-
Campioni nazionali

Da Berrettini a Sonego: parla Pizzorno, il coach che filma (e studia) i campioni

Anni fa, seguendo Ivan Ljubicic (best ranking di numero 3, oggi coach di Roger Federer), è stato il pioniere della videoanalisi. Oggi il 56enne torinese si mette al servizio di alcuni dei migliori italiani, aiutando i coach a trovare le correzioni necessarie sui vari colpi. Ecco la sua storia e la sua visione del tennis

di | 19 giugno 2022

È l'uomo della videoanalisi. Il primo che ha introdotto questo strumento nell'allenamento dei giocatori, aiutando tanti professionisti a esplorare il loro potenziale. Danilo Pizzorno, 56 anni da Torino, è prima di tutto un maestro di tennis, come si definisce lui. “Ma mio padre – spiega in una pausa del lavoro con la russa d'Italia Liudmila Samsonova – aveva la passione della fotografia, che coltivava come hobby ma realizzando degli splendidi scatti. Così, per seguire lui, mi sono dedicato anche io alle immagini, associandole però al tennis che è diventato col tempo il mio lavoro”.

Dalla fine dello scorso anno, Danilo è entrato nell'orbita federale, lavorando a fianco di alcuni dei migliori azzurri, tanto fra gli uomini quanto fra le donne. Lo hanno voluto i tecnici, da Filippo Volandri a Umberto Rianna, da Tathiana Garbin a Vittorio Magnelli, perché li affiancasse in certi periodi nel ruolo di consulente. “L'obiettivo – spiega Pizzorno – è fare in modo di dare continuità al lavoro sugli atleti, anche con quelli del settore giovanile”. 

I PROGRESSI DI MARTINA

Work in progress, dunque. Partito con due settimane di collaborazione sul finire del 2021, quest'anno siamo arrivati a circa due mesi. “A dicembre del 2021 – continua il tecnico piemontese – abbiamo lavorato tanto su Martina Trevisan. Dal suo staff mi avevano già chiesto, prima della preparazione invernale, di dare un'occhiata al movimento del servizio, ma allora chiesi del tempo perché ero al completo con impegni che non potevo prorogare. Poi sono stato inserito nel progetto federale e allora anche il lavoro con Martina è rientrato nel discorso”. 

I risultati, per la mancina di Firenze, sono sotto gli occhi di tutti. “Siamo contenti, è stato fatto un bel percorso, non facile perché Martina ha dovuto cambiare un po' il gesto della parte iniziale del servizio. Lei è molto disponibile, il che non è scontato perché quando i giocatori hanno una certa età non è sempre semplice modificare un'abitudine. La cosa bella è che lei stessa mi ha detto di non preoccuparsi per la sua età, perché - parole sue - ha tanta voglia di imparare. Lei in precedenza vedeva il tennis non da vera mancina, mentre adesso si è convinta di poter sfruttare questa caratteristica a suo favore. E anche tutto quello che è accaduto al Roland Garros è frutto del lavoro del team, compreso Donato Quinto per la preparazione atletica”. 

BUM BUM SONEGO

Un altro azzurro passato – con successo – dalla cura della videoanalisi, è Lorenzo Sonego. Non a caso piemontese come Pizzorno. “Con Lorenzo abbiamo lavorato duramente durante il primo lockdown, perché lì abbiamo avuto più tempo, in particolare per aggiustare il servizio. Si è trattato di un cammino importante, durato quasi due anni e mezzo: siamo partiti dal controllo della testa, perché non guardava l'impatto con la palla, per passare poi a trovare una stabilità nell'appoggio del piede, affinché spingesse più in verticale. Con Gipo Arbino ci siamo resi conto che poteva migliorare tanto quella parte, sbloccando anche la spalla coi suoi preparatori fisici. Il fisico? Sì, mi accorgo se c'è qualcosa di non del tutto a posto che influisce su un colpo. Per questo sono estremamente importanti i preparatori”.

BERRETTINI, LA CHIAVE IN RISPOSTA

Uno degli azzurri del momento, ma sarebbe più giusto dire del decennio, è Matteo Berrettini. E pure lui è nella lista di coloro che stanno attingendo dalle immagini di Pizzorno. “A partire da Dubai – spiega Danilo – sono stato contattato da Vincenzo Santopadre, per affrontare il discorso della risposta di Matteo. Migliorare questo colpo per uno come lui è fondamentale, e lo stiamo facendo anche on-line, attraverso le analisi dei suoi match”.

Ma insomma, che figura è questa, a metà tra un coach, un suggeritore e un videomaker? Ammetto che è una figura un po' strana, non sei né coach né un semplice sostegno. Penso che la figura del tecnico della videoanalisi sia importante in modo particolare per l'allenatore. Credo che in generale, oggi più che mai, ci sia bisogno di una figura come la mia, che aiuti i coach a tirare fuori il dettaglio, che faccia scattare poi il lavoro sulla qualità”.

La volée di rovescio di Matteo Berrettini (foto Getty Images)

COACH A TEMPO PIENO?

L'idea di fare il coach a tempo pieno, tuttavia, non è scartata a priori. “Io mi definisco un aiuto allenatore, ma per esempio con Liudmila Samsonova (già top 30 Wta) posso dire in certe occasioni di essere quasi un coach. La mia figura si divide in tante forme e dipende molto da chi ti trovi davanti. Se ti trovi a lavorare su un Berrettini che ha già uno staff definito in tutti i ruoli, io resto dietro le quinte: parlo con Santopadre e do le informazioni che riesco a cogliere direttamente a lui. Con altri giocatori invece c'è un rapporto più diretto. Il coach a tempo pieno? Certo che ti viene voglia di farlo, è normale, perché io sono nato come maestro e il mio sogno è sempre stato di diventare un allenatore. Questa figura di aiuto coach, però, in parte mi piace tanto. Sarei aperto a seguire un professionista nel Tour, anche se poi ti devi buttare nell'impresa per 365 giorni l'anno, e la decisione deve essere collegata a quello che vuole il giocatore”. 

