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Campioni internazionali

Us Open: Kyrgios, come un uragano sullo Slam

Dopo la finale di Wimbledon persa contro Djokovic, agli US Open Kyrgios è sempre più il protagonista: dopo aver demolito il re della classifica sembra inarrestabile, a meno che all’ultimo momento…

di | 05 settembre 2022

L’uragano Nick travolge New York. Gli americani sono abituati a notizie meteo così catastrofiche: ogni anno, proprio di questi tempi, il mare sale in cielo e diventa vento irresistibile per l’uomo comune. Nel tennis femminile, dove il fattore emotivo è determinante, succede fin troppo spesso. In quello maschile, che premia sempre più costanza e regolarità, in partita come nella classifica ATP Tour, succede sempre più di rado.

Ma da Wimbledon in qua, almeno negli Slam, sta succedendo e sempre ad opera dello stesso fenomeno naturale che ai Championships si è infranto solo in finale e solo contro Novak Djokovic e agli US Open non ha ancora vinto il titolo - “Mi sono solo qualificato ai quarti", come puntualizza il protagonista - ma ha spazzato via Daniil Medvedev.

Così come peraltro aveva fatto fin dal primo confronto da juniores nel 2013 e ancora 3 volte su 4 da pro. Con la sua forza, la sua perentorietà, la sua creatività, i lunghi tentacoli del numero 1 del mondo, i fendenti profondi, i micidiali recuperi non contano, non funzionano, si sviliscono senza storia. Lasciando frustrati il russo, i colleghi e il pubblico tutto. Del resto la sua legge vale anche contro gli altri, che ancora non hanno trovato un antidoto e forse non lo troveranno per quanto le arti di Kyrgios sono troppo diverse da quelle comuni.  

NOVITA’

Del resto, negli ultimi tre mesi il bad boy del tennis ha perso solo 5 partite su 31 rivelando una continuità nuova e sorprendente che gli viene dalla maturità dei 27 anni, dalle batoste, dalle critiche e, soprattutto, dal non voler più deludere chi crede in lui.

Rimane un ribelle - che bello! - ma in positivo. Si diverte un mondo a sovvertire lo status quo, e quindi a svilire il numero 1 scalzandolo dal trono del ranking, a giocare senza allenatore, ad esprimere un tennis anomalo e irriproducibile, a contestare il sistema di classifica che non premia la prestazione ma la costanza di rendimento. Ma in qualche modo si è adeguato, s’è allenato sul serio e in profondità, ha analizzato e ha lavorato in profondità sui punti deboli, ha accettato di restar lontano dalla sua amatissima Australia anche per 4 mesi come adesso, solo e soltanto in funzione del grande obiettivo, un trionfo Slam. “Dopo il quale” - puntualizza, rimarcando l’enorme differenza fra lui e i cannibali dello sport - “sarebbe difficile ritrovare le motivazioni”. 

SEGRETI

Quello che stiamo scoprendo solo ora, come in quei romanzi per ragazzi che nascondono sempre una storia di soprusi, difficoltà e sofferenza del cattivo ragazzo che in fondo è un buono che ha dovuto farsi crescere gli artigli per sopravvivere, è che Nick ha avuto enormi problemi nel conoscere se stesso. Soprattutto dopo la facile esplosione da junior e nei primi passi da pro, quando ha battuto già al primo impatto i più forti, nel 2014 Nadal a Wimbledon, nel 2015 Federer a Madrid e nel 2017 Djokovic ad Acapulco.

Come reazione, invece di esaltarsi come i comuni mortale, ha mollato davanti alle difficoltà, all’impegno, alla routine. Finché un giorno non s’è svegliato dal letargo e ha scatenato tutte le sue enormi potenzialità. “Ora ho capito il processo”, minaccia.

E il tennis trema davanti all’uragano. Che, ricordiamolo, ha anche la caratteristica di cambiare direzione all’ultimo momento, deviando la sua forza infinita magari contro se stesso, in mare. Che poi è il pericolo maggiore di Nick Kyrgios: scontrarsi con se stesso. 

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