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Campioni next gen

Next Gen: Jenson Brooksby, l'altro americano

Non è così in alto e così popolare come i due connazionali che lo precedono nella Race to Milan. Ma rispetto a Korda e Nakashima, Jenson ha avuto a che fare con un percorso più tortuoso, e in particolare con un infortunio al piede che lo ha fermato per oltre un anno. Ora, dal primo titolo Challenger in Sudafrica, la ripartenza

di | 25 febbraio 2021

Fine estate del 2019: un biondino americano di 18 anni, reduce da tre titoli in altrettanti 25 mila dollari, arriva agli Us Open e incanta. Prima supera con autorità le qualificazioni, poi al turno d'esordio del main draw fa fuori Tomas Berdych. Al secondo ostacolo, il georgiano Nikoloz Basilashvili (che all'epoca è numero 17 Atp e in ottima condizione, contrariamente al presente) lo manda a casa in quattro set, non senza difficoltà. E per il tennis a stelle e strisce sembra pronto e servito un nuovo piccolo fenomeno su cui puntare. Solo che il tennis, quello dei pro, è fatto di tante piccole trappole. Per Jenson, la trappola si presenta sotto forma di un serio infortunio al piede, risolto solo dopo 14 mesi di stop: finito il Challenger di Houston – siamo nel novembre 2019 – ecco la pausa forzata, terminata soltanto a inizio febbraio di quest'anno, quando il suo nome torna a fare capolino in un draw, nel 25 mila dollari di Villena, in Spagna. 

La voglia di ripartire è tanta, così come la determinazione nel riprendersi quello che l'infortunio gli aveva tolto. Così due settimane fa Jenson arriva a Potchesfroom, Sudafrica, senza eccessive aspettative ma in cuor suo con tanta convinzione. Nel primo Challenger, perde subito dal turco Cem Ilkel, poi nel secondo cambia marcia. Cede il set d'esordio al britannico Peniston, ma rimonta e da lì infila il turbo, tanto che ad arrendersi negli ottavi è uno dei giocatori più in forma del circuito, il francese Bonzi.

Nei quarti c'è la rivincita con Ilkel, in semifinale un match sotto controllo con l'austriaco Miedler, nell'ultimo atto un'altra rimonta contro 'cavallo pazzo' Gabashvili. Incredibile a dirsi, è il primo trionfo nella categoria di quel biondino che sembrava già pronto per il battesimo un paio di anni prima, e che invece si è dovuto guadagnare il suo trionfo a forza di rincorrere un futuro che se ne stava scappando sempre più lontano. 

Cresciuto alla Jmg Tennis Academy di Sacramento, California, Brooksby è uno dei tanti americani passati per il College (precisamente alla Baylor University) ed è allenato attualmente dal coach Nick Bezzubchenko. “Ma devo molto – spiega il ventenne statunitense – anche a Joseph Gilbert, con cui ho iniziato a giocare a tennis all'età di 7 anni. Se ho raggiunto il livello che desideravo, tanto del merito è suo per aver lavorato duramente con me nel corso di molti anni”.

L'obiettivo di Jenson è – per adesso – anche un primo step per rimettersi in pista. Raggiunti i top 300 (oggi è numero 249, più 66 rispetto alla scorsa settimana), si punta decisi almeno ai top 100. “Non voglio mettermi obiettivi particolari – spiega – ma allo stesso tempo non vedo perché dovrei pormi dei limiti. Lavoro giorno per giorno cercando di fare del mio meglio”. Il suo tennis è tipico della scuola yankee: aggressività e grande energia, servizio (con un movimento molto personale) e diritto che spingono, rovescio bimane che tiene botta quando gli altri mettono pressione.

Così come tipica yankee è la sua determinazione, la sua voglia di credere nei propri sogni, fin da quando era un teen-ager e raggiungeva le semifinali agli Us Open Juniores (era il 2018), perdendo in due set dall'azzurro Lorenzo Musetti.

“Rispetto al passato – dice lui – mi rendo conto che posso gestire meglio le mie emozioni e i miei nervi. Ripartire tra infortuni e pandemia non è stata una passeggiata, ma stare fermo tanto tempo mi ha dato modo di lavorare maggiormente su aspetti diversi, che non erano solo quelli tecnici, quelli del campo”.

Il talento, quello, c'è sempre stato e si vedeva chiaramente, per velocità di braccio e di pensiero. “Mancava la fiducia – sottolinea lui – che invece ho ritrovato lungo la strada. Vincere il mio primo Challenger, in questo senso, mi aiuterà parecchio, ne sono convinto”.

A dare una mano, ci sono pure i numeri. Adesso Brooksby è numero 7 nella Race to Milan, la classifica degli Under 21 che qualifica i migliori otto alle Next Gen Atp Finals di Milano. Davanti a lui ci sono Auger-Aliassime, Sinner, Korda, Musetti, Nakashima e Alcaraz.

Cioè qualche fenomeno e un paio di solidi americani come lui, solo un po' più famosi al momento. Certo la stagione è appena cominciata e da dietro arriveranno altri avversari, ma di tempo ce n'è tanto pure per lui, che il suo tempo se lo è ripreso in fretta. Dopo aver rischiato di dimenticare che fra i campioni del futuro ci poteva tranquillamente essere anche lui.

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