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Eventi internazionali

Nole nella storia: "Parigi la montagna più alta, ma non chiamatemi GOAT"

“Sapevo – spiega il serbo in conferenza stampa – di essere vicino al traguardo della storia, ma ho cercato di preparare questo match come ogni altro, pensando solamente a come poterlo vincere. Il mio team è stato capace di creare una bolla di protezione attorno a me, per farmi rimanere concentrato sul presente”

11 giugno 2023

“Ero un bambino di 7 anni che sognava di vincere Wimbledon e diventare numero 1 del mondo. Vorrei dire ai miei figli che sono qui, ma anche a tutti i giovani, di prendere in mano il loro destino, di decidere cosa vogliono fare e pensare al presente. Non al passato. Vorrei dire loro di costruire il loro futuro passo dopo passo, attraverso il lavoro quotidiano e visualizzando quello che vorrebbero essere”.

Un discorso finale di grande intensità e di grande orgoglio ha chiuso il Roland Garros da primato di Novak Djokovic, ormai davanti a tutti se parliamo di trionfi Slam. Parigi, terzo centro sullo Chatrier, porta il serbo a quota 23, una tacca in più di Rafael Nadal, fermo ai box fino al 2024.

“Sapevo – prosegue il serbo in conferenza stampa – di essere vicino al traguardo della storia, ma ho cercato di preparare questo match come ogni altro, pensando solamente a come poterlo vincere. Il mio team è stato capace di creare una bolla di protezione attorno a me, per farmi rimanere concentrato sul presente. Adesso sono felice e orgoglioso di questo traguardo”.

La festa di Djokovic per i 23 (Slam)

E ancora, sul goat: “Non voglio dire che mi sento il migliore, perché sarebbe irrispettoso nei confronti di altri campioni di epoche diverse. Ognuno ha lasciato un marchio indelebile che ha permesso al tennis di essere dove è oggi, ma i discorsi sul 'goat' li lascio ad altri, non mi interessano. Per quanto mi riguarda, non ero arrivato a Parigi in grandi condizioni, ma una volta qui è cambiato tutto. Sapevo che ognuno dei miei avversari sarebbe stato sotto pressione, nel giocare contro di me sulla distanza dei cinque set, ed è esattamente quello che speravo di fargli provare. Mi sento grato di poter essere ancora a questo livello, di potermi esprimere davanti alla mia famiglia e al mio team, e mi sento pronto per altre sfide. Ormai sono concentrato sugli Slam, i tornei che fanno la storia. E adesso non vedo l'ora di andare a Wimbledon”.

Sull'età: "Penso che in realtà per me davvero l'età sia solo un numero, non si tratta di una frase fatta, nel mio caso. Certo, oggi recupero più lentamente rispetto a una volta, e poi sulla terra è ancora tutto più complicato. Sulla terra mi sento costretto a fare tutto due volte, rispetto alle altre superfici, e per questo il terzo Roland Garros è un traguardo ancora più appagante. Parigi è sempre stata la montagna più alta da scalare per me, e senza nulla togliere agli altri Slam, questo numero 23 è due volte più prezioso”.

Su Rafa e Roger: “Sono grato di aver fatto parte di quella che chiamano l'età dell'oro del tennis mondiale, con Rafa e Roger. Non so quante ore ho passato a pensare a quei due, a come batterli, insieme al mio team. Uno con l'altro ci siamo spinti sempre più in alto e oggi posso dire di essere orgoglioso di essere davanti a tutti, anche se poi ognuno scrive la sua storia”.

Tornando a quelle parole dette al momento della premiazione, ecco il gran finale. “C'erano poche probabilità che quel bambino proveniente da un piccolo Paese con poca tradizione potesse davvero diventare numero 1 del mondo. In più, con la mia famiglia siamo passati attraverso le guerre, l'embargo, con poche chance di uscire dal Paese per giocare. Ma sono stato fortunato a incontrare persone straordinarie come Jelena Gencic, che per me è stata una madre tennistica e una ispirazione. Mi ha trattato da subito in modo molto maturo, anche se ero un bambino. Mi ha insegnato i dettagli della tecnica, ma anche l'attenzione all'arte, alla poesia, alla musica. Un'altra persona importante è stata Niki Pilic, il mio padre tennistico, ancora in campo oltre i suoi 80 anni. E poi devo ringraziare mio padre e mia madre, per aver creduto in me: nessuno della mia famiglia giocava a tennis, così si sono dovuti affidare agli altri, a quelli competenti, ma loro sono sempre stati al mio fianco per aiutarmi. Sono stato fortunato, e nella vita bisogna avere fortuna”.

GORAN IVANISEVIC

Ancora più interessante, forse, è la conferenza stampa di coach Ivanisevic, tra battute e molta sincerità. “Novak non era arrivato a Parigi con una forma straordinaria, ma non mi sentivo preoccupato. Lui ha la capacità di cambiare mentalità, quando si trova davanti a una prova del Grande Slam. Se è difficile allenarlo? Non è un tipo facile, mettiamola così. Non è un ragazzo facile. Soprattutto quando qualcosa non va per il verso giusto. Ma siamo qui per fare la nostra parte, ecco a cosa serve la squadra. Siamo qui perché si senta meglio, anche se a volte non facile. Anzi, a volte è molto complicato”.

“Non è stato un viaggio comodo. A Roma stava già un po' meglio ma era ancora lontano dalla sua vera forma. Ci stava torturando... Ma siamo ancora qui, siamo vivi. Il mio cuore è ancora a posto. Sono vecchio, sapete, devo stare attento al mio cuore (risata, ndr)”.

“Siamo entrati nel nuovo allenamento stile sado-maso (risata, ndr): inizio ore 2 del mattino, fine alle 6 del mattino. Non so nemmeno io cosa si possa fare ancora con lui. Vuole sempre qualcosa in più. Si sveglia e dice: il mio rovescio non funzionava ieri, quindi dobbiamo lavorare sul rovescio. Ma il rovescio per noi era perfetto... Sistemiamo il rovescio, e lui si lamenta del servizio. Ogni giorno c'è qualcosa. Ogni giorno qualcosa. È un perfezionista. A queste menti geniali serve sempre qualcosa in più. Ma oggi più che mai sono molto orgoglioso di lui, soprattutto di come ha giocato nelle ultime due partite. Gli abbiamo detto che se voleva vincere questo torneo, doveva smetterla di parlarci troppo. E così ha fatto, evitando di sprecare energie”.

“Per me è incredibile come trovi ancora le motivazioni per lavorare ogni giorno sui dettagli. Adesso ha 23 Slam ma vorrà arrivare a 24, poi a 25. Ogni volta con qualcosa da migliorare, per spingersi sempre un po' più in là. Lui mi ha anche fatto diventare un coach migliore: con Novak siamo sempre tutti sotto stress, ma poi usciamo dalla giornata avendo imparato qualcosa”.

“I rivali? Come ha detto Andy Roddick, Novak prima ti prende le gambe, poi ti prende l'anima, poi ti scava la fossa e tu sei già al tuo funerale, sei morto. Ciao ciao. Grazie per essere venuto (risata, ndr)".


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