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Se gli Internazionali BNL d'Italia sono uno dei tornei più amati dai giocatori, il merito è anche del fascino dei campi secondari del Foro Italico. Qualsiasi tennista si trova sempre a competere davanti a centinaia e centinaia di spettatori, il cui calore fa sentire tutti delle star. Un’atmosfera splendida, difficile da ricreare altrove
11 maggio 2022
La capienza complessiva dei due campi principali del Foro Italico, Centrale e Grand Stand Arena, è di 15.500 posti a sedere, eppure il record assoluto di spettatori agli Internazionali d’Italia, fatto registrare nella giornata di martedì 10 maggio, recita 34.406. Un risultato frutto naturalmente della doppia sessione di gioco in entrambi gli stadi principali, ma anche di una delle peculiarità mai celebrate a sufficienza della manifestazione, ossia il biglietto ground che offre una marea di possibilità.
Lo si può definire il ticket del pubblico più esperto, quello che ai campionissimi che riempiono i due stadi più glamour preferisce il fascino impareggiabile dei campi secondari, popolatissimi fin dalla prima giornata delle qualificazioni. È una delle particolarità che compongono la grande bellezza degli Internazionali, e fa impazzire giocