

La festa della donna è l'occasione per ricordare le campionesse che hanno lasciato una traccia non solo sportiva nella storia del tennis. Icone delle lotte per l'uguaglianza, da Billie Jean King a Naomi Osaka. Idoli come Maria Sharapova o Serena Williams che hanno contribuito ad allargare i confini del tennis femminile
di Alessandro Mastroluca | 08 marzo 2021
La Festa della donna nasce come iniziativa dei movimenti femminili politici di inizio Novecento. L'8 marzo viene scelto in quanto tragica ricorrenza di un incendio del 1908 a New York, nel quale morirono operaie di un'industria tessile. E' decisivo però lo sciopero delle donne dell'8 marzo 1917 a San Pietroburgo. Le manifestazioni successive porteranno al crollo dell'impero zarista. Quattro anni dopo, durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, l'8 marzo diventa la data della "Giornata internazionale dell'operaia". Nel 1977, poi, l'ONU istituisce, per l'8 marzo, la Giornata internazionale dei diritti della donna.
In questa giornata simbolica, SuperTennis ricorda attraverso le foto-storie del nostro archivio le donne che hanno cambiato la storia del gioco. E hanno reso il tennis lo sport femminile più ricco del mondo. La classifica Forbes delle atlete più pagate, infatti, vede nove tenniste ai primi nove posti.
Non era così, certamente, ai tempi di Billie Jean King. Quando vinse il suo primo Wimbledon nell'era Open ottenne 750 sterline di premi. Rod Laver, che vinse nello stesso anno, ne guadagnò duemila. Nel 1972, King è la prima donna a guadagnare 100 mila dollari in una sola stagione. Si batte per l'equiparazione dei montepremi allo US Open, vince la Battaglia dei Sessi contro Bobby Riggs nel 1973 e fonda la WTA in una storica riunione al Gloucester Hotel di Londra.
Allora, le donne negli USA non possono richiedere la carta di credito se non c'è la firma di un uomo. E in Inghilterra Martin Johnson sul Telegraph scrive che i primi turni femminili Slam dovrebbero avere un'avvertenza, come sui pacchetti di sigarette: "Attenzione, può indurre coma irreversibile’”.
Leader delle rivendicazioni per i diritti delle donne nello sport, King ha guidato le Original 9, le nove giocatrici che hanno rischiato la squalifica per disputare nel 1971 il primo torneo professionistico solo femminile nella storia del tennis. Si aggiungono Rosie Casals, Nancy Richey, Julie Heldman, Valerie Ziegenfuss, Judy Dalton, Kerry Melville Reid, Peaches Bartkowicz, e Kristy Pigeon. Le Original 9 entreranno nella Hall of Fame.
Billie Jean King: una regina rivoluzionaria
Restano nella storia le 80 sfide fra Martina Navratilova e Chris Evert, protagoniste della più grande rivalità del tennis femminile.
Navratilova ha vinto nove Wimbledon in singolare e ha chiuso sette stagioni da numero 1 WTA. Evert, prima persona a vincere 1.000 partite in singolare, è stata presidente della WTA nel 1975, l'anno dell'introduzione del ranking computerizzato. Nel 1976 diventa la prima tennista a raggiungere il milione di dollari di prize money in carriera.
Eppure, ha detto a Tennis Majors nel 2020, "stiamo ancora lottando per essere riconosciute nello sport, nella vita e nel lavoro". Le atlete, ha aggiunto, "non hanno bisogno di una voce. Vogliamo solo essere ascoltate".
Martina, una volèe nella storia
Chris Evert, bellezza infinita
A cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, le sorelle Serena e Venus Williams danno forma al sogno di papà Richard. Da piccole si allenano insieme dalle otto di mattina alle tre del pomeriggio. Alle otto della sera dell'8 settembre 2001, a tre giorni dall'attacco alle Twin Towers, a New York Venus e Serena si sfidano nella finale dello US Open. E' la prima fra due sorelle in uno Slam dal 1884: a Wimbledon scendevano in campo Maud e Lilian Wilson. In prima serata, Diana Ross canta "God Bless America", poi due sorelle nere danno spettacolo nello stadio dedicato ad Arthur Ashe. Vince Venus 6-2 6-4. E' l'inizio di una nuova era.
