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Campioni next gen

Il nuovo Martin Damm vuole fare meglio di papà

Martin Damm, figlio e omonimo dell’ex top-5 nel ranking ATP di doppio, è uno dei giovani più forti della classe 2003. Mancino, alto poco meno di due metri, il 17enne statunitense ha un tennis super aggressivo ma gioca molto bene anche sulla terra battuta. Un mix che promette di regalargli una carriera di altissimo livello

29 aprile 2021

Detenere un record in un torneo del Grande Slam a nemmeno 18 anni, nel tennis di oggi, è roba per pochissimi. Un primato che fa ancora più rumore se si considera che Martin Damm l’ha siglato allo Us Open nel 2019, quando di anni ne aveva ancora 15 e insieme all’amico e coetaneo Toby Kodat ha formato la più giovane coppia capace di vincere una partita in doppio a Flushing Meadows nell’intera era Open. Una nota statistica che gli ha fruttato un pizzico di inattesa popolarità, e ha legato ancor di più la sua storia a quella di papà Martin, ex doppista di buon successo che proprio allo Us Open, tredici anni prima, ha ottenuto il più importante successo in carriera. Molti ricorderanno l’ex tennista ceco: è stato anche un buon singolarista, avversario di Roger Federer nella prima delle sue 75 partite vinte a Basilea, arrivando al numero 42 del ranking ATP nel 2007. Ma il meglio l’ha fatto vedere in doppio, vincendo un totale di 40 titoli fra i quali spicca appunto lo Slam di New York, conquistato nel 2006 insieme al grande Leander Paes.

Padre e figlio in un video della IMG Academy

Quella era l’epoca in cui il Tour ATP era una sorta di luna park per i figli Martin (classe 2003) e Maximilian (di un anno più grande), che a ogni torneo strappavano foto e autografi ai signori del tennis, e passavano le giornate a caccia di qualche campo libero per infilarsi a scambiare qualche palla. È stato lì che i due, nati a Bradenton dove papà ha sposato mamma Michaela, hanno deciso che da grandi avrebbero fatto i giocatori: Maximilian ha cambiato idea qualche anno fa, mentre il mancino Martin è andato avanti per la sua strada e oggi è una delle più grandi speranze del tennis statunitense, grazie all’ottimo passato a livello juniores.

Martin è stato numero 3 del ranking giovanile, è arrivato in semifinale a Roland Garros e Wimbledon, ma già da oltre un anno ha deciso di concentrarsi solo sul tennis dei grandi, per far fruttare i 198 centimetri di forza bruta che gli ha regalato madre natura. “Rispetto a me – ha raccontato il papà-coach Martin senior, che l’ha plasmato sui campi dell’IMG Academy – è un giocatore diverso. È più alto, è mancino e ha un tennis più potente. Ho sempre pensato che sarà un giocatore molto aggressivo, che va spesso a rete. Deve lavorare per imparare ad attaccare il più possibile, e provare ad accorciare gli scambi”.

Vista la stazza sarà sempre una sua priorità, eppure, più di un indizio spinge nella direzione della terra battuta, teoricamente la superficie meno adatta al suo tennis. Ha dimostrato di saperci fare sul rosso già da under 18, con le semifinali a Bonfiglio e Roland Garros, e l’ha confermato con le prime due finali nel tennis dei grandi, entrambe sulla terra. Nel 2019 è arrivato in finale a Naples, terra verde, mentre quest’anno ha sfiorato il titolo a Rovigno, in Croazia, raccogliendo i punti per salire al numero 700 della classifica ATP. Ancora lontanissimo rispetto a dove punta ad arrivare, ma in alto a sufficienza per essere fra i primissimi al mondo della classe 2003.

In più, sempre a proposito di terra battuta, il suo giocatore preferito è da sempre Nadal, re indiscusso della superficie. “Amo vederlo giocare – ha detto Martin –, così come il suo modo di stare in campo, anche quando si allena. È un qualcosa che ogni giocatore di tennis punta a raggiungere. Allo Us Open io e Kodat eravamo vicini a lui negli spogliatoi: ho realizzato uno dei miei sogni”. Martin junior vive una situazione ideale: il padre è stato un ottimo giocatore, ma non ha raggiunto risultati irripetibili. Perciò, il giovane non ha particolari pressioni, e può godere solamente degli aspetti positivi del suo cognome. “Non sento nessuna aspettativa – ha detto – e so che papà è pronto ad aiutarmi ogni volta che ne ho bisogno, e lo sarà sempre. È stato un giocatore leale e con una grande passione per il tennis, proprio come me. Mi piacerebbe mostrare ai giovani che tutto è possibile, e che chiunque con l’impegno può raggiungere i propri obiettivi”.

I suoi sono ancora molto lontani, ma ha pur sempre solo 17 anni e fra gli under 18 è il quarto miglior piazzato nel ranking ATP, dopo lo spagnolo Carlos Alcaraz, il danese Holger Rune e il giapponese Shintaro Mochizuki, tutti suoi coetanei. Dovesse tenere questo rendimento anche nei prossimi anni, diventerà senza dubbio uno dei protagonisti delle Next Gen ATP Finals, che proprio quest’anno – se tutto andrà come deve andare – dovrebbero accogliere il primo nato nel 2003, Carlos Alcaraz. Lo spagnolo ha già raggiunto una dimensione superiore rispetto a tutti i coetanei, ma non sempre chi arriva prima ottiene poi i risultati migliori. Per informazioni citofonare a Roger Federer: quando ha vinto il suo primo Slam, il coetaneo Lleyton Hewitt ne aveva già conquistati due, anticipandolo di quasi due anni. Come è andata a finire lo sappiamo tutti: per l’australiano sono rimasti gli unici, mentre Federer è stato il primo a raggiungere quota 20.

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