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L’anno scorso era arrivata a due punti dalla qualificazione al primo tabellone Slam. Questa volta l’ha centrato piazzando un ace sul match point contro la canadese Bouchard. Una piccola impresa che cambia la vita
di Dario Castaldo, da Melbourne | 17 gennaio 2020
Ha chiuso con un ace, e a sua memoria era la prima volta che le capitava in carriera. Di sicuro quel che mancava all’appello nella vita sportiva di Martina Trevisan era una partecipazione al tabellone principale di un major.
Ci aveva provato e riprovato, un anno fa era arrivata a due punti dalla qualificazione (6-3 5-3 30 pari) e aveva anche servito due volte del match contro la cinese Zhu. Ma solo dalle 15.55 australiane di venerdì 17 gennaio 2020 e dopo il 6-4 6-3 rifilato a Eugenie Bouchard, la ventiseienne toscana può finalmente aggiornare il curriculum alla voce presenze Slam.
Un traguardo che Martina aveva intravisto nel 2018 e assaporato 12 mesi fa, ma tagliarlo ha tutto un altro sapore: “Questo è il giorno più bello della mia vita tennistica – spiega raggiante -. Lo dedico alla mia nipotina Emma, che sta per compiere due anni, e a tutte le persone che mi sono state vicine e che hanno contribuito a renderlo possibile”.
Iniziando dall’allenatore di sempre, Matteo Catarsi, e al preparatore atletico Donato Quinto, che da quest’anno la mancina di Firenze ha inserito nel team col quale lavora a Tirrenia. A loro e a Tathiana Garbin ha regalato il primo abbraccio, dopo aver sollevato le braccia al cielo sull’ex show court 2 di Melbourne Park, uscendo vincente da un match che aveva dominato fino al 6-4 5-0 ma che si stava improvvisamente complicando, anche a causa del meteo.
Martina Trevisan, che nel suo percorso australiano non ha lasciato per strada neanche un set nonostante tre incontri disputati in condizioni molto varie - dall’afa polverosa di martedì al fresco di giovedì fino al caldo ventoso di oggi – ha infatti avuto la meglio prima sulle implicazioni psicologiche della vicenda, poi proprio sul vento. Che ha rischiato di diventare la variabile impazzita, il nemico in più. “Sul 5-0 mi sono ritrovata controvento e la Bouchard ha giocato quelli che io chiamo degli Speranz (“come si scrive?” “Non lo so, non l’ho mai scritto” ndr) che le sono rimasti dentro per miracolo. E così mi sono ritrovata 5-3”.
A quel punto la toscana, 154 del mondo e al decimo tentativo nelle quali di un major, ha fatto appello alla sua esperienza. “Dopo la sconfitta con la Zhu ho lavorato molto sulla parte mentale, proprio per evitare di ripetere gli stessi errori di un anno fa. Così con la Bouchard ho cercato di giocare punto dopo punto invece di pensare che dal 5-0 mi ero ritrovata sul 5-3. È vero, con quel vento alla fine il braccio ha un po’ tremato, ma non mi sono mai messa pressione, quindi non ho avvertito ansia e sono riuscita a giocare con lucidità”.
La lunga Odissea fatta di infortuni, malesseri, sfortune e aspettative eccessive è servita a Martina Trevisan anche per immedesimarsi nella sua avversaria, capirne le difficoltà e sfruttarle a proprio vantaggio. Pochi come la tennista toscana, che aveva appeso la racchetta al chiodo per quattro anni, può intuire quali fantasmi si agitino nella testa della 26enne canadese, precipitata dalla settima alla 211ma posizione del ranking, che da due stagioni fa più parlare di sé per l’attività social che per i risultati.
“Ho pensato che la Bouchard è una giocatrice con un grande passato ma che anche lei sta convivendo con dei demoni, come tutte noi. E quindi in un certo senso sì, ho pensato di approfittarne facendomi vedere sempre carica e positiva, per metterle pressione”.
Missione Slam insomma compiuta, Martina. Grazie al lavoro, all’esperienza e a un ace sul match point. “E meno male... con quel vento è meglio evitare di entrare nello scambio!”.