quarti anche agli Us Open, con un match-point da giocare contro Carlos Alcaraz, che gliel’avrebbe annullato per poi vincere il torneo.

Se quando l’annata ti va male vinci un torneo (Umago) e arrivi nei quarti in tre Slam su quattro, beh, non c’è niente di strano che anche uno come Darren Cahill, si venga a sedere volentieri sulla tua panchina. Quest’anno la preparazione è stata fatta, eccome, e il fisico è più tornito, più esplosivo. Il vecchio Darren sa che ci sarà da divertirsi lassù, in alto, come piace a lui.

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