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I quarti di finale di Sofia ripropongono 12 mesi dopo la finale delle Next Gen Atp Finals di Milano (diretta tv dalle 13.30 circa): una grande occasione per entrambi per misurare i progressi, dopo aver centrato i primi quarti di finale Slam, rispettivamente a Parigi e New York
di Enzo Anderloni | 12 novembre 2020
E’ una congiunzione astrale davvero intrigante quella che mette in campo per i quarti di finale del torneo Atp 250 di Sofia Jannik Sinner, 19 anni, n.44 del mondo, e l’australiano Alex de Minaur, 21 anni, n.25 del mondo.
Esattamente 12 mesi fa, nella settimana che precede l’evento di chiusura della stagione, le Atp Finals, Sinner e De Minaur si trovarono faccia a faccia nella finale delle Next gen Atp Finals, all’Allianz Cloud di Milano. Sinner era wild card del torneo e n.95 del mondo; De Minaur n.18 e gran favorito della manifestazione.
Non possiamo dimenticare come finì: l’azzurrino dai capelli rossi, con il suo tennis da predestinato, asfaltò lo Speedy Gonzalez di Sydney lasciandogli solo 5 game: 4-2 4-1 4-2. E quel giorno (era il 9 novembre 2019) si accesero su di lui tutti i riflettori dell’universo, cominciarono a fioccare i complimenti e i pronostici di un futuro da n.1, a cominciare da quelli del n.1 Novak Djokovic.
Che cosa significa tutto questo alla vigilia della “rivincita di Sofia”? Che Sinner è il grande favorito e se non vince vuol dire che è… peggiorato?
Viene spontaneo anticipare una domanda del genere nei giorni in cui leggiamo sui social le critiche feroci a Matteo Berrettini, successive alla sua non brillantissima prestazione all’Atp Masters 1000 di Parigi-Bercy, dove è stato eliminato dallo statunitense Marcos Giron, n. 91 del mondo.
L’azzurro, che aveva chiuso il 2019 al n. 8 del mondo, è attualmente n.10 e sarà “alternate” alle Atp Finals di Londra. A un suo post di Instagram in cui esprime un po’ di disappunto per come era andata a Parigi si appendono commenti dei soliti “leoni da tastiera” che arrivano persino a dargli del “bidone sopravvalutato”.
Condividendo in pieno lo spirito del motto di Berrettini che non perde mai (o vince o impara) l’appuntamento tra Sinner e De Minaur è l’occasione per anticipare un fenomeno di matrice calcistica (non tennistica) e che prescinde dalla conoscenza delle dinamiche fondamentali nella formazione di un campione: le grandi aspettative fuori dalla logica.
Ogni campione ha i suoi ritmi di crescita. E un certo tipo (e quantità) di esperienza è indispensabile per poter puntare in alto. Le accelerazioni impreviste dovrebbero essere salutate con gioia ma non dovrebbero implicare gli insulti alla prima pausa. O addirittura flessione. Sono momenti di passaggio fondamentali.
I “leoni da tastiera” sembrano essersi dimenticati, per esempio, il fatto che Berrettini aveva affrontato il 2018 da n.135 del mondo. E il 2019 da n.52. L’esplosione che lo ha visto n.8 del mondo alle ATP Finals 2019 non può non comportare fasi di assestamento. In questo difficilissimo 2020 Matteo ha raggiunto i quarti di finale agli Internazionali BNL d’Italia e gli ottavi agli Us Open. In tempi normali (diciamo i 35 anni precedenti alla semifinale di Cecchinato a Parigi del 2018?) due risultati così sarebbero bastati a definire come “ottima” la stagione di un azzurro.
Dunque che cosa ci dobbiamo aspettare dalla rivincita tra Sinner e De Minaur? Di poter dire che se Sinner perde è diventato un ‘bidone’? O che De Minaur è un bidone se perde di nuovo? In verità si tratta di un confronto interessantissimo tra due grandi protagonisti di oggi (e delle prossime stagioni) che si presentano profondamente diversi da quelli che erano 12 mesi fa a Milano.
Entrambi sono nettamente più forti, anche se la classifica dice che De Minaur è sceso da n.18 a n.25. Anche se nel 2019 si era aggiudicato 3 tornei e nel 2020 vanta solo una finale. L’australiano, dopo un’ottima Atp Cup in gennaio, ha dovuto recuperare da un serio infortunio. Ha raggiunto i suoi primi quarti Slam agli Us Open.
Il n.18 era il punto più alto raggiunto dall’esplosione di un tappo da champagne: rappresentava un picco, non un rendimento costante. Ora il velocissimo Alex, che la finale delle Next gen Atp Finals l’aveva già raggiunta nel 2018, battuto solo da Tsitsipas, è un 25 del mondo solidissimo, che non perde con quelli sotto di lui. Con i suoi baffetti appena accennati, ma subito coltivati, guarda solo verso l’alto.
Anche Sinner è tutt’altro giocatore. Ha perso la gioiosa ingenuità con cui sparava tutto e nella giornata di grazia ti spazzava via dal campo. Ha cambiato livello e ha cominciato a confrontarsi più frequentemente con quelli che non si possono spazzar via solo tirando mazzate: da Zverev a Khachanov, da Tsitsipas e Dimitrov a… Nadal.
Ora spara a tutto braccio solo quando serve farlo. Anche lui è decisamente più solido: non solo è n. 44 e ha messo anche lui nel carniere i primi quarti di finale Slam (al Roland Garros) ma dà l’idea che il livello consolidato sia ancora più alto. L’autorevolezza con cui ha chiuso in due set il match d’esordio a Sofia contro l’ostico ungherese Fucsovics e anche il secondo turno contro l’ancora poco noto ma talentoso mancino svizzero Huesler (ne sentiremo parlare ancora) fa pensare a qualcosa di molto vicino ai primi 20 del mondo.
Ecco che cosa è bello e interessante aspettarci dal secondo faccia a faccia tra Jannik e Alex: che ci dica chi tra i due è più pronto a entrare nel club dei 20 più forti del mondo per restarci e salire ancora, gradatamente. Chi perderà non sarà peggiorato né avrà deluso: avrà imparato ancora qualcosa. Il giorno dopo, quando tornerà in campo ad allenarsi, sarà più forte perché avrà capito meglio dove deve insistere per vincere la prossima volta. Questo è lo spirito del tennis. I perdenti sono solo quelli che non lo capiscono.