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Campioni nazionali

Pionieri d'Italia negli Slam: scopri chi furono gli apripista

Gino De Martino, nobile romano, è stato il primo italiano a cimentarsi nei tornei del Grande Slam: era il 1911 e giocò a Wimbledon. Dopo di lui ecco il principe napoletano Carlo D’Avalos, il nobile genovese Mino Balbi di Robecco e il milanese Cesare Colombo per arrivare a Maud Rosenbaum e a Umberto Cuccioli

di | 06 agosto 2019

Quali sono stati i primi italiani a cimentarsi nei tornei del Grande Slam? E poi, perché e in quali circostanze vestirono i panni degli antesignani? Sintetizzando per quanto possibile le risposte, cominciamo a fare un passo a ritroso nel tempo di oltre un secolo.

Umberto Cuccioli, il primo agli Us Open

Nel 1930 nei Campionati internazionali degli Stati Uniti il tricolore era stato rappresentato da un’americana. Maud Rosenbaum, ventottenne di Chicago, aveva sposato tre anni avanti a Parigi il barone romano Giorgio Di Giacomo Levi, con ciò garantendosi la doppia nazionalità.

Se però ci preme conoscere il primo italiano ‘tout court’ in lizza sui campi (in erba) del West Side Tennis Club di Forest Hills dobbiamo arrivare al 1937.

Qui entra in scena la straordinaria storia di un personaggio autentico, sportivo di razza, un uomo colto e dinamico che trasmetteva un umorismo travolgente e coinvolgente. Umberto Cuccioli. Figlio di un napoletano trapiantato a Bologna, era laureato in medicina e nelle classifiche nazionali veleggiava al vertice della seconda categoria.

A New York approfitterà delle neonate specializzazioni in chirurgia estetica per porre rimedio ad una vistosa malformazione al naso. Lui la definì cura estetica e, probabilmente, tale prospettiva costituì l’incentivo risolutivo a imbarcarsi sul famoso transatlantico Rex.

In America riuscì a vincere il torneo di Bretton Wodds, ma una settimana dopo a Forest Hills il canadese Clarence Jones lo superò per 63 64 36 63. Levò le tende? Nemmeno per sogno.

Umberto Cuccioli, bolognese d'origini napoletane, fu il primo italiano allo Slam newyorchese nel 1937

Restò sugli spalti sino all’ultimo giorno a scattare foto e a studiare un torneo che aveva molto da insegnarli e molti motivi per stupirlo.

Non ultimo, il sistema con cui ai cambi di campo era possibile dissetarsi: attingere acqua da una tinozza in legno tramite un mestolo preventivamente consegnato (pulitissimo) dagli organizzatori.

De Stefani, che viaggio verso Melbourne

Contava 31 anni, all’inizio del 1935, quando decise di imbarcarsi sul piroscafo Orama, sul quale gli fu consentito di allestire un improvvisato campo da tennis che, purtroppo, poco aveva da spartire con l’erba del Kooyong Stadium che lo aspettava a Melbourne. Parliamo di Giorgio De Stefani che Wally Myers aveva appena piazzato al numero otto delle classifiche mondiali. Aveva giocato e giocherà in ogni angolo del mondo, non esclusa Africa e Sud America, e una volta appesa la racchetta al classico chiodo sarà presidente della Federtennis e della Federazione Internazionale, nonché membro del Comitato olimpico internazionale per molti anni.

Arrivare a Melbourne gli costò un viaggio interminabile, ma l’invito ricevuto dalla Federazione australiana, in occasione dei festeggiamenti per il centenario di Melbourne, non poteva essere eluso. Al Kooyong De Stefani superò gli australiani Frankenberg e Clemenger, e nei quarti si trovò di fronte Fred Perry che aveva battuto a Parigi nel 1931 e nel 1934. Superarlo significava aprire le porte della finale. Invece era dietro l’angolo la giornata più nera della sua carriera, fotografata da un impietoso quanto misterioso 60 60 60.

Giorgio De Stefani, nel 1935 fu il primo azzurro a giocare in Australia

Il principe D’Avalos a Parigi

Un balzo di quindici anni ci porta a Parigi sui campi del Racing Club, quando da appena due anni gli Internazionali di Francia sono nati dalle ceneri di un torneo nazionale riservato ai soci dei club francesi. È, dunque, il 1926 e l’Italia si presenta con il principe napoletano Carlo D’Avalos, il nobile genovese Mino Balbi di Robecco e il milanese Cesare Colombo. Unico impegnato nel primo round è D’Avalos che diventerà il primo azzurro nella storia degli Internazionali di Francia a vincere un match, in particolare recuperando al belga De Bruyn Kops uno svantaggio di due set. Le cronache del tempo lo dipingono contendente dotato di ferrea volontà e fisico atletico, ma giocatore a dir poco atipico che faceva leva su un diritto quanto mai liftato e (per quei tempi) ritenuto temibilissimo.

De Martino, il 1° di sempre partì da Wimbledon

È il 26 giugno 1911. Un italiano debutta nel Grande Slam. Gino De Martino, nobile romano nato in una famiglia di straordinari ed eclettici campioni sportivi, decide in solitario di affrontare l’erba del The All England Lawn Tennis di Wimbledon.

Oggi il suo nome occupa la prima riga della lista degli autentici campioni che, storicamente, conta il tennis italiano. Allora godeva ottima considerazione anche a livello internazionale.

Non a caso De Martino fu il nostro pioniere per eccellenza ed è significativo che nel tennis trasfuse concetti decisamente all’avanguardia e che decise di costruire un campo da tennis nella corte del suo palazzo romano, a cavallo del 1892 quando, presumibilmente, nell’Italia intera esistevano si e no cento court.

A Wimbledon la sua avventura ebbe vita breve perché il britannico Augustur Hendricks lo superò all’esordio per 36 63 64 86.


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