Peccato solo che quest'anno non ci sia stato nessuno sugli spalti ad applaudire.
“Sono stato a Roma qualche giorno e vederla così fa male al cuore, con i viali vuoti quando di solito c'è ressa e non si riesce a trovare spazio per passare da un campo all'altro. È un peccato, ma se devo trovare per forza un lato positivo – ed è davvero l'unico in un tema particolarmente doloroso per chiunque ami il tennis – è che forse qualcuno dei nostri può giocare più sciolto senza la pressione del pubblico. Gli appassionati a Roma sono sempre molto partecipi ed entusiasti, per qualcuno questo è un vantaggio ma su altri procura una pressione non sempre facile da gestire. Detto questo, speriamo sia la prima e ultima volta che si vede il Foro Italico vuoto”.
Abbiamo parlato dei giovani, ma in realtà c'è una generazione di mezzo che sta facendo faville: da Caruso a Travaglia passando per Sonego e Cecchinato.
“Di questi, credo che Cecchinato sia quello che ha più margini per tornare in alto. Certo un'altra semifinale Slam sarà complicata da raggiungere, ma Marco ha le qualità per giocare bene come ha dimostrato battendo Edmund al termine di un gran match. Aveva bisogno di una scossa e di tornare a lavorare come aveva fatto in precedenza, quando era riuscito a fare il salto di qualità entrando fra i top 20”.
Uno come Caruso, una ventina d'anni fa, lo avremmo trovato a questo livello?
“Probabilmente no, perché lo avremmo perso prima nel percorso molto difficile che si deve affrontare per approdare al professionismo. Caruso magari può avere meno mezzi di altri, ma ha lavorato tantissimo e la Federazione ci ha creduto sostenendo il progetto che aveva col suo coach. Deve essere un esempio per tanti, come era stato tempo fa Paolo Lorenzi. Sono quei giocatori che aiutano a creare un gruppo di valore ed è comunque molto importante che arrivino a esplorare i loro limiti, senza fermarsi alle difficoltà che inevitabilmente prima o poi arrivano”.
Il futuro, a Roma e non solo?
“Siamo contenti, ma non abbiamo ancora la pancia piena”.
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