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Il piccolo Teodor, 10 anni, bulgaro di nascita e americano di adozione, sta provando a diventare professionista sviluppando il suo tennis in maniera perfettamente simmetrica. Può giocare due diritti o due rovesci, senza perdere di efficacia. Ma è davvero un esperimento destinato a portarlo lontano?
di Cristian Sonzogni | 23 luglio 2021
Da qualche mese, sui social (e dove, sennò?) spopolano i video di un ragazzino bulgaro trapiantato con la famiglia negli Stati Uniti. Lui si chiama Teodor Davidov, detto Teo: ha dieci anni, gioca due diritti (ma all'occorrenza pure due rovesci, bimani o a una sola mano), pare divertirsi in campo e ha già un seguito degno di una piccola star, con tanto di sito web (artigianale) dedicato.
Filming today with 10 year old ambidextrous tennis player Teo Davidov fresh off his run to the finals of the @usta B12 L1 National Clay Court Championships yesterday. If you think his strokes are amazing wait until you hear his story on @TennisChannel @Tennis #Tennis #ATP #WTA pic.twitter.com/UJ3RHeluZv
— Nitin Varma (@VarmaKarma10S) July 18, 2021
Da ciò che si può intuire guardando i video che lo ritraggono nelle sessioni di allenamento, il piccolo Teo pare effettivamente avere stoffa. Perché per chiunque, usare la mano non dominante ed essere ugualmente efficace – nello sport come in qualsiasi altra attività quotidiana – è un'impresa non da poco. Tuttavia, prima di farne un esempio, un 'campioncino', o come ha azzardato qualche testata 'colui che può rivoluzionare il tennis' sarebbe meglio andarci molto, molto cauti.
Intanto, Teo è un bambino. Gioca (bene) a velocità da bambini, dunque non abbastanza sostenute da poter essere davvero un test probante in vista di un approdo ad alto livello.
Ciò che è possibile a 10 anni non è più possibile a 18, forse nemmeno a 14. Dunque qualsiasi considerazione in merito alla reale efficacia dei suoi colpi è quantomeno incauta e senz'altro prematura. Passare la racchetta da una mano all'altra, come Davidov fa giocando i due diritti, è un fattore di disturbo troppo importante quando il colpo dall'altra parte della rete ti arriva a cento e passa orari.
E anche se i genitori rassicurano dicendo che il figlio non ha bisogno di modificare l'impugnatura passando dal braccio destro a quello mancino, la questione di fondo rimane la stessa: quella frazione di secondo che passa nel momento del cambio è sostenibile oggi, ma lo sarà sempre meno da qui in avanti.
I genitori, in tutto questo, sono non soltanto la parte fondamentale del progetto ma pure il motore che spinge Teo a giocare in questo modo. L'obiettivo, ascoltando mamma e papà, è quello di avere uno sviluppo bilanciato tra i due emisferi cerebrali e permettere al figlio di trovare un equilibrio tanto fisico quanto mentale, attraverso l'allenamento di una coordinazione che non passa soltanto dal tennis, ma pure da altri sport e da una costante pratica dello yoga.
Progetto legittimo, ancorché ambizioso, che non conterrebbe rischi particolari se si escludesse la volontà di intraprendere un percorso verso il professionismo. Proprio l'obiettivo dell'alto livello rende invece tutta la faccenda più complicata.
Vantaggi, nella sua crescita, il piccolo Teodor ne avrà senz'altro, ma se tutto questo lavoro dovesse poi risultare non sufficiente per le aspettative di partenza, allora bisognerebbe sperare di ritrovare il Davidov adolescente abbastanza forte e strutturato da non patire più di tanto lo stress che ne deriverebbe.
Non si tratta di scarsa fiducia nei confronti del singolo personaggio, quanto di dare un'occhiata approfondita a ciò che racconta la storia del tennis. Di tennisti professionisti ambidestri ce ne sono stati, ma si contano sulle dita di una mano e nessuno di loro, in tempi recenti, è riuscito a sfondare. Il più famoso è probabilmente Luke Jensen, americano che ha fatto parte di uno dei doppi più famosi del Tour, quello con il fratello Murphy.
Luke è ambidestro, serviva indifferentemente con la destra o con la mancina, e in entrambi i casi poteva risultare efficace. In doppio, questa caratteristica lo ha aiutato, e in fondo i Jensen si sono presi più di una soddisfazione, vincendo pure il Roland Garros nel 1993. In singolare, tuttavia, i risultati non sono stati gli stessi, e Luke si è fermato al numero 168, ben lontano dalle aspettative coltivate da Junior.
Un altro ambidestro è l'ex pro toscano Claudio Grassi: nato mancino, è stato spinto a giocare a tennis con la destra, sviluppando poi nel percorso quella bilateralità che lo portava a servire con una mano e proseguire lo scambio con l'altra. Oppure a giocare due volèe di diritto una volta sceso a rete. Claudio, pur avendo ottenuto risultati importanti, non è mai andato oltre il numero 300 del ranking Atp di singolare.
Simile il percorso del coreano Cheong-Eui Kim, che a causa di alcuni infortuni si è trovato a dover colpire due diritti, evitando il rovescio. Risultato: best ranking al numero 296. Non possono invece chiamarsi propriamente ambidestri gli atleti bimani da entrambi i lati, di cui è piena la storia del tennis femminile, e di cui anche il tennis maschile può vantare qualche esempio di successo, come il francese Fabrice Santoro.
Un successo importante, passandosi la racchetta da una mano all'altra, lo ottenne invece l'italiano Giorgio De Stefani, protagonista ad alto livello negli Anni 30 del secolo scorso. Considerato addirittura numero 6 al mondo nel 1934, De Stefani raggiunse la finale al Roland Garros e i quarti agli Australian Open, con una tecnica tutta particolare appresa come autodidatta. Tutto questo, però, quando il tennis era agli albori, il concetto di professionismo era molto lontano e la velocità della palla in arrivo era decisamente bassa, se confrontata con gli standard odierni.
Se qualcuno, infine, sta pensando a Rafael Nadal, destro naturale per tutto ciò che non è tennis, mancino sul campo, va anche qui precisato che Rafa e zio Toni, a giocare due diritti, non ci hanno mai pensato. Semplicemente, il piccolo Nadal giocava bimane su entrambi i lati perché non aveva ancora abbastanza forza, quando era un bambino agli esordi, per colpire la palla in maniera efficace ed essere competitivo. Quando, con la maturazione, la forza muscolare arrivò, si trattò solo di decidere quale mano staccare. Mantenendo tuttavia il diritto e il rovescio. Per riscrivere i manuali, nemmeno uno che poi avrebbe vinto (almeno) 20 Slam si sentiva pronto. E forse sarebbe meglio, parlando di Teo Davidov, partire dal presupposto che neppure lui sarà in grado di cambiare le regole in maniera così radicale. Lasciandogli peraltro intatti i (legittimi) sogni di diventare un campione.
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