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Il presidente dell'ATP Andrea Gaudenzi disegna il futuro del tennis maschile in una lunga intervista nello studio di SuperTennis a Firenze. C'è spazio anche per un simpatico siparietto con Diego Nargiso, compagno di tante sfide in Coppa Davis
di Alessandro Mastroluca | 11 ottobre 2022
Il futuro del tennis maschile, il nuovo calendario con gli Internazionali d'Italia allungati a due settimane, il destino della Coppa Davis. Di questo e dell'esigenza di lavorare insieme per il bene del tennis ha parlato il presidente dell'ATP Andrea Gaudenzi ospite dello studio di SuperTennis a Palazzo Wanny durante la prima giornata dell'Unicredit Firenze Open, ATP 250 trasmesso in diretta e in esclusiva su SuperTennis e SuperTenniX.
A Firenze, ha ricordato Andrea Gaudenzi, "ho giocato uno dei miei primi tornei, nel 1991. Abbiamo anche giocato in Coppa Davis con Diego Nargiso nel 1993". Con Nargiso, il presidente dell'ATP ha dato vita a un simpatico siparietto che si spiega con i tanti ricordi accumulati e un'amicizia che va al di là delle esperienze sportive. "A rete faceva tutto lui, il doppista migliore era lui - ha detto Gaudenzi -, ma io rispondevo meglio". "Io non rispondevo nemmeno al telefono" ha scherzato Nargiso.
I due hanno ricordato anche la storica semifinale del 1998 a Milwaukee contro gli USA che permise all'Italia di raggiungere la sua ultima finale in Coppa Davis. Gaudenzi e Nargiso vinsero i primi due set contro Todd Martin e Justin Gimestob. Poi persero i due successivi.
"Dopo una risposta sbagliata, ricordo questa frase di Diego: non voglio essere ricordato come quello che ha fatto perdere all'Italia l'occasione di andare in finale" ha detto Gaudenzi.
Nargiso l'ha ringraziato perché allora, quando faticava a tirarsi su di morale, ha sentito forte il suo sostegno. "Io e Andrea non abbiamo mai litigato - ha ricordato -. Il capitano Paolo Bertolucci al cambio campo fu più duro. "Basta mi hai rotto, devi reagire" mi disse". E così andò. Nargiso reagì e la coppia azzurra vinse al quinto.
In quell'occasione a Milwaukee gli USA non schieravano Pete Sampras, Andre Agassi, Michael Chang e Jim Courier. "Quando giocavamo noi c'erano sei, sette Top 10 statunitensi. Per noi è ideale che ci sia equilibrio, un mix di tutti i continenti. Ovviamente non è una cosa che controlliamo, ma andiamo verso un interessante cambio generazionale" ha detto Gaudenzi a poche ore dall'ingresso in Top 10 di Taylor Fritz, primo statunitense ad arrivarci dal 2017.
Il torneo di Firenze è l'occasione per parlare soprattutto di futuro, a partire dal tennis italiano. Gli otto giocatori italiani nella Top 20 della Pepperstone ATP Live Race To Milan, la classifica basata sui migliori piazzamenti degli Under 21 che determinerà i qualificati alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals, ne sono una chiara dimostrazione. "E' un dato importante, fa ben sperare - ha spiegato Gaudenzi -. E non dimentichiamo che Jannik [Sinner] e Matteo [Berrettini] sono ancora in corsa nella Race per Torino". L'obiettivo per una nazione come la nostra, ha aggiunto, "è piazzare quanti più Top 100 possibile. Perché il fenomeno, il campione, è difficile da produrre. Ma se lavori su un vivaio largo aumenti le probabilità di riuscirci in maniera esponenziale".
Gaudenzi guarda oltre l'Italia, oltre i prossimi mesi. Il suo è un piano di lungo periodo per il futuro del tennis maschile. "In quella che ho chiamato la Fase 1 abbiamo regolato la formula dei montepremi e dato accesso ai giocatori alle informazioni economiche sull'organizzazione dei tornei, abbiamo approvato la protezione della categoria degli eventi e l'allargamento dei Masters 1000" ha ricordato il presidente dell'ATP.
Il COVID-19, ha aggiunto, "ci ha obbligato a prendere decisioni in maniera rapida e questo è importante per un'organizzazione con tanti stakeholder che si incontrava forse quattro volte l'anno".
Gaudenzi ha chiara anche la seconda fase. "L'obiettivo - spiega - sarà avvicinarsi a WTA, Slam e ITF per arrivare a formare un body unico del tennis, perché parliamo allo stesso pubblico. Non sarà facile ma con le energie giuste si può fare. Noi dobbiamo considerare che siamo in competizione con gli altri sport, ma anche con la musica, con Netflix e soprattutto i videogame".
Non sono preoccupato per il futuro perché credo nella forza del tennis: i grandi tornei faranno i grandi personaggi
L'esperienza dell'intrattenimento applicata allo sport, sottolinea il presidente dell'ATP, passa per la valorizzazione del prodotto premium del circuito. Per quello che riguarda i tornei sotto l'egida dell'ATP, vuol dire rinforzare i Masters 1000. Nel 2023 ci sarà il primo passo, l'allargamento su due settimane, e con un tabellone più ampio, dei tornei di Roma, Madrid e Shanghai che dunque saranno equiparati alle due tappe del Sunshine Double, Indian Wells e Miami. "Dobbiamo riuscire a ridurre il gap fra questi tornei, in cui hai pur sempre i migliori del mondo negli stadi più belli del mondo, e gli Slam. Vogliamo offrire agli appassionati 20 settimane l'anno di tennis fantastico" ha detto.
Allo stesso tempo, Gaudenzi ha spiegato di aver lavorato anche per rinforzare la base della piramide del circuito su cui ha competenza, ovvero i Challenger. "Abbiamo aumentato il prize money del 60% e raddoppiato il numero dei challenger 120 e 125, perché non è facile emergere da questi tornei se non hai dietro una federazione o gli investimenti della famiglia" ha spiegato Gaudenzi che ha sintetizzato anche come si articoleranno le categorie dei Challenger l'anno prossimo. "Quattro saranno le categorie di base: 50, 75, 100, 125. Creeremo anche i 175 nella seconda settimana dei Masters 1000. All'inizio solo durante i tornei di Madrid, Roma e Indian Wells".
Gaudenzi insiste molto sull'opportunità di avvicinare tutte le organizzazioni che governano il tennis, non solo per definire meglio il calendario. "Abbiamo sempre preso queste decisioni separatamente, ma il calendario è uno. Facciamo tutti parte dello stesso libro, anche se scriviamo capitoli diversi" ha detto.
Uno degli obiettivi, ha spiegato, è arrivare a collaborare più da vicino con l'ITF per rendere i giocatori protagonisti delle decisioni sul futuro della Coppa Davis. La manifestazione a squadre, ha detto, "con il vecchio formato richiedeva cinque settimane in calendario, e non tutti i top player si impegnavano a giocarla. Per questo si è arrivati alla nuova. Il formato ideale non è facile da trovare, probabilmente sarà un ibrido fra le due formule".
Non esclude nemmeno un ritorno, almeno parziale, agli incontri al meglio dei cinque set. "Con un formato come quello attuale non si può giocare tre set su cinque, ma se si torna a disputare più partite in casa e fuori ci si può pensare" ha ammesso. Nel complesso, resta comunque convinto che serva un ragionamento più ampio sulle partite al meglio dei cinque set anche, spiegando, in riferimento alle finali dei Masters 1000. "Stiamo andando nella direzione di allineare le regole, anche gli Slam sono arrivati a introdurre la stessa regola per quanto riguarda il tiebreak del quinto set. Sono piccoli ma importanti passi nella direzione giusta" ha detto.
Le varie organizzazioni del tennis scrivono capitoli diversi ma facciamo tutti parte dello stesso libro
Al netto delle piccole o grandi modifiche al calendario e al regolamento, la vera forza del tennis sta nelle sue stesse caratteristiche. Il segreto del suo successo, dice, sta nel gioco. "Credo fortemente nella forza del prodotto" ha detto Gaudenzi che non si dichiara preoccupato per il futuro che attende il tennis maschile dopo il ritiro di Roger Federer, Rafa Nadal e Novak Djokovic.
"I personaggi sono una conseguenza, sono i grandi tornei che fanno i grandi campioni - ha detto Gaudenzi -. Poi certo avere quattro, cinque giocatori che si contendono il titolo nei grandi tornei e creano queste rivalità aiuta l'identificazione. Ma il fatto che ci sia questa concentrazione dipende anche dalle caratteristiche del tennis, soprattutto quando si gioca al meglio dei cinque set: alla fine il più forte vince".
Infine, il presidente dell'ATP chiude con una nota di ottimismo per l'anno che verrà. "Spero di tornare finalmente a un ranking normale - ha concluso -, a una competizione giocata in campo e non fuori".