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Il mancino di Latina continua il recupero dopo un periodo di difficoltà legato agli infortuni. La ripresa non è semplice ma il suo allenatore storico spiega perché Giulio potrà continuare a restare nel gruppo dei giovani italiani in grado di produrre risultati importanti nei prossimi anni
20 febbraio 2022
Mancino, grintoso, consapevole. Giulio Zeppieri è uno dei talenti più puri del tennis italiano. Nato a Roma ma cresciuto a Latina, è ora numero 244 del mondo e ha spento a dicembre venti candeline. Servizio e rovescio sono i suoi colpi forti, e anche il carattere è quello giusto.
Ad agosto dello scorso anno ha vinto a Barletta il suo primo titolo Challenger, qualche mese dopo aver rischiato di sorprendere Aljaz Bedene nell’Atp 250 di Cagliari, prima che qualche problema fisico di troppo ne interrompesse l’ascesa. Dal 2010 la sua guida sul terreno di gioco, e non solo, è Piero Melaranci.
Conosce Giulio da quando era poco più di un bambino. Che ricordi ha di quegli anni?
“La Capanno Tennis Academy è sempre stato abituata a fare attività di promozione nelle scuole. Nel 2007 Giulio aveva 6 anni, giocava prevalentemente a calcio, ma è bastato un attimo a farlo innamorare di questo sport. Come accade spesso a quell’età ha seguito una trafila che è iniziata con la SAT, dimostrando presto di avere qualcosa in più rispetto ai suoi coetanei. Per un breve periodo ci siamo occupati “a parte” di lui e in un amen abbiamo iniziato a girare l’Europa".
"Ho scelto di fargli fare subito le prime esperienze lontano da casa al fine di farlo abituare a un certo tipo di vita e credo che questo, nel tempo, gli sia stato di grande aiuto. Ricordo che da under 16 vinse ben cinque tornei consecutivi e fu allora che decidemmo di passare under 18 e di confrontarci con realtà delicate come quella degli Slam juniores. Ha raggiunto la posizione numero 12 quando lo sbarco nei professionisti era ormai lì ad un passo”.
Piero Melaranci, coach di Giulio Zeppieri, con Filippo Volandri eTathiana Garbin
Ha vissuto accanto a lui una fase delicata come quella dell’adolescenza. Come è riuscito a gestire la situazione?
“Quella è stata forse la parte più affascinante, al momento, del mio lavoro. L’ho visto crescere davvero, trasformandosi da bambino a ragazzo, e ora in un uomo. Il rapporto, inevitabilmente, è cambiato perché doveva cambiare. Siamo passati dal ‘Fai così perché te lo dico io’ alle scelte condivise e alle discussioni mature tra adulti. Lui ha fatto molti passi verso di me e io sono stato bravo a trovare un nuovo modo di pormi e di vedere le cose. Ci siamo incastrati, come si dice. Oggi viviamo l’ennesimo dei nostri step, delle nostre diverse fasi di evoluzione. Sapersi adattare è tutto per chi fa questo mestiere”.
Quando siete fuori dal campo continuate a parlare di tennis o riuscite a staccare?
“Fortunatamente parliamo di tutto. Il tennis è al centro della nostra quotidianità, come è facile immaginare, ed è normale che spesso le questioni ‘calde’ partano da lì. La vita, allo stesso tempo, è fatta di tante altre cose ed è bello riuscire a spaziare a 360 gradi”.
Giulio è stato fermo diversi mesi per problemi fisici. Come si sente ora?
“La frattura del malleolo a Napoli, all’inizio di ottobre, è stata dura da digerire. È riuscito a recuperare bene senza però poter svolgere la preparazione invernale come avrebbe voluto. In un paio di circostanze è stato costretto a rallentare: prima per il mal di schiena, poi per il riacutizzarsi di un’infiammazione al ginocchio che lo perseguita già dallo scorso anno".
"Dal punto di vista psicologico era fondamentale tornare a giocare anche se non al 100% della condizione, lo smalto giusto arriverà con il tempo. Abbiamo scelto di ripartire dal torneo Challenger di Forlì, dove un pizzico di fortuna nel sorteggio (Giulio ha affrontato al primo turno il francese Gregoire Barrere, ex numero 80 del mondo, ndr) non avrebbe di certo dato fastidio. Respirare di nuovo l’aria della competizione è stato il primo passo verso la normalità, ora dobbiamo continuare a lavorare”.
Facciamo un salto indietro. La vittoria del Challenger di Barletta, ad agosto dello scorso anno, ha fatto scattare qualcosa?
“Vincere fa sempre piacere, ma l’obiettivo resta quello di migliorarsi a tutto tondo. Senza dubbio è stata una settimana importante, soprattutto dal punto di vista della fiducia e del rafforzamento dell’autostima. Giulio stava già facendo bene, serviva una ciliegina sulla torta della continuità”.
Il diritto mancino di Giulio Zeppieri (foto Sposito)
Il momento d’oro del tennis italiano che spiegazione ha?
“L’approccio al tennis negli ultimi anni è cambiato. Tanti anni fa ricordo che nell’accompagnare i ragazzi a giocare i tornei incontravo solamente Massimo Sartori. Oggi c’è più movimento, forse si gioca anche troppo, ma allo stesso tempo gli spunti di crescita sono aumentati a dismisura. Molti meriti sono anche della Federazione, che è stata brava a trovare la giusta sinergia con i team privati. Da Berrettini a Sinner, fino a Musetti, Nardi e allo stesso Giulio: presente e futuro sembrano davvero radiosi”.
Programmazione e obiettivi della stagione.
“Ora altri due tornei sul veloce, Forlì e Torino, quindi ci attendono alcuni appuntamenti sulla terra. Soltanto allora faremo il punto della situazione e capiremo dove ci troviamo. La classifica? Quella viene da sé, l’obiettivo principale è trovare continuità dal punto di vista fisico”.