Sister Act: la storia della rivalità Venus-Serena
Hanno allargato gli orizzonti, Venus e Serena. Da Compton, dove giocavano mentre in strada si sparava, al mondo. Nel 2013, i veterani della ABC Michelle Major e Maiken Baird hanno girato un documentario su di loro. "Icone" le hanno definite nei poster promozionali. “E' la storia di due sorelle afro-americane che hanno rotto ogni barriera” ha spiegato Baird. “E' una grande storia americana in cui c'è la famiglia, la razza, la tenacia, il duro lavoro che porta al successo”.
I campioni, e le campionesse, dello sport lasciano il loro mondo in condizioni migliori di quelle che hanno trovato.
Vale sicuramente per Li Na, prima campionessa Slam asiatica, al Roland Garros del 2011 in finale su Francesca Schiavone. Si giocava il 4 giugno, ricorrenza dei massacri di Piazza Tienanmen a Pechino.
Ex numero 2 del mondo, si è opposta alla macchina sportiva centralizzata cinese, il juguo tizhi, “sistema sportivo dell'intera nazione”, che sceglie gli allenatori, i programmi d'allenamento e gli eventi cui gli atleti devono partecipare e chiede loro in cambio il 65% dei guadagni. Ha indicato un'altra strada possibile alle giovani generazioni.
Li Na è sempre storica, prima asiatica nella Hall of Fame
Le rivendicazioni individuali hanno aumentato il numero di coach stranieri che hanno iniziato a lavorare in Cina, anche aprendo accademie come Carlos Rodriguez, storico allenatore di Justine Henin. Senza l'esempio di Li Na, probabilmente la Cina non sarebbe diventata una delle nazioni con più tornei nel calendario WTA. E Shenzhen non avrebbe sottoscritto un accordo di lungo periodo per ospitare le WTA Finals, cancellate l'anno scorso per via della pandemia, destinate a diventare le più ricche di sempre.
I 15 anni da star di Maria Sharapova
Il tennis, come ogni sport, ha bisogno di campionesse e suggestioni. Di figure di riferimento capaci di attirare il pubblico occasionale, di avvicinare nuovi tifosi e far crescere l'appeal del proprio sport.
Più ancora dei suoi grandi traguardi e del Career Grand Slam, l'ex numero 1 del mondo Maria Sharapova, tennista e imprenditrice, ha promosso il brand del tennis femminile come quello delle sue caramelle Sugarpova. Il suo fascino ha conquistato tifosi in ogni angolo del pianeta.
Naomi nel nome di Elijah, mascherina Black Lives Matter - Le foto
Naomi Osaka è arrivata anche a battere il record di Sharapova di guadagni in una singola stagione nella classifica di Forbes. Ma non vede la sua vita come definita solo attraverso i risultati sportivi. Una visione che condivide, tra gli altri, con Arthur Ashe e Billie Jean King.
Lo scorso maggio è andata a Los Angeles, da sola, durante le proteste per l'uccisione di George Floyd da parte di un agente di polizia. "Solo perché non sta succedendo niente a te, non vuol dire che non stia succedendo niente" scriveva su Twitter invitando alla presa di coscienza pubblica.
Leader di fatto del movimento Black Lives Matters, Osaka si espone in prima persona per far sì che di certi temi si cominci a parlare. Le sette mascherine che ha indossato allo US Open, ogni volta con il nome di una vittima della violenza di stampo razzista è il suo modo di sensibilizzare l'opinione pubblica. Di accettare un ruolo di responsabilità e non limitarsi a far bene quello che sa fare meglio.
Michelle Obama a Gauff: "Ti auguro coraggio, forza e amore"
Posizione che trova perfettamente allineata la sedicenne Cori Gauff, che ha già incontrato Michelle Obama.
La scorsa estate, ha tenuto un discorso molto maturo e consapevole durante una manifestazione per il Black Lives Matter. “È triste pensare che io sia qui oggi a protestare per le stesse ragioni che portarono in piazza mia nonna 50 anni fa" ha detto.
A questa antologia di storie di donne, di donne nella storia, manca ancora un'emozione. E la dedichiamo al quartetto d'archi del tennis italiano: Sara Errani, Flavia Pennetta, Francesca Schiavone e Roberta Vinci. Quattro campionesse che hanno regalato all'Italia trionfi da leggenda e prime volte indimenticabili: il primo Slam nel tennis femminile, la prima finale tutta italiana in un major, le prime Fed Cup. Hanno ispirato le generazioni future, rappresentato il meglio dello sport, e riacceso una passione per il tennis da tempo sopita. Gli effetti benefici, in Italia, si fanno ancora sentire.
2010-19: il decennio indimenticabile del tennis azzurro
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