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“Ole Delpo, che bello rivederti”: fiumi di lacrime a Buenos Aires

Il 33enne fuoriclasse di Tandil torna in campo nel torneo di casa per un’ultima apparizione: battuto dall’amico e compagno di squadra Delbonis non riesce a trattenere le lacrime. E con lui tanti appassionati di tennis in tutto il mondo

di | 09 febbraio 2022

E’ finita 6-1 6-3, in un’ora e 23 minuti, l’ultima partita di tennis di Juan Martin del Potro a Buenos Aires. L’ultima partita che a tutti i costi ha voluto giocare, davanti ai suoi tifosi, a sua mamma (per la prima volta a seguirlo dal vivo), a Gabriela Sabatini, nello stadio intitolato a Guillermo Vilas, stracolmo.

E’ l’ultima perché a vincerla è stato Federico Delbonis, suo connazionale, compagno di squadra e amico. E’ l’ultima perché il ginocchio incerottato non ce la fa più nonostante la lunga serie di operazioni

Tante lacrime: sue sul campo, durante l’incontro (quando va a servire per il suo ultimo game sul 3-5 nel secondo set) e nel saluto finale al microfono, e della sua gente che non si capacità di non poterlo vedere più sul campo.

Lui che è l’ultimo tennista 'albiceste' ad aver vinto uno Slam (nel 2009 agli Us Open), quello capace di portare in Argentina la prima e unica Coppa Davis, in quello stesso 2016 in cui conquistò uno straordinario argento olimpico a Sydney superato solo da Andy Murray, in quella stagione praticamente imbattibile.

Sembra impossibile che debba dire addio alla racchetta a soli 33 anni quando i suoi rivali storici sono tutti decisamente più anziani, dai 40 anni di Federer ai 35 di Nadal, ai 34 di Djokovic e dello stesso Murray. Nell’agosto del 2018 era n.3 del mondo, oggi è 753. In mezzo una via crucis che nemmeno la sua indimenticabile gran botta di diritto è riuscita a spezzare.

Un campione taciturno che ha saputo farsi amare in tutto il mondo, anche e soprattutto nel nostro Paese, dove si fece conoscere già a livello giovanile, vincendo il classico torneo Under 18 di Salsomaggiore.

Mostrò al mondo come era possibile risolvere il rompicapo Nadal, annichilendo lo spagnolo proprio in quegli Us Open 2009 (poi vinti superando Federer in finale): la sfida in semifinale fu un 6-2 6-2 6-2 che illustrò a tutti come si poteva disinnescare il grande diritto arrotato di Rafa, tirandogli missili “dritti per dritti” proprio in quell’angolo sinistro del campo da cui il colpo originava.

E “Delpo” ci riusciva con facilità disarmante utilizzando il proprio rovescio bimane, allora non meno devastante del diritto. La palla, all’impatto, faceva il rumore di uno smash, tanto era potente. Senza di lui l’enigma Nadal è rimasto tale anche per la successiva generazione di talenti (vedi gli ultimi Australian Open).

Nessuno potrà mai sapere che cosa sarebbe successo nel decennio dominato dai “Fab Four” se la possente ma delicata macchina da tennis di Juan Martin del Potro non si fosse a un certo punto inceppata, poi danneggiata per sempre. Di certo chi l’ha visto in azione non se lo scorda più.

E’ entrato in campo sulle note di “Que placer verte otra vez”, che bello rivederti un'altra volta, un pezzo rock del suo amico musicista Ciro. Non possiamo che unirci al coro. Quando è uscito si è tolto la fascia bianca dalla frote e l'ha lasciata appesa sul bianco nastro della rete. Un addio tra i più sofferti, dolorosi. Solo mamma Patricia ha tirato un sospiro di sollievo, pensando a quel figlio 

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