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Campioni internazionali

"Vilas, tutto o niente": il numero 1 che non lo fu

Un documentario Netflix racconta la storia di Guillermo Vilas e l'indagine del giornalista Eduardo Puppo secondo cui dovrebbe essere riconosciuto numero 1 del mondo per sette settimane fra 1975 e 1976. L'ATP però non ha intenzione di riscrivere la storia

di | 09 novembre 2020

Guillermo Vilas, il tennista del popolo per l'Argentina, sta perdendo la memoria. Matias Gueilburt, regista che ha vinto l'Emmy per il documentario sul Papa "Francesco, il Gesuita" del 2015, ha restituito il ricordo dei suoi giorni di gloria. Lo spunto per "Vilas, tutto o niente" deriva dalla monumentale indagine statistica di Eduardo Puppu, uno dei principali giornalisti di tennis d'Argentina. In dodici anni di ricerche che hanno coinvolto anche il matematico rumeno Marian Ciulpan, Puppo ha scoperto che Guillermo Vilas avrebbe dovuto essere considerato numero 1 del mondo per un periodo di sette settimane non consecutive comprese tra il 1975 e il 1976. La sua ricerca occupa 25 mila pagine.

Vilas, che si è emozionato rivedendosi nel film prima della distribuzione in streaming, come ha raccontato il sito argentino Infobae, però non è mai stato riconosciuto come numero 1 nell'era del ranking computerizzato. Nemmeno nel suo memorabile 1977 in cui ha vinto 16 titoli in 17 finali, conquistato i suoi due primi Slam, Roland Garros e Us Open, chiudendo la stagione con un totale di 130 vittorie e sole 14 sconfitte. Totale: 1610 punti.

Ma allora si contano le medie, e alla fine della stagione Connors, che non vince nemmeno uno Slam ma porta a casa il Masters, al Madison Square Garden in finale su Borg, ha poco più della metà dei punti del campione-poeta argentino, 897. Ma ha giocato solo quindici tornei, e allora si contavano le medie per torneo. E Jimbo, che ne ha una migliore secondo i tornei calcolati dall'ATP, chiude la stagione da numero 1. “Il ranking del 1977 è la più grande ingiustizia nella storia del tennis" ha detto in passato Ion Tiriac.

Vilas è stato comunque eletto per quell'anno il miglior giocatore dall'influente rivista World Tennis Magazine che gli ha dedicato il servizio di copertina di marzo del 1978. Per questo titolo non ufficiale, si è rivelata decisiva la finale del Masters 1977 fra Connors e Borg che si è disputata a gennaio del '78. Vilas, però, non l'ha guardata. Ha preferito andare a un concerto a Woodstock. "E' stato il mio primo contatto con la libertà" spiega nel film.

Vilas, entrato nel 1991 nella Hall of Fame, aveva battuto Connors nella finale dello US Open del '77, ultima partita disputata a Forest Hills nella storia del torneo. "Per battere un avversario - diceva a proposito di quel match - non devi essere tu a vincere, ma devi convincere il tuo avversario che finirà per perdere".

VILAS, TUTTO O NIENTE: IL DOCUMENTARIO

Il documentario si muove su due orizzonti temporali. Racconta il passato del figlio dell'avvocato che giocava in garage con l'obbligo di non rompere più di una lampadina al giorno. Illumina attraverso le cassette dell'epoca l'amicizia-rivalità con Borg che non sapeva pronunciarne il nome. Illumina la storia di un ribelle che scriveva poesie, che esaltava per i capelli lunghi, le gambe d'acciaio, l'ambizione mista a una sottesa fragilità. Inventò quello che oggi il mondo chiama tweener e gli argentini ancora Gran Willy, in suo onore, guardando in una pubblicità il tennista argentino Juan Carlos Harriott che faceva scorrere la pallina con un bastone da polo fra le gambe di un cavallo. 

Oggi è un bandolero stanco, che ha smesso di andare su e giù per la Pampa, afflitto da una malattia neuro-degenerativa. "Ha avuto una grande influenza sui tennisti che sono venuti dopo di lui" dice Federer. Oggi la sua memoria passa anche attraverso la monumentale, quanto improduttiva, ricerca di Puppo. Improduttiva perché l'ATP non ha intenzione di riconoscere quelle sette settimane e di riscrivere la storia.

Secondo Puppo, Vilas sarebbe diventato per la prima volta numero 1 del mondo il 22 settembre del 1975. L'ATP aveva pubblicato la classifica il 16 di settembre e non l'avrebbe più aggiornata per 43 giorni, fino al 29 ottobre. L'ha pubblicata solo tredici volte nell'arco dell'intera stagione. 

Cinque anni fa, Puppo ha presentato la ricerca all'allora presidente dell'ATP che nella costruzione narrativa del documentario funge un po' da "cattivo" della storia in quanto chiude le porte alla possibile riscrittura del ranking.

Nessuna possibilità, dunque, che per Vilas possa accadere quando successo a Evonne Goolagong, riconosciuta numero 1 del mondo per due settimane nel 1976 dalla WTA attraverso nuovi calcoli effettuati nel 2007. Ma nel suo caso, spiegava Kermode al New York Times nel 2015, si trattava di correggere una classifica pubblicata in quella settimana. La questione per Vilas è diversa, e riguarda proprio l'aggiornamento del ranking che non avveniva su base sistematica, né tanto meno a intervalli regolari.

"Vilas meritava davvero di essere numero 1. Era il migliore" lo omaggia Borg, presente nel film insieme a  Roger Federer, Boris Becker, Rafa Nadal, Gabriela Sabatini e Mats Wilander. Non verrà riconosciuto, ma sarà ricordato non solo come l'uomo che ha reso popolare il tennis in Argentina. Più degli uomini, è il tempo che spesso scrive la storia.

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