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Oltre a Carlos Alcaraz, l’ex numero uno del mondo segue da vicino anche la crescita di Emilio Nava, californiano classe 2001 con due finali Slam da juniores alle spalle. È ancora fuori dai primi 200 del ranking Atp, ma gioca un gran bel tennis e può ambire a un futuro interessante. Ha da poco vinto il suo primo Challenger e ora sogna le Intesa SanPaolo Next Gen ATP Finals
27 luglio 2022
Per trovare il suo nome nella Race to Milan è necessario scorrere la lista dei Next Gen fino alla diciassettesima posizione, ma il nome di Emilio Nava non è affatto uno qualsiasi. Perché il tennista californiano, classe 2001, è pur sempre un ex top-5 e due volte finalista Slam da under 18, la cui storia è tornata alla mente vedendo Lorenzo Musetti trionfare all’ATP 500 di Amburgo, in un match (contro Carlos Alcaraz) che per certi versi ha ricordato la finale giocata fra il toscano e lo stesso Nava all’Australian Open del 2019, vinta dall’azzurro per 14-12 al super tie-break del set decisivo, con tanto di match-point salvati.
Tre anni e mezzo dopo Musetti è una certezza del tennis contemporaneo e del futuro, ammiratissimo in tutto il mondo grazie a un tennis che contiene soluzioni sconosciute alla maggior parte dei comuni mortali, mentre Nava – di un anno più grande – si gode proprio in questi giorni un best ranking di numero 214 per nulla in linea con le aspettative costruite durante la carriera da juniores.
La distanza fra i due si era già vista allo scorso Us Open, quando si sono ritrovati fra i grandi e Musetti ha avuto la meglio in quattro set, ma per fortuna di Nava (e di tanti altri) il tennis non è una gara a chi arriva più in fretta e le carriere sono sempre più lunghe: qualcuno arriva bruciando le tappe, qualcuno no. Ma può comunque esserci gloria anche per tutti, anche per chi per completare il percorso di formazione ha bisogno di molto più tempo.
Nava è un bel prospetto, nato negli Stati Uniti da genitori messicani e cresciuto in una famiglia di sportivi. È da mamma Xóchitl che ha ereditato la passione per la racchetta: lei è stata fra le prime 300 del ranking WTA e ha difeso i colori del Messico ai Giochi Olimpici di Seoul 1988, proprio dove ha conosciuto il futuro marito Eduardo, velocista nell’atletica leggera e specializzato nei 400 metri. Ma in realtà a portare il tennis in casa Escobedo (cognome della madre) fu il nonno di Emilio, Ernesto Escobedo Senior, che si innamorò del tennis vedendo per caso una sfida di Coppa Davis a Los Angeles, e dopo il trasferimento in Messico fece realizzare un campo per far giocare e divertire tutta la famiglia.
Non poteva immaginare che da quell’idea sarebbe nato il futuro di ben tre tennisti: la figlia e anche due nipoti. Già, perché il cugino di Emilio è Ernesto Escobedo, il cui padre è fratello della madre di Nava. Oggi il 26enne di Los Angeles è fuori dai primi 150 del mondo, ma molti lo ricorderanno fare ottime cose una manciata d’anni fa, quando armato di colpi potentissimi salì fino al numero 67 della classifica ATP. Poi si è un po’ fermato ed è regredito, ma chissà che la spinta del cugino minore (sempre più vicino) non possa trasformarsi in uno stimolo.
Nel 2022 i due cugini hanno vinto un Challenger a testa: Escobedo ha fatto centro nella prima settimana dell’anno a Bendigo (Australia), anche se poi i suoi risultati sono stati tutt’altro che soddisfacenti, mentre Nava ha vinto il suo primo titolo a maggio sulla terra battuta di Shymkent, in Kazakistan. Un risultato tutt’altro che casuale, visto che era arrivato sul rosso anche il suo unico successo a livello ITF, lo scorso anno nei pressi di Alicante. Vuol dire che sul rosso gioca bene, e a giustificare la questione c’è la scelta presa qualche anno fa di trasferirsi in Europa, per allenarsi nell’accademia di Juan Carlos Ferrero insieme a un certo Carlos Alcaraz. Il coach che gli è stato assegnato è Fran Martinez, ma lo stesso “Mosquito” è coinvolto in prima persona nel suo percorso.
“Juan Carlos segue la gran parte dei miei incontri nei tornei Challenger – ha raccontato Nava –, e ci sentiamo dopo ogni singola partita. È davvero molto impegnato nel mio sviluppo, il che per me rappresenta qualcosa di incredibile. È difficile trovare un ex numero uno del mondo che ci tenga così tanto alla formazione di un giovane tennista. Ci confrontiamo spesso e mi dà tanti consigli”.
Un altro col quale il confronto è inevitabile è ovviamente Alcaraz, di due anni più giovane rispetto a lui ma già nella top-10. “Negli ultimi anni siamo cresciuti insieme – ha detto ancora Nava –, quindi abbiamo un rapporto molto stretto. Dopo essermi allenato con lui molto a lungo, mi fa piacere vedere i risultati che sta ottenendo. Per me è una fonte di motivazione, che mi aiuta a credere di poter arrivare lassù pure io”.
Un’altra delle ragioni del suo buon feeling con la terra battuta è la storica ammirazione per David Ferrer, uno dei quei giocatori che di grinta e fatica hanno fatto il loro mantra. “Nel 2019 – ha raccontato sempre Nava – l’ho incontrato ad Acapulco (dove il giovane era in gara grazie a una wild card dell’IMG, che ne cura gli interessi), così ho chiesto al mio allenatore di programmare un allenamento insieme a lui. Abbiamo giocato un set e siamo arrivati sul 3-3: ero felice perché me la stavo giocando alla pari con lui, ma da quel momento non ha più sbagliato una singola palla. I top player sono così: riescono ad alzare il livello quando necessario”. È uno degli step che Nava dovrà compiere per diventare uno di loro, cercando di lasciarsi alle spalle i Challenger il prima possibile, in modo da competere sempre più spesso nel circuito maggiore.
Per arrivare fra gli otto dell’Allianz Cloud dovrà fare particolarmente bene nell’ultima parte di stagione, ma le chance non mancheranno, in particolare nei suoi Stati Uniti. “All’inizio della stagione – ha detto ancora – le Next Gen ATP Finals non erano fra gli obiettivi ai quali pensavo, ma dopo aver vinto il mio primo titolo Challenger mi sono accorto di essere in corsa. Mi piacerebbe tanto arrivare fra gli otto di Milano: è un torneo incredibile, perché ricco di modernità. C’è la musica, le luci, un ambiente particolare. Credo sia un evento davvero divertente”. Non sbaglia, ma è roba per pochissimi eletti. A lui il difficile compito di diventare uno di loro.
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