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In quarantena le letture di psicologia dello sport e di alimentazione, il passaggio alla dieta vegana (“Non senza sacrifici”) e il ritorno in campo con una marcia in più. Il 27enne friulano, finalista nel challenger Atp di Trieste, adesso punta dritto alle ‘quali’ Slam: “Solo così si fa il salto”
di Gabriele Riva | 04 settembre 2020
Come per continuare a crescere adesso sa cosa serve anche l’azzurro, attualmente n.285 del ranking Atp. La versione 2.0 di Bonadio è in via di sviluppo alla Motonautica Pavia, uno dei circoli più attivi e in salute della Lombardia. Nel suo angolo ci sono Mattia Livraghi, prima suo capitano in Serie A e dall'inizio del 2020 allenatore a 360 gradi, e il preparatore atletico Alessio Firullo. Nell’orbita del team ruota pure Uros Vico, con cui aveva già lavorato a Milano e il cui talento fu coltivato ai tempi da Riccardo Piatti.
“Sto lavorando molto bene a Pavia, cercando di consolidare i punti forti e di cambiare un po’ l’atteggiamento per diventare più aggressivo, sia come approccio sia dal punto di vista delle abilità tecniche necessarie per poterlo fare; il gioco di volo, per esempio”.
Il rovescio, la solidità e una forte predilezione - seppur non in via esclusiva - per la terra rossa sono le certezze sulle quali il friulano fonda la sua ricerca della felicità nel tennis. “Il nostro sport è difficile, è uno sport per pochi. Non basta e non serve essere nei primi 400-500 del mondo, devi fare un balzello in più se vuoi considerarti un professionista vero, intendo dire una persona che guadagna col proprio lavoro e non ci rimette dei soldi”. Il problema è noto e di difficile soluzione: chi sta nei tornei Futures troppo a lungo va sotto economicamente.
Sì, perché Bonadio sa che cosa vuol dire stare fermo a lungo e sa che cosa sono gli infortuni. Nel 2017, soprattutto, ne ha passate di tutti i colori. “I guai sono iniziati con un problema all’anca che poi, a cascata, ha causato tanti altri problemi”. Tra cui soprattutto due distinti strappi muscolari alla fascia addominale: “Quelli sono stati i più seri, anche perché ti condizionano in tutto, in primis sul servizio, ma ho avuto male anche a spalla e gomito”.
Insomma, è stata dura: “Però ne sono uscito, grazie soprattutto al percorso che avevo intrapreso a Milano con Alessandro Buson, il preparatore atletico che mi seguiva quando mi allenavo al Bonacossa”.
In quegli anni anche un paziente lavoro di cesella tecnica con Fabio Colangelo e, sempre con Buson, una prima infarinatura di lavoro mentale. “È stata una fase molto importante perché da lì in poi gli infortuni mi hanno lasciato in pace, toccando ferro…”.
Non solo, in quello stesso periodo è scattato un altro clic, quello che riguarda gli obiettivi: “Mi sono accorto che è più funzionale avere obiettivi di tipo prestazionale che di classifica”.
Riccardo Bonadio ha cominciato a giocare con papà Marco al Tennis Fiume Veneto (foto via Instagram @rbonny93)