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Hanno vinto 11 Slam, ma l'apice della carriera di Mark Woodforde e Todd Woodbridge - a detta degli stessi interessati - resta la medaglia più preziosa vinta alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Ecco la loro storia...
di Lorenzo Andreoli | 19 marzo 2020
“Conoscevo il primo verso di 'Advance Australia Fair' ma non il secondo, per Todd era il contrario”. Sorride Mark Woodforde pensando all’Oro conquistato ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996. “Eravamo d’accordo che, se avessimo vinto, avrei intonato le prime note dell’inno lasciando proseguire lui. Ci siamo sempre aiutati, in campo e nella vita”. Il momento vissuto sul podio della XXVI Olimpiade racconta alla perfezione chi erano i “Woodies”, i signori australiani del doppio.
Oltre i 61 titoli conquistati, di cui 11 Slam, per una meravigliosa storia vissuta in simbiosi. Lo sport nella sua essenza più pura, quella in grado di mettere due anime in contatto e legarle in modo indissolubile. Due anime che da quella calda giornata allo Stone Mountain Tennis Centere di Atlanta non hanno più smesso di vibrare.
GUARDA LA CARRIERA DEI WOODIES IN IMMAGINI
Un tabellone, suddiviso in parte alta e parte bassa. Teste di serie che cadono, sorprese e conferme. Gli spalti pieni, la finalissima. La gioia incontenibile della vittoria. Se ci fermassimo in superficie faremmo fatica a cogliere la magia del tennis ai Giochi Olimpici. Nossignore, non è e non sarà mai un torneo qualsiasi. Un tennista professionista è anzitutto un atleta. E nel cuore di un atleta i cinque cerchi avranno sempre un posto speciale.
Mark Woodforde, uno dei due protagonisti di questa fantastica storia, è fermamente convinto che Atlanta ’96 sia stato l’apice della sua straordinaria carriera. Aveva 25 anni e un Major da parte (US Open 1989, in coppia con John McEnroe) quando scese in campo per la prima volta con Todd Woodbridge (l’altro protagonista) a New Haven: fiasco totale. “Fu così che cominciò il nostro viaggio – ricorda Mark – con me a destra e Todd, destrorso, a sinistra. Un disastro dal quale potevamo soltanto riprenderci e lo facemmo subito, spinti da coach Ray Ruffles, cambiando posizione. In quel momento nacquero i Woodies”.