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A poco più di un anno dal titolo juniores all’Australian Open, Victoria Jimenez Kasintseva è pronta al salto fra le professioniste. Papà Joan (che è il suo coach) è stato il miglior tennista andorrano di sempre, ma non è mai andato oltre il numero 505 Atp. Lei ha i mezzi per fare molto di più, e diventare la sportiva simbolo di un intero Paese
24 febbraio 2021
Non tutte le tenniste sono uguali. C’è chi pensa solo a vincere e a far carriera, chi come Naomi Osaka – fresca di quarto titolo Slam – punta a ispirare nuove generazioni e sogna di affrontare un giorno un’avversaria cresciuta guardando le sue gesta, e chi invece gioca per dare dignità (tennistica) a un intero Paese. Come Victoria Jimenez Kasintseva, la baby prodigio del piccolissimo Principato di Andorra, che nel 2020 ha vinto l’Australian Open juniores a 14 anni, al debutto in uno Slam under 18 e da più giovane delle 64 del main draw. Un’impresa alla quale ha dato seguito nei mesi successivi salendo al numero uno del ranking giovanile Itf, mentre quest’anno tenterà di farsi strada fra le professioniste, per portare la bandiera di Andorra nel mappamondo della racchetta.
Una missione in parte riuscita in passato al papà-coach Joan Jimenez-Guerra, il miglior tennista mai espresso dal principato pirenaico incastonato fra Francia e Spagna. Aveva un buon potenziale ma era un po’ una testa calda e non è mai riuscito ad andare oltre il numero 505 Atp, nel ‘99.
Però qualcosa di buono l’ha fatto eccome, tanto da portare un paese da 85.000 abitanti e meno di 500 chilometri quadrati di superficie fino al Gruppo 2 di Coppa Davis. Per rendere l’idea, è esattamente come se le città di Como, Treviso o Brindisi si trovassero quest’anno a competere con la Svizzera, la Grecia di Tsitsipas, la Bulgaria di Dimitrov o quella Cina che vanta quasi 17 mila volte gli abitanti di Andorra.
Una piccola grande impresa che oggi Joan sogna di ripetere (al femminile) da coach della figlia, nata dal matrimonio con la russa Yulia Kasintseva.
Papà e mamma si sono conosciuti a Barcellona, dove lei studiava economia e lui si allenava sotto la guida di Jordi Arrese, argento alle Olimpiadi del ’92, e molto presto Joan ha messo la racchetta in mano alla figlia.
La curiosità è che Victoria il primo approccio col tennis l’ha avuto negli Stati Uniti, precisamente in Kentucky, dove papà insegnava e la famiglia ha vissuto per tre anni, prima di trasferirsi in pianta stabile a Barcellona. Lì è iniziata la vera formazione della mancina nata un giorno dopo Roger Federer, ma 24 anni più tardi, e da tempo fra le predestinate del tennis mondiale.
Chi segue il tennis giovanile il suo nome lo conosce almeno dal 2018, da quando a Parigi ha vinto il Longines Future Tennis Aces (una sorta di Roland Garros giovanile, giocato ai piedi della Tour Eiffel) e come premio ha avuto un doppio in coppia con Andre Agassi, con Steffi Graf dall’altra parte della rete. Ma c’è chi ha scelto di puntare su di lei ancora prima, come la società di management fondata da Alex Corretja e dall’ex arbitro ATP Enric Molina, che oggi è il suo agente.
Di prove delle qualità della giovane andorrana ne sono arrivate numerose e sparse in tutte le categorie, fino al boom di tredici mesi fa a Melbourne, dove ha messo tutte in fila rimontando un set di svantaggio per quattro volte in sei partite. Un dato che dice molto sulle sue qualità, e su un caratterino niente male che a volte può diventare un handicap, ma più spesso la spinge invece a tirare fuori il cento per cento pur di vincere una partita.
Proprio il successo dello scorso anno fra le juniores le è valso una wild card per le qualificazioni dell’Australian Open vero e proprio, disputate a gennaio a Dubai. Ha perso al primo turno contro la turca Cagla Buyukakcay, ma ha giocato un buon match e ha potuto comunque testare quell’ambiente che ha tutta l’aria di diventare il suo domani, e in un futuro nemmeno così lontano. Per agguantarlo deve mettere su muscoli e dare ordine a un tennis ancora figlio dei suoi 15 anni, con tutti i pro e i contro del caso.
Papà Joan, che gestisce una piccola accademia a cinquanta metri (letteralmente) dal mare di Barcellona, nel lavoro con la figlia si avvale anche della consulenza di Jordi Arrese, e ha capito in fretta di avere in casa un piccolo gioiello.
Ma il bello viene ora, perché i risultati da juniores valgono fino a una certa età, il tennis dei grandi è un altro mondo e bisogna saperci stare. Victoria l’ha assaggiato nel 2020 giocando i primi tornei Itf, con una semifinale in Spagna come miglior risultato, e da numero 1.001 della classifica Wta proverà quest’anno ad andare sempre più su. A nemmeno 16 anni ha tutto il tempo che desidera, per costruirsi una carriera importante e provare a diventare la sportiva simbolo del suo Paese.
“Andorra – ha detto – è un posto fantastico, e sono orgogliosa di rappresentarlo. Sono la prima tennista andorrana: mi piacerebbe incoraggiare i miei connazionali a lottare per farcela”. Con un solo campo coperto nell’intero paese non sarà un compito facile, ma proprio per questo è ancora più affascinante. Come il sogno di dare al Principato una nazionale per la Billie Jean King Cup (ex Fed Cup): non l’hanno mai avuta, ma non avevano nemmeno mai trovato una giocatrice capace di trascinarla in alto. Victoria può diventarlo.
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