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Alcaraz storico: vince gli Us Open e diventa il più giovane n.1 di sempre

Lo spagnolo conquistando il suo primo Slam a 19 anni 4 mesi e 6 giorni sale anche in vetta alla classifica. Battuto in finale un coriaceo Casper Ruud, che sale al n.2 del ranking

di | 12 settembre 2022

Carlos Alcaraz e Casper Ruud, con John McEnroe alla premiazione degli Us Open 2022 (Foto Getty Images)

Carlos Alcaraz e Casper Ruud, con John McEnroe alla premiazione degli Us Open 2022 (Foto Getty Images)

Tutto in una notte a New York: il primo titolo del Grande Slam e il trono di n.1 del mondo, il più giovane di sempre, da quando esiste il ranking computerizzato (1973). Sembra un film ma è tutto vero. Carlos Alcaraz a 19 anni, 4 mesi e 6 giorni conquista il suo primo major agli Us Open (in questo caso non è il più giovane perché Pete Sampras ci riuscì nel 1990 quando aveva 19 anni e 28 giorni) battendo Casper Ruud in quattro set: 6-4 2-6 7-6 (1) 6-3. La classifica del 12 settembre 2022 lo collocherà al primo posto (Ruud al secondo) cancellando il record dell’australiano Lleyton Hewitt che raggiunse il medesimo traguardo nel il 19 novembre 2001 quando aveva 20 anni, 8 mesi e 23 giorni.

E’ la consacrazione della giovanissima superstar che mercoledì scorso aveva dovuto salvare un match point nei quarti di finale contro il nostro Jannik Sinner. Era la sua nona partecipazione a tornei del Grande Slam: va a riempire nel cuore dei tifosi spagnoli il vuoto lasciato dalla sconfitta di Rafael Nadal contro lo statunitense Tiafoe e promette di cogliere in futuro parecchi altri titoli importanti. Rafa aveva fatto il suo primo centro al sesto tentativo Slam; Djokovic aveva dovuto aspettare il dodicesimo.

Alcaraz va velocissimo ma può anche non avere fretta. E’ sulla vetta del mondo prima di chiunque altro nella storia. E non avrà nemmeno troppo tempo per riposare: da domani sarà a Valencia per trascinare la Spagna alle Davis Cup Finals di Valencia.

Casper Rudd non ha comunque demeritato: anzi. Ha avuto le sue chance, due set point nel terzo set che potevano far svoltare il match in un'altra direzione, dopo che aveva riequilibrato la partita nel secondo.

La sua marcia nel torneo, la seconda finale Slam stagionale giustificano appieno la sua seconda posizione mondiale. E fanno rileggere anche la sconfitta di Matteo Berrettini nei quarti di finale: non sarà stata una grande giornata del romano ma dall’altra parte della rete c’era uno dei grandi protagonisti della stagione.

La partita che pareva non esserci

Dopo un set la finale degli Us Open 2022 tra Carlos Alcaraz e Casper Ruud pareva una non-partita.

Il 19ebbe spagnolo dominava in lungo e in largo un avversario che aveva battuto agevolmente in entrambi i precedenti, l’ultimo dei quali risalente alla finale del torneo di Miami di quest’anno. Comandava gli scambi, era sempre una frazione di secondo in anticipo sulla palla rispetto al norvegese. Gli era bastato un break per chiudere 6-4 in 49 minuti.

Più che un match sembrava tiro al bersaglio, con Alcaraz che sparava a braccio sciolto e libero e Ruud che rincorreva affannato. Servizi vincenti e discese a rete aggiungevano differenza a quelle che c’era sulla diagonale del rovescio dove Ruud perdeva campo e lo spalancava al pimpante allievo di Juan Carlos Ferrero.

Quaranta minuti dopo la vicenda era tutt’altra con Casper Rudd che aveva conservato, gelosamente e faticosamente, i suoi primi tre turni di battuta e sul 3-2 piazzava l’affondo di un game alla risposta più aggressivo, approfittava di qualche incertezza di Alcaraz, del suo troppo insistere nel giocare smorzatine e si procurava un break che lo mandava a condurre 4-2. Contemporaneamente insinuava qualche dubbio nella sfrontatezza adolescenziale del rivale. Comandava a quel punto Ruud mentre Alcaraz si confondeva tra rischi inutili e doppi falli. Dopo un’ora e 29 minuti la sfida ritrovava un equilibrio con il 6-2 a favore norvegese.

In avvio di terza partita però Ruud, che serviva per primo avendo ottenuto un secondo break per chiudere il set precedente, continuava ad attaccare ma rischiando anche troppo. Tre errori consecutivi regalavano allo spagnolo, l’occasione per partire con un break di vantaggio e ritrovare parte della tranquillità mostrata in avvio. Sul 2-0 Alcaraz sembrava di nuovo aver in mano le redini del match ma Ruud continuava a giocare “punto a punto”, salvava altre palle break e invece di crollare 0-3, risaliva e ribaltava di nuovo l’inerzia.

La battaglia del terzo set

Rimonta e sorpassa, Casper Ruud: 3-2 Norvegia. La non-partita è diventata una battaglia degna della posta in palio: titolo Slam (il primo per entrambi) e prima posizione mondiale. Allo scoccare delle 2 ore di gioco tra Alcaraz e Ruud l’equilibrio è perfetto: 6-4 2-6 3-3.

Lo scambio più lungo, 17 colpi arriva sul 4-4 30-30: lo vince Ruud, che però poi sbaglia un diritto a 200 all’ora. Alcaraz però si incaponisce a rischiare la smorzata e sbaglia ancora: quando Rudd sale 5-4 lo spagnolo ne ha giocate 11 raccogliendo solo 3 punti.

Ruud piazza il primo ace sul 5-5: a quel punto Alcaraz ne ha già messi a segno cinque ma deve difendere il servizio se vuole approdare al tie-break.

Il diritto lungolinea che Ruud spara da lontanissimo per conquistarsi un primo set point sembra venir fuori da un’altra dimensione. La risposta incrociata che vale il secondo è ancora più impressionante. Alcaraz li annulla entrambi proiettandosi a rete, all’attacco. Alla fine vince lui il game più lungo (oltre 10 minuti) ed emozionante e la vicenda della terza partita si prolunga al tie-break.

Ruud stecca due rovesci consecutivi e spara un diritto lunghissimo: lo spagnolo aggredisce e sale 5-1. Dopo il cambio di campo chiude 7-1. E in un certo senso la partita finisce lì.

Il finale della finale

Ruud, va riconosciuto, non molla e resta attaccato alla partita anche se Alcaraz, sul 2-2, piazza 3 ace in un solo game. La sua palla diventa però meno profonda e lo spagnolo incide, pesante, anche con il rovescio lungolinea. C’è un primo strappo, il break che porta Alcaraz a servire sul 4-2, ottenuto anche grazie a uno splendido pallonetto in corsa sul 30-30. E’ quello decisivo. Alcaraz può andare a servire sul 5-3 e dopo 3 ore e 20 minuti può sdraiarsi sull’hardcourt dello stadio Arthur Ashe: ha piazzato il 14° ace, quello definitivo. E festeggiare con le lacrime agli occhi.

“Ho sognato di vincere uno Slam e di diventare n.1 al mondo da quando ero bambino. Ho lavorato tanto e mi hanno aiutato tanto il mio team e i miei genitori – dice piangendo -  Alla fine ho pensato a mia mamma e mio nonno che non hanno potuto essere qui a vedere la partita. In tanti sono venuti anche dalla Spagna per fare il tifo per me. Il pubblico che ho trovato a New York mi ha sempre aiutato: è quello con cui mi sono sempre sentito più in sintonia”.

Riceve un assegno da 2 milioni e 600mila dollari e la coppa dalle mani di John McEnroe. Non dimenticherà mai questa prima volta. E quella sfida dei quarti di finale da 5 ore e 14 minuti contro Jannik Sinner, quando ha dovuto sopravvivere a un match-point per arrivare oggi a riscrivere la storia.

I cinque numeri uno più giovani

da quando esiste il ranking computerizzato (1973)

Carlos Alcaraz (Spa) a 19 anni, 4 mesi e 6 giorni il 12 settembre 2022

Lleyton Hewitt (Aus) a 20 anni, 8 mesi e 23 giorni  il 19/11/2001

Marat Safin (Rus) 20 anni, 9 mesi e 24 giorni il 20 novembre 2000

John McEnroe (Usa) 21 anni e 15 giorni il 3 marzo 1989

Andy Roddick (Usa) 21 anni, 2 mesi e 4 giorni il 3 novembre 2003

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