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Dopo il crollo d’acchito dell’anno scorso contro il coreano Kwon, quest’anno Holger spazza via Krajinovic dando un nuovo segno di maturità psico-fisica e anche tecnica. E senza più Kyrgios in tabellone…
di Vincenzo Martucci | 17 gennaio 2023
Il secondo miglior tennista 19enne del mondo ha tempra ed ambizioni superiori. Come il più famoso coetaneo, lo spagnolo Carlos Alcaraz - che l’anno scorso è salito addirittura al numero 1 del mondo col successo agli US Open -, il danese Holger Rune punta all’eccellenza, alla storia, agli Slam, ancora di più, all’Olimpo dello sport.
Dodici mesi fa è partito da 103 ATP: ad aprile sbancava il Challenger di Sanremo, infilando Gigante, Arnaboldi e Passaro, a maggio vinceva Monaco, dominando Sasha Zverev, a giugno piegava Tsitsipas (finalista uscente) e si infrangeva solo nei quarti alla roccia Ruud al Roland Garros, poi è entrato in crisi di assestamento rimediando 6 ko d’acchito consecutivi, finché non ha cambiato marcia chiudendo la stagione da numero 11, al culmine di 4 finali di fila indoor, aggiudicandosi anche Stoccolma e il primo Masters 1000, a Parigi Bercy, con gli scalpi di 5 top ten: Hurkacz 10, Rublev 9, Alcaraz 1, Aliassime 8 e Djokovic 7.
Umile? Forse. Simpatico? Affatto. Ruud, Wawrinka e anche Tsitsipas gli hanno tirato le orecchie per qualche bambinata in campo - qualche gesto di fastidio ai colpi dell’avversario, qualche risolino sardonico, qualche colpo ad effetto di troppo -, subito perdonata dall’immancabile mamma Aneke al seguito.
Ma Rune ha anche più soluzioni tecno-tattiche di Alcaraz, è anche più fluido di piedi e forte di testa dell’allievo di Juan Carlos Ferrero, gioca bene su tutte le superfici al punto che neanche lui sa quale preferisce. E non ha paura di niente. Come ben s’è visto in avvio di Australian Open. Dove ha liquidato in tre set un avversario solido e coriaceo come Krajinovic. “Se mi guardo indietro sono proprio orgoglioso dell’anno scorso, anche se le cose sono andate tanto in fretta sia nella classifica che nei risultati, in generale preferisco pensare al presente, a quello che non so e devo ancora imparare e alla motivazione per raggiungere la condizione migliore per fare bene qui in Australia”.
IDEE CHIARISSIME
Anche se adesso s’appoggia alla scuola sulla Costa Azzurra di Patrick Mouratoglou, l’ex numero 1 del mondo juniores, campione sulla terra rossa di Parigi, è stato forgiato da Lars Christensen: “Mi ha insegnato la disciplina, la base di tutto”. A tutto il resto ci pensa lui, “Baby face” Holger, che impara in fretta, mettendoci tanta voglia e massima applicazione.
L’anno scorso a Melbourne crollò di fisico da due set a zero contro il coreano Kwon: “Tutta questione di esercizio, come in tutte le cose. Al terzo set avevo i crampi perché sui 5 set devi imparare a conservare le energie”. All’esordio, “down under” quest’anno, si sbriga in 3, facendo impazzire il povero Krajinovic, giocatore costruito con tanta buona volontà ma lento nell’esecuzione: “Sono stato subito molto aggressivo e ho giocato veloce come piace a me per farlo correre più che potevo. Nel terzo set ho sentito un po’ la pressione, ma è normale e ci ho messo comunque poco a ritrovare la concentrazione”.
ESPERIENZA
Parigi, Roland Garros, col successo da junior e i quarti da ‘pro’, e il trionfo a Bercy, è il torneo delle svolte. “Il Roland Garros mai ha insegnato tantissimo nella gestione dei 5 set, Bercy mi ha dato tanta fiducia: ho visto che posso battere i più forti del mondo”.
Melbourne è diverso e insieme uguale: “Fa un gran caldo, ma mi sento più forte, più in fiducia. Però, siamo in uno Slam: tutti vogliono vincere di più, vediamo chi gestisce meglio la pressione”.
Perché il fisico è importante, soprattutto in un ragazzo di 19 anni che ancora non può essere strutturato come un uomo di trenta, ma la testa resta la chiave: “Il problema in match così lunghi e duri è quanto a lungo tieni la concentrazione. Poi tutto segue. Del resto ho lavorato tanto a dicembre sull’aggressività, la spinta, la conquista della rete, che poi si adattano al meglio al mio gioco e al mio istinto”. Il ritiro di Kyrgios gli libera lo spicchio di tabellone: ha il mirino puntato su Rublev. “Ma no, mano, il segreto vero è quello di pensare a un match alla volta”. Ma davvero ha solo 19 anni, davvero è il secondo più forte del mondo di quell’età? L’eroe del tennis danese parla e si comporta da re del tennis.