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Il 20enne mancino di Londra, semifinalista alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals eliminando Musetti, ha una storia di invidie, di infortuni, di stop che l’ha fatto diventare sempre più forte…
di Vincenzo Martucci | 11 novembre 2022
Sir Andy Murray zoppica, con le sue anche sbilenche, Norrie ed Evans sono da top 30, ma non trascinano le folle e lo sfortunato Edmund sta rimettendo solo adesso un ginocchio a pezzi. Il tennis di Sua Maestà che guardava a Jack Draper come al classico figlio di papà, viziato e raccomandato, adesso lo rimira come un messia, umile, coscienzioso, lavoratore.
E il 20enne mancino di Londra, finalista junior a Wimbledon 2018, si sbarazza finalmente dell’etichetta di figlio di mr Roger Draper, ex capo esecutivo di Sport Inghilterra e della Federtennis brit, e di mamma Nicky, già campionessa nazionale juniores e coach federale. E invece di sbandierare il primo grande acuto sotto i riflettori, il successo su Lorenzo Musetti nel derby fra i due di miglior classifica del torneo (41 lui, 23 il carrarino) e le semifinali alle Next Gen Finals under 21 di Milano, da primo brit ad essere ammesso fra i magnifici, confida euforico: “La vittoria più importante è stata la reazione contro Tseng Chun-hsin, sono partito lento, ma ho avuto un bel dialogo con me stesso e ho trovato il modo per venirne fuori”.
Così, rimontando il piè veloce di Taipei ha reagito ai tre tie-break di fila persi a botte da video game contro bum bum Stricker ed è stato poi premiato con la giornata-no dello spremutissimo Musetti. “Lorenzo era sicuramente un po’ stanco dopo la battaglia della sera prima con Stricker, ma io ho fatto tutte le cose giuste”.
CRESCITA
L’Italia gli porta bene. L’1 gennaio l’allievo di James Trotman, 1.93 per 187 chili, era appena 265 del mondo, oggi ha scalato la classifica usando come trampolino i Challenger di Forlì organizzati magnificamente da Cosimo Napolitano, vincendone addirittura 3 ed aggiungendoci St Brieuc. Così ha fatto il salto nell’ATP Tour: ha battuto Taylor Fritz sull’erba del Queen’s, ha perso solo in semifinale a Eastbourne contro Cressy e poi con De Minaur a Wimbledon, sul cemento di Montreal è volato dalle qualificazioni ai quarti contro Carreno Busta, battendo strada facendo Tsitsipas. Quindi, agli US Open, ha scatenato i media di casa coi giochi di parola fra il suo nome e la Union Jack la bandiera del regno unico, battendo il solido Ruusuvuori e poi Felix Auger-Aliassime, ritirandosi a un set pari contro Khachanov per un problema muscolare, agli adduttori, quasi all’inguine.
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REAZIONI
Draper si è forgiato nelle difficoltà. Dopo i problemi con l’ambiente, con due genitori così ingombranti e tante invidie e accuse di “aiutini”, a 17 anni è cresciuto di botto in altezza, trasformandosi in un’altra persona, con altre caratteristiche tecniche e un servizio che all’improvviso sparava proiettili che oggi sono arrivati a una velocità-record di addirittura 222 chilometri all’ora. “Tutti pensano che i giocatori alti servono bene e tirano forte il dritto e basta. Io invece penso di vedere bene il gioco e mi muovo anche bene in campo, e questo sorprende tanta gente. Così come la precisione e la media al servizio, che non è solo potenza, è anche varietà e gestione del gioco”.
Dopo il Covid, Draper ha saltato metà dell’anno scorso perché s’è rotto un legamento della caviglia. “Questa è la prima stagione durante la quale sto giocando di più e posso misurarmi anche sotto sforzo. Perché la volta prima, agli Us Open ho giocato 6 settimane di fila, mi sono rotto una prima volta e poi mi sono rotto ancora. E ora faccio una preparazione atletica mostruosa per rinforzarmi al massimo e prevenire gli infortuni”.
La testa resta l’arma in più. “Un anno fa ero in un club in Germania per un torneo Challenger, cercando di andare avanti a modo mio e ora sono in grado di esprimermi a livello già alto. Sicuramente se allora mi avessero detto che oggi sarei stato top 50 mi sarei sorpreso molto”, racconta quasi guardandosi allo specchio.
“Questo è esattamente quello che volevo sin da bambino, andare in campo e giocarmela con questi avversari davanti a tanto pubblico. Il tifo mi carica: è stato così contro Monfils a Montreal e contro Alcaraz a Basilea davanti a 10mila persone, ed è stato così a Milano con tanta gente che era lì per Lorenzo ma che mi ha dato una grandissima spinta”.
L’esperienza si paga ma è indispensabile: “Giocare contro gente così mi ha fatto capire che non ero così lontano. Questa è stata la maggior lezione di quest’anno, insieme al fatto che sono più aggressivo e divento sempre più forte fisicamente”.
Jack Draper, non solo servizio e diritto, ma molto di più: chiedere per conferma a Lorenzo Musetti.