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Il campione svizzero batte Goffin in due set e raggiunge la doppia cifra nel torneo tedesco, dimostrando che sull'erba il tempo non passa mai. Berrettini ringrazia ed entra in top 20
di Alessandro Mastroluca | 13 luglio 2019
Volteggia a braccia larghe come se avesse vinto per la prima volta. E invece Roger Federer, alla finale numero 155, conquista il titolo numero 102 in carriera. Batte David Goffin 76 61 in un match che di fatto è esistito solo fino al tiebreak, e vince a Halle per la decima volta in carriera. Diventa il secondo nella storia del gioco, dopo Rafa Nadal, a raggiungere la doppia cifra per numero di successi in uno stesso torneo. È anche il più anziano campione nel circuito ATP dal 1977 quando un 43enne Ken Rosewall vinse a Hong Kong.
Federer ha perso sei punti con la prima, ha ottenuto più punti in percentuale anche con la seconda e chiuso con 23 vincenti a 17: quattro in più di dritto (9-5), due in più di rovescio (4-2). Goffin, zavorrato dal doppio dei gratuiti (29-14, 16-7 di dritto), non ha capitalizzato i 24 errori forzati di Federer, misura di una partita equilibrata, tirata almeno per un set.
Lo svizzero avvicina così i 109 titoli di Jimmy Connors, record che non gli toglierà il sonno ma ad ogni ulteriore passo non può che ingolosire ancor di più. Grazie a questo successo, Federer sarà testa di serie numero 2 a Wimbledon. Ringrazia anche Matteo Berrettini, decimo italiano a entrare tra i primi 20 del mondo.
Dopo l'anno scorso, ha detto Federer, “mi era rimasta una sensazione agrodolce. Non sapevo se avrei avuto un'altra occasione di giocare una finale qui, in un torneo che amo molto”. L'ha avuta, e l'ha sfruttata. Alla tredicesima finale, Federer ha centrato il successo numero 68 al Gerry Weber Stadion, dove gli hanno dedicato anche una strada all'esterno dell'impianto. Solo in cinque tornei ha vinto più partite: 97 all'Australian Open, 95 a Wimbledon, record nei due tornei, 85 allo Us Open, 71 a Basilea, 70 al Roland Garros.
Federer, che in semifinale ha eliminato Pierre-Hugues Herbert, miglior amico di Goffin e suo 337mo avvversario in carriera, imposta una partita sull'uno-due. Ma Goffin, sveltissimo di piedi, serve molto bene a uscire sia da destra sia da sinistra, come già si era visto contro Berrettini, risponde profondo, entra in campo e gli gioca sul dritto nei primi game. Gioca sempre in spinta il belga, che riesce a entrare con frequenza attraverso e sopra la palla. Federer, che invece spesso deve ripiegare e colpire da dietro, non comanda gli scambi, soprattutto quando non si appoggia alla prima. Goffin esplora gli angoli, paga un eccesso di ambizione in un quinto game in cui va 0-40 senza concretizzare il break, ma dimostra di avere le idee chiare.
“E' sempre speciale giocare contro Federer” diceva Goffin prima del match. “E' una partita completamente diversa da tutte le altre”. La gioca con l'obiettivo di replicare le strategie che gli hanno permesso di batterlo alle ATP Finals un anno e mezzo fa. Allora, Goffin aveva vinto in rimonta la semifinale facendo la differenza con la velocità in risposta contro la seconda, cresciuta dal primo al terzo set, con la spinta dal lato del rovescio e traiettorie via via più filanti, vicine al nastro.
Anche nel primo set a Halle, nella sua prima finale proprio dal 2017, Goffin costruisce il piano di gioco su colpi profondi e con pochissima rotazione. Il belga, sceso al numero 33 del mondo, la classifica più bassa dal 2014, ma sicuro di tornare in top 25 e dunque testa di serie a Wimbledon, è più sicuro sulla diagonale del rovescio. Si apre il campo, cambia in lungolinea, toglie a Federer il controllo con i primi colpi e lo chiama a cercare subito il vincente con il primo, al massimo il secondo, colpo dopo il servizio.
Alla seconda finale sull'erba dopo quella persa a 's-Hertogenbosch nel 2015, Goffin ottiene di più con la seconda nel primo set. Dopo la semifinale vinta contro Matteo Berrettini aveva sottolineato quanto il servizio l'abbia aiutato dall'inizio della settimana. “Mi sento bene, gioco più aggressivo, tocco bene la palla” ha detto.
Federer, che l'ha sconfitto già nel 2014 in finale a Basilea, l'unico torneo in cui è arrivato più volte a giocarsi il titolo, non ha nascosto di apprezzare il gioco di Goffin. “Mi piace, ha uno dei migliori rovesci del circuito” ha detto, “e poi in campo si muove benissimo. È stato impressionante qui contro Zverev”. Mentre Goffin riscopre qualità da erba, Federer perde continuità col dritto, lo gioca spesso in recupero, e con la prima. Si vede, però, che lo svizzero è da sempre l'idolo di Goffin. Si vede perché le dinamiche del match lo portano a forzare, a ridurre il margine di rischio nei punti importanti, sulle palle break o sul 4-4 15-30. Momenti in cui c'è da creare o concretizzare un vantaggio che è nel gioco ma non nel punteggio. In queste situazioni il giocatore più convinto non azzarda. L'eccesso di rischio è un segnale di insicurezza che si riaffaccia nell'ultimo game del primo set e nei primi punti di un tiebreak in cui solo il giocatore al servizio ha toccato la palla due volte negli scambi, che non hanno mai raggiunto i quattro colpi.
Federer, che dipinge un'illuminante demi-volée, vince il dodicesimo sui quindici giocati quest'anno, Goffin perde il settimo su dieci. E con due doppi falli si rovina il primo game del secondo e di fatto la finale.
Federer ha colpito tre volte su quattro il primo colpo dopo il servizio con i piedi dentro il campo. E nel secondo aumenta la scioltezza dell'esecuzione, la facilità del gesto, contro un Goffin evidentemente fermo al pensiero delle occasioni perse nel primo.
“Non credo che tornare a giocare sul rosso” ha detto ieri, “mi faccia sentire sull'erba particolarmente meglio dell'anno scorso. Il mio gioco è al livello che voglio. Probabilmente aver giocato sulla terra potrebbe essermi più di aiuto a Wimbledon, dove si possono vedere dei veri scambi da fondo”.
Intanto, in una settimana che ha premiato gli over 30, in cui il nuovo è avanzato ma non ancora abbastanza da spostare le gerarchie, Federer ha costruito un ulteriore pezzo di storia. Il genio del tennis, per citare il titolo della documentatissima biografia firmata René Stauffer, non ha ancora smesso di inventare magie. E di inseguire il suo tennis perfetto.
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