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Eventi internazionali

“Berrettini, adesso “Scialla”… Take it easy, rilassati. Ascolta Santopadre!

Analizziamo col coach storico i problemi fisici del romano da due anni fra i “top ten” e storico primo finalista italiano a Wimbledon

di | 25 dicembre 2021

Delizia e condanna. Possono proprio le qualità diventare fonte dei problemi? Prendiamo Matteo Berrettini, 196 centimetri di potenza, servizio e dritto devastanti, capacità di pensiero e di analisi, estrema determinazione: è possibile che le sue qualità determinino rigidità e infortuni? Dopo il drammatico stop delle ATP Finals di Torino, Vincenzo Santopadre, l’allenatore-mentore del numero 7 del mondo, primo finalista italiano a Wimbledon ha voluto ulteriormente approfondire le caratteristiche con mille test fisico-attitudinali. 

Che responso ne ha ricavato?
“Niente di particolare, niente di davvero preciso che ci tolga tutti i dubbi: ha avuto tanti problemi che possono capitare a tanti altri che svolgono un’attività come la sua. Perciò, sulla base della storicità di questi problemi, Matteo e noi dello staff ci stiamo attenti, e preveniamo i problemi dalle ginocchia in giù, come i problemi agli addominali e come le distorsioni alle caviglie alle quali è andato incontro, per evitare il più possibile che da qui alla fine della carriera incorra in problematiche analoghe”. 

Non esiste quindi un filo conduttore dei frequenti infortuni muscolari di Matteo.
“L’unico elemento sicuro è che molte problematiche nascono dal motore pesante: la struttura fisica è molto importante, la stazza è quella, parliamo di un atleta di 97 chili. Ma, come lui, in Australia anche altri hanno avuto problemi agli addominali: proprio interpellando altri team ed esperti, siamo arrivati alla conclusione che le due settimane di quarantena durante le quali Matteo e i colleghi si sono allenati ma sono stati per esempio molto sdraiati e seduti, hanno perso fisicità particolarmente in quei muscoli. Ricavandone un problema comune l momento in cui, subito dopo, li hanno dovuti sollecitare tanto e spesso come prima dello stop”.

Berrettini 2021, un anno di emozioni forti

Non è che Matteo tira troppo il collo in allenamento?
“Dobbiamo essere più bravi e attenti noi dello staff a dosare bene i tempi e i carichi di allenamento, e a gestirlo. Perché lui, che è particolarmente disposto al lavoro, tende a fare sempre tantissimo e a non fermarsi. Quest’anno è stato anche fortunato perché ha giocato meno tornei ma con tante partite in poco tempo, andando quasi sempre fino in fondo”.

Non è possibile che siano proprio i colpi forti di Matteo, servizio e dritto, così anomali, a dargli problemi?
“I test non hanno evidenziato alcun riscontro in questo senso, continueremo a monitorizzare la situazione in tutti gli aspetti, ma pensiamo piuttosto che ora che non vive più con angoscia il ruolo di “top ten”, ora che è stabilmente fra i primi, con un gioco e un rendimento costanti, Matteo debba essere più rilassato a livello muscolare, abbia meno tensioni. Perché, come si è visto dopo l’infortunio di Torino, il problema era inferiore come l’ha avvertito lui, probabilmente perché si è sovraffaticato di tensione per quanto sentisse la prova e vivesse fortissime emozioni, davanti pubblico italiano. L’esperienza l’aiuterà a gestire sempre meglio queste situazioni e quindi ad ammorbidire, rilassare”.

Magari tutte queste estensioni così rapide e violente sono un boomerang.
“E se invece nascesse dal rovescio? Lo tira in modo più comune, non è così esplosivo come servizio e dritto, ma magari rimane un po’ duro nel tronco, magari è più obliquo col corpo. E, indolenzimento su indolenzimento, alternando a quegli strappi e a quella spinta degli altri colpi, questo magari crea scompensi sul muscolo. Chissà! Ci stiamo attentissimi. Ormai da svariati anni quando faccio i report sulle priorità dell’anno che arriva metto sempre la prevenzione al primo posto perché la carriera dipende proprio dallo stato di salute”. 

Come dosare quantità e qualità in un atleta così forte e insieme delicato?
“Abbiamo un preparatore atletico bravissimo e attentissimo come Roberto Squadrone, ha seguito la Testud e la Vinci, poi me e Pescosolido, è consulente del Coni per la preparazione olimpica e cura la prevenzione in modo molto precisa. Quando ho allenato per un po’ Nastassja Burnett e in un anno e mezzo l’ho portato dal numero 400 al 150 del mondo era stato fondamentale proprio   allenarla il giusto per permetterle una continuità di partite. Perché quando ti fai male, perdi l’allenamento, ma anche la fiducia, devi ricominciare. E lei, con quel fisico, tendeva invece a fare di più, voleva fare di più, e in precedenza si era fatta male spesso”.

Anche Berrettini, così razionale, rischia di strafare?
“Da una parte ha una bellissima qualità: la sua positività, il suo impegno, la sua ricerca di diventare bravo. Ma, alla romana, gli diciamo: “Scialla!”. Magari qualche volta meno pensiero e più azione, più istinto animalesco. Col preparate mentale, Stefano Massari, ne abbiamo parlato più volte: da animale razionale è sempre stato portato a riflettere, a dedicarsi, a essere consapevole di tante cose, a essere sensibile a tante variabili. Bene, è il momento di essere più leggero”.

Così capace di giocare bene i punti importanti, così alto e possente nell’uno-due servizio-dritto, Matteo somiglia molto a Juan Martin Del Potro. Come lui frammenta tanto i colpi.
“Tutti i lungagnoni fra un colpo e l’altro sono un po’ più flemmatici, personalmente mi sembra che questi segmenti del gioco siano più evidenti dopo la risposta che dopo il servizio”.

Matteo, prima di diventare Berrettini

Per il 2022 cambia qualcosa nello staffo nella programmazione?
“Lo staff resta quello, come programmazione, farà quello che avrebbe dovuto fare nel 2020: giocherà Rio ed Acapulco in Sud America, una nuova esperienza che non ha ancora fatto anche se non è giovanissimo come età”.

Altra stranezza: Berrettini è più forte su terra ed erba, due superfici all’antitesi.
“Sulla terra c’è nato, ma sin da ragazzo l’ho impostato per giocare su tutte le superfici, in tutte le situazioni, ricordo perfettamente la partita del 1918 sull’erba di Halle contro Seppi: avrebbe potuto giocarla cento volte e l’avrebbe persa sempre, non aveva le competenze tecniche, era in ritardo clamoroso sul verde, ora invece, nella sua evoluzione, vince il Queen’s e va in finale a Wimbledon, ed è competitivo su tutte le superfici.”.


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