Chiudi
Al secondo Challenger in carriera, il romano si prende i quarti di finale con lo scalpo di Martin Landaluce, grande speranza della Spagna. Si allenavano insieme da Nadal, poi Jacopo ha scelto di tornare dal suo storico maestro per (ri)trovare un progetto costruito su di lui. L’avvio fra i grandi è entusiasmante: “Felice di aver iniziato coi Challenger solo quando mi sono sentito pronto”
10 aprile 2025
La carta d’identità dice che è nato ad Avezzano, in Abruzzo. Ma nel tennis, da sempre, Jacopo Vasamì (con l’accento, che talvolta sfugge ma c’è) è considerato romano. “Sono nato lì perché mia madre è abruzzese – precisa lui – ma fin dalla piccolissima età ho sempre vissuto a Roma”. Un primo dettaglio utile per iniziare a scoprire qualcosa in più sul nuovo enfant prodige del tennis italiano, che a 17 anni ha raggiunto da poco la top-10 del ranking mondiale under 18 e all’Atkinsons Monza Open 25 ha conquistato i primi quarti di finale a livello ATP Challenger, facendo fuori in due set la promessa spagnola Martin Landaluce, col quale si allenava alla Rafa Nadal Academy. L’azzurro aveva sfiorato il primo successo la scorsa settimana a Barletta – con match-point mancato all’esordio nel main draw – e l’ha raccolto in Lombardia, in un torneo che aspettava a braccia aperte il suo coetaneo Federico Cinà e invece ha trovato lui: mancino dal gran servizio, determinato e con le idee chiarissime su un percorso nel quale la priorità è non bruciare le tappe.
“Avere già la possibilità di fare esperienza a livello Challenger mi può aiutare tanto – spiega –, ma quest’anno il focus rimane sull’attività juniores. Giocherò i quattro tornei del Grande Slam, tutti con almeno un appuntamento in preparazione. Quindi per Parigi sarà il Trofeo Bonfiglio di Milano, al quale non vedo l’ora di partecipare sia per il prestigio dell’evento sia per la possibilità di giocare in Italia; per Wimbledon l’evento di Roehampton e così via. Poi vedremo come sarò messo in classifica”.
Una decisione, quella di stare fra i baby quando è già competitivo anche fra i grandi, che a un occhio poco attento può sembrare un po’ troppo conservativa. Invece, in questo caso è persino lungimirante. “Vorrei chiudere l’anno fra i primi 10 del ranking, il che, grazie al programma ITF, il prossimo anno mi garantirebbe la possibilità di giocare una decina di Challenger partendo direttamente dal main draw”.
Detto del mirino fissato sui tornei juniores, il suo approccio al mondo dei “pro” non può essere ignorato: nel 2024, al primo torneo fra i grandi, ha ottenuto il primo punto per il ranking ATP. Mentre al secondo Challenger – e sesto torneo professionistico in assoluto – si è preso a Monza la prima vittoria, battendo comodamente il britannico Jubb. Un rendimento che ha stupito tanti, ma non il diretto interessato.
“Sono molto contento di quanto ottenuto – dice –, ma non così sorpreso. È vero che si tratta delle mie primissime esperienze in un mondo diverso, frequentato da tanti giocatori di alto livello, ma pensavo di poter essere subito competitivo. Semplicemente, non ho voluto andare di fretta. Ho preferito partire coi tornei pro a fine 2024 giocando un paio di eventi da 15.000 dollari, poi ho iniziato il 2025 con tanti tornei juniores e visto che è andata bene mi sono sentito nelle condizioni per tentare il salto nei Challenger. Per me era importante arrivarci solamente quando mi sentivo pronto, e sono contento di aver fatto la scelta giusta. Come detto, gli obiettivi principali rimangono legati all’attività juniores, ma mi piacerebbe continuare a ottenere buoni risultati anche a livello pro, in quanto alternerò molto l’attività. Vorrei giocare sempre più spesso eventi di livello Challenger e migliorare la mia classifica”.
Nel frattempo, con gli ottavi a Monza entrerà fra i primi 1.000: poco per soddisfare certe ambizioni, ma comunque un buon punto di partenza in un percorso sin qui molto veloce. “Non mi stupisco – dice ancora – perché so di aver lavorato molto bene durante la preparazione invernale e sto continuando a farlo. Tutto il mio team sta mettendo grande impegno e mi aiuta a vivere la situazione con serenità. Sono tranquillo, contento di ottenere risultati e felice di vedere che tutto sta proseguendo al meglio”.
Fra le scelte che hanno segnato il recente passato di Jacopo, c’è stata quella di lasciare la Rafa Nadal Academy di Manacor, casa del suo mito dove si era trasferito nel 2020 a 12 anni (accompagnato da mamma Concetta) per inseguire il sogno di diventare un giocatore di tennis. Completato il percorso di studi che gli ha permesso di ottenere il diploma americano nella Rafa Nadal International School, ha scelto di rientrare a Roma – precisamente al Club Nomentano – per tornare ad allenarsi con Fabrizio Zeppieri, il suo storico maestro.
“La ragione principale – dice ancora – è stata la volontà di trovare un progetto che fosse costruito maggiormente su misura per me, cosa che naturalmente è complessa da trovare in una accademia. Quindi, ho detto a Fabrizio che una volta terminato il percorso scolastico, per me molto importante, sarei tornato da lui. Così ho fatto e oggi, con Zeppieri e il mio preparatore fisico Alessandro Cesario, lavoriamo con un progetto ad personam, esattamente ciò che cercavo”.
Per il momento gli studi sono stati messi in standby (“contento di essermi diplomato, ma ora mi concentro sul tennis”) e al centro di tutto c’è la racchetta, con l’accoppiata servizio-diritto che va fortissimo e il rovescio che funziona ugualmente bene, anche se – dice lui – è il colpo sul quale deve lavorare di più. Il tutto, per fortuna, lontano da grandi attenzioni: nemmeno troppi anni fa un diciassettenne azzurro capace di vincere una partita a livello Challenger sarebbe stato accolto come una sorta di messia, mentre oggi la fame degli appassionati è così sazia che pure traguardi di grande rilievo passano quasi sottotraccia.
“La mia annata 2007 – dice ancora Vasamì – è ricca di giocatori molto forti e questo mi motiva a migliorarmi sempre di più. Non avere troppe attenzioni aiuta a rimanere focalizzati sulla cosa più importante, cioè quello che succede in campo. In generale, però, io sono molto concentrato sul mio percorso, non bado molto al resto”. Parole supportate dai fatti: sembra un ragazzo tranquillo, pacato, senza grilli per la testa. Gioca, lotta, si diverte. Quando vince è felice, quando perde sa che fa parte del percorso. L’approccio ideale, dicono, per arrivare in alto.
Non ci sono commenti