Chiudi
La terza finale dei biancorossi dopo il trionfo storico del 2005 firmato dal mitico Ivanisevic, e quello del 2018, con la vecchia formula della Coppa. Gojo porta avanti anche la favola di Spalato, Cilic quella degli ex n.1 che diventano capitani…
di Vincenzo Martucci | 05 dicembre 2021
Belli, sportivi, orgogliosi. E anche felici, con una terra feconda, di 56.594 chilometri quadrati, che si insinua nei Balcani e si affaccia sull’Adriatico.
I croati producono tanti campioni negli sport di squadra, dal calcio alla pallanuoto, dall’hockey ghiaccio al basket e alla pallavolo, tantissimi anche nelle discipline individuali, dallo sci alpino con la fenomenale Janica Kostelic al tennis con Goran Ivanisevic, numero 2 del mondo e campione di un indimenticabile Wimbledon che si è inserito nel solco di Pilic e Franulovic e ha seminato a sua volta per Ancic e tanti altri.
Abbracciando i bosniaci Ivan Ljubicic e Marin Cilic, e portandoli tutt’e due al numero 3 del mondo. Una firma talmente estesa e credibile fra le racchette che ha portato Marija Cicak a diventare la prima donna arbitro a dirigere una finale di Wimbledon, a luglio di quest’anno, fra Novak Djokovic e Matteo Berrettini.
I croati hanno il sole, hanno il mare, hanno cultura sportiva ed hanno il fisico e lo spirito giusto per il gioco, tutti i giochi. Hanno anche la forza di una tradizione che si tramanda, come dice proprio questa terza finale di Madrid della competizione a squadre per nazioni più importante, che si disputa dal 1900.
Fu esaltante e storica la finale del 2005, con Ivanisevic e Ancic in singolare e il doppio Ancic-Ljubicic che si guadagnarono la gloria col 3-2 iniziale negli Stati Uniti, il 4-1 alla Romania, il 3-2 ancora alla Russia e il 3-2 finale alla Slovacchia, peraltro a Bratislava, col singolare decisivo dello sfortunato Mario Ancic su Mertinak.
Ancic che, dopo aver sgambettato Federer a Wimbledon 2002, arrivò in semifinale sulla sacra erba dello sport, ma dal 2007, da numero 7 del mondo, cadde nella spirale della mononucleosi e fu costretto ad abbandonare l’attività.
Mektic e Pavic ancora decisivi: le foto della prima ‘semi’
Nel 2018, la Croazia si è aggiudicata l’ultima edizione della Coppa col vecchio formato, superando Canada, Kazakistan, Stati Uniti e in finale 3-1 Francia, a Lille, con Cilic e Coric singolaristi, Dodig e Pavic doppisti, e Skugor riserva, sulla carta inferiori a Puille, Chardy, Tsonga e al doppio Herbert-Mahut.
Non a caso, forte del fortissimo attaccamento dei suoi giocatori alla bandiera, i biancorossi tornano ora in finale anche con la nuova formula, a Madrid.
Malgrado il numero 1, Cilic, abbia perso tre volte su quattro nel derby con più forte degli avversari, Piros per l’Ungheria, Sinner per l’Italia e Djokovic per la Serbia, la squadra ha saputo reagire sostituendo alla grande l’infortunato Coric con il sorprendente Berna Gojo, 23enne appena 279 del mondo e abituale frequentatore del circuito Challenger. Schierando quindi i primi due doppisti ATP Tour, Mate Pavic e Nikola Mektic, che sono risultati imbattibili.
Gojo si inserisce nell’esaltante e misterioso solco dei tennisti di Spalato: il capostipite fu il mancino Nikola Pilic che, negli anni 60-70, arrivò al numero 6 del mondo, aggiudicandosi 9 titoli sul circuito. Nikki, comunque, non rimane famoso per il trionfo agli US Open 1970 o la finale a Wimbledon 1962, quanto per il clamoroso boicottaggio di solidarietà di 81 colleghi al Tempio quando fu squalificato dalla Federtennis croata e quindi escluso dai Majors per non aver risposto a una convocazione di Davis.
Da allenatore, ha guidato anche Djokovic nei primi passi nel professionismo, nella sua accademia di Monaco di Baviera, ma è entrato nella storia anche come l’unico capitano non giocatore ad aggiudicarsi la Davis con due diverse nazioni: con la Germania (nel 1988, 1989 e 1993), e con la Croazia (nel 2005).
Era poi consulente quando la Serbia conquistò la Coppa (nel 2010).
Dieci anni dopo, Zeljko Franulovic raccoglieva il testimone del tennis spalatino, con 8 finali sul circuito, sfiorando uno Slam, con la finale al Roland Garros 1970; è stato capitano della nazionale croata di Davis, ed è tuttora il direttore del torneo di Montecarlo.
E’ di Spalato anche Goran Ivanisevic, il portentoso gran battitore mancino che nel 1994 arrivato al numero 2 del mondo: “Sampras mi ha rovinato a carriera”, dice sempre ricordando gli sfortunati incroci con l’ancor più portentoso “Pistol Pete”, soprattutto le due finali a Wimbledon nel ’94 e ’98.
Goran sfatò il tabù del Tempio col successo del 2001. Poi ha vinto la Davis ed ha allenato proprio Marin Cilic portandolo a un trionfo Slam, agli US Open 2014. “Chila” ha quindi preso il testimone e ha superato sia il maestro che Ljubicic - oggi coach di Roger Federer e manager e talent tv - come vittorie di Davis. Almeno con la maglia della Croazia, il pivot di Medjugorje ha il record nazionale con 42 successi complessivi (32 singolari)-20 sconfitte (14), contro il 36-19 di Ljubicic e il 33-11 di Goran.
Anche se Ivanisevic, che ha difeso i colori della Croazia dalla nascita di questa nazione e quindi dal 1993 al 2003, in precedenza, dall’88 al 91, aveva rappresentato la Jugoslavia, e quindi complessivamente ha un bilancio ancora superiore, con 48-15 (28-9) in singolare. Marin resta comunque imbattibile come confronti giocati, 30, in attesa della finale 2021. Nessuna sorpresa se sarà lui il prossimo capitano di Davis: del resto, a 33 anni, nel segno della migliore tradizione croata, la sua strada sembra già segnata.
Non ci sono commenti