PAOLINI E I NEXT GEN

Restando alle ragazze, una delle giocatrici su cui Pizzorno ha avuto un impatto importante è stata Jasmine Paolini: “Sono quasi due anni e mezzo che la seguo, con lei abbiamo fatto progressi importanti col servizio, ma c'è ancora molto da lavorare. Inoltre, siamo intervenuti sul diritto, su come mantenere l'angolo quando entra in corsa, e su come giocare una volta uscita dal servizio, mettere ordine per giocare la terza palla. Jasmine non tira forte in battuta, ma per questo deve essere particolarmente precisa in uscita, per poi andare a giocarsi lo scambio”.

Questione di dettagli, come quelli che vanno corretti nel passaggio da junior a pro. “Vado sovente a Tirrenia, e capita che arrivino i ragazzi più giovani come Luca Nardi, Giulio Zeppieri, Flavio Cobolli, tutti coloro che sono collegati alla Federazione. Il ruolo che ricopro mi gratifica perché c'è sempre un confronto con i loro coach, poi si va sul giocatore. C'è una componente importante che è quella di mettere in risalto il lavoro svolto dall'allenatore fino a quando viene fatta l'analisi: poi cerchiamo solo di aggiungere qualcosa, migliorare la qualità complessiva dello staff”.

In tutto questo, ascoltare è fondamentale. “Se sei il primo tu a predisporti per ascoltare, anche gli altri saranno disponibili. Adesso i giocatori sono convinti della bontà del metodo, ma quando ho iniziato io, se lavoravi con i giocatori di vertice, si faceva fatica a entrare nel giro: un buon 70 per cento non era affatto dell'idea che questo lavoro fosse utile. Adesso, al contrario, il 90 per cento è convinto del metodo perché vede i risultati. L'analisi video peraltro è sempre esistita, ma con le nuove tecnologie è diventata più semplice e alla portata di tanti, anche se poi bisogna saper interpretare le immagini. In questo, l'avvento del digitale ha dato una mano”.

SAMSONOVA, 90 GIORNI L'ANNO PER CAMBIARE

Anche il tempo che si passa con un giocatore conta. “Liudmila Samsonova – spiega Pizzorno – ha preso il massimo di quello che le ho dato in questi anni. È cresciuta con me, con questo metodo, ed è stata forse la prima in grado di capire immediatamente che poteva essere la strada in grado di fare la differenza per lei. Altri invece devi prima convincerli, poi cominciare a lavorarci. Con Liudmila passo 90 giorni all'anno, così diventa più semplice fare cambiamenti. Ivan Ljubicic invece è stato il primo con cui ho fatto esperienza, quello che mi ha dato la possibilità di applicare quella tecnologia a un giocatore di vertice. Ho avuto la fortuna di stare vicino a lui e a Riccardo Piatti quando Ivan è arrivato a essere numero 3 del mondo. Fu senz'altro un bel trampolino di lancio”.

IL CALENDARIO E IL CORAGGIO

Tra i giocatori di vertice di oggi, invece, ce n'è un altro che il tecnico torinese conosce bene. “Jannik Sinner l'ho seguito da ragazzino e oggi ha migliorato tutti i colpi. Forse sulla seconda palla di servizio ha ancora dei margini di crescita, ma ovviamente parliamo in relazione al livello a cui lui stesso punta. Conoscendolo ci mette l'anima, e per il livello che vuole affrontare il servizio è un'arma determinante. Gli infortuni? Io parto dal fatto che tutti giocano tanto, c'è sempre meno tempo per il recupero e durante l'anno mancano delle fasi dove si sta tranquilli lavorando su dettagli e prevenzione. Bisogna, ogni tanto, rimettere in ordine il motore e ripartire. Ma il calendario in questo senso non aiuta e per prendersi del tempo paradossalmente serve il coraggio di fare delle rinunce. Per me, per esempio, è importante anche passare delle intere mezze giornate a parlare con i giocatori per migliorare la tecnica e di conseguenza la tattica. Da quei momenti nascono sempre dei miglioramenti”.

LA VIDEOANALISI PER TUTTI

Ma questa videoanalisi, in definitiva, è un privilegio per pochi? “Assolutamente no. Può essere una parte fondamentale anche per quarta e terza categoria, tanto che in passato io stesso ho lavorato con gli amatori e ho fatto stage per bambini e adulti. In quel caso, non puoi pensare che un amatore che gioca due o tre volte alla settimana sia disponibile a cambiare tutto, ma quando già lo porti ad avere più attenzione su equilibrio e decontrazione gli permetti di fare un grande miglioramento. Su un adulto, chiedevo di avere il massimo controllo del gesto, e per questo il movimento deve essere fluido, circolare o semicircolare, senza che costi eccessiva fatica. Mi ritrovavo spesso anche giocatori della domenica che avevano un'impugnatura strana: in quel caso non partivo da lì ma dal fatto di trovare un timing corretto. Poi l'impugnatura la cambiavano loro”. Trovare vie alternative, dunque, è la chiave. Cose da coach, che non cambiano troppo, in fondo, se dall'altra parte c'è un professionista o un dilettante.

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti