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Campioni next gen

Tomas Machac, 20 anni, cristallo di Boemia

Elegante e adesso anche continuo, il giovane ceco è entrato fra i top 200 dopo la sua prima apparizione in uno Slam. Il suo tennis porta in dote il fascino della sua terra ma pure le fragilità di chi prende tanti rischi e ha bisogno di stare sempre concentrato al cento per cento

di | 25 novembre 2020

Tomas Machac, 20 anni

Tomas Machac, 20 anni

È un momento di passaggio, per la Repubblica Ceca. Uno dei Paesi con la migliore tradizione al mondo, dopo il ritiro di Tomas Berdych, si è trovato ad affrontare il peggior periodo della sua storia tennistica, e attualmente conta su un solo giocatore – il 27enne Jiri Vesely, numero 68 – fra i top 100 Atp. Eppure non è tutto buio, all'orizzonte. Anzi, il movimento che ha prodotto campioni in serie prima della caduta del Muro di Berlino, quando ancora esisteva la Cecoslovacchia, sta lentamente cercando di riprodurre una scuola, un sistema.

E a giudicare dai giovani emergenti, sta andando nella direzione giusta. Fra i primi 26 professionisti del Paese ci sono attualmente dieci Next Gen, ossia ragazzi sotto ai 21 anni di età. E il migliore è un ventenne che proprio quest'anno ha trovato modo di emergere, pur costretto come tutti a un'attività ridotta. Lui si chiama Tomas Machac (si pronuncia Mahàsc, con la h quasi muta) e nel corso di quest'anno ha sfondato il muro dei top 200 e ha vinto il suo primo Challenger, a Coblenza. Il risultato più importante, tuttavia, è stato un primo turno, quello del Roland Garros, il primo Slam in carriera, raggiunto dopo aver superato le qualificazioni.

RISCHI E PRESSIONE

Come tutti i cechi, Machac gioca un bel tennis, pulito, essenziale e votato all'attacco. Inteso come attacco da fondo, come pressione costante sugli avversari. Gli errori arrivano quasi sempre per aver preso troppi rischi, ma l'intenzione non cambia mai: dal servizio al rovescio (ottimo quello lungolinea), Tomas i punti li vuole fare, non attendere. Senza avere il 'punch' di alcuni colleghi, senza avere un fisico da urlo, il ceco sta crescendo costantemente e sta facendo male ai rivali soprattutto sul rapido, anche se il suo momento migliore lo ha vissuto sulla terra (veloce) del Bois de Boulogne.

“A Parigi – ha commentato – è stato come vivere un sogno. Ma allo stesso tempo sapevo di essere pronto per confrontarmi con quel mondo”. Era talmente pronto, Tomas, che a momenti faceva fuori un altro giovanotto di belle speranze, molto più popolare di lui, Taylor Fritz: è finita che l'americano l'ha spuntata al quinto set, ma per due parziali ci ha capito poco e più per merito di Machac che per demeriti suoi.

Un paragone? Se devo scegliere fra i top players, prendo Djokovic. Federer e Nadal li ammiro, ma sono molto lontani dal mio stile di gioco

DANIEL VACEK COME COACH

A fianco del 20enne di Beroun (una trentina di chilometri da Praga) c'è oggi Daniel Vacek, 49 anni, ex numero 26 Atp in singolare e vincitore di un paio di Roland Garros in doppio. “Mi dà fiducia – spiega l'allievo – e tra di noi c'è un bellissimo rapporto. So che con la sua grande esperienza può aiutarmi ad andare lontano”.

Cresciuto fin dai nove anni di età allo Sparta Praga (“Il miglior circolo ceco”), il ragazzo adesso è a un momento di svolta: può diventare non soltanto un riferimento per gli altri connazionali della sua generazione (Vrbensky, Forejtek, Lehecka, Paulson, Svrcina) ma pure un degno erede della tradizione ceca, dove l'asticella è sempre stata collocata molto, molto in alto.

“Senz'altro – racconta di sé – non posso dire di amare la rete, non è il mio habitat naturale. Ma a fondocampo mi sento sicuro, adesso, sento di aver fatto grandi progressi e di poter essere competitivo ovunque. Un paragone? Se guardiamo ai top players, somiglio più a Novak Djokovic, mentre pur ammirando Federer e Nadal, mi sento parecchio lontano dal loro stile”.

CARATTERE DI FERRO

Non manca il carattere a Tomas, che riesce a restare concentrato sul tennis e sui propri obiettivi anche quando i problemi fisici lo affliggono: è capitato a Parigi, mentre era impegnato nelle quali, e un fastidio al collo gli avrebbe potuto impedire di rendere al meglio. “Ho provato a non pensarci, ho provato a pensare alla possibilità che avevo, solo a quella”.

Così è andato tutto liscio, a scapito pure di un temporale che lo ha fermato a due punti dalla vittoria contro il portoghese Frederico Ferreira Silvia nel match decisivo. “Ha cominciato a piovere sul 7-6 5-4 e 30-30. Ho pensato, ok io sarò stressato perché stavo per chiudere, ma forse lui lo sarà ancora di più visto che stava per perdere. Anche in quel caso, è andata bene”. 

NUMERO 16 UNDER 18

Terra (e Slam) a parte, il ceco di recente ha avuto modo di arrivare vicino al titolo nel Challenger di Bratislava, sconfitto soltanto in finale da Maximilian Marterer. E gli italiani lo hanno apprezzato sul 'ghiaccio' di Ortisei, dove all'esordio ha interrotto l'avventura di Luca Nardi in due tie-break. Tra gli Junior, era arrivato a un best ranking di numero 16, ma senza grandi risultati da segnalare, a parte un trionfo in doppio nell'Orange Bowl del 2017.

Colpi piatti e aria da bravo ragazzo (con una certa dose di malinconia), Machac non ha ancora avuto modo di stare davvero sotto i riflettori, non ha ancora avuto modo di farsi conoscere dal grande pubblico. Ma a lui tutto sommato importa poco. Non gli interessa tanto che gli altri lo notino, gli interessa più riuscire a vedere la bellezza dei suoi obiettivi: “A Parigi – racconta – stavamo nella famosa bolla, in questo hotel così vicino alla Tour Eiffel, eppure la torre non l'ho mai vista, perché dalla finestra della mia camera era coperta da un altro edificio. Se c'è una cosa che mi ha dato fastidio, della mia prima esperienza in uno Slam, è stata proprio quella...”.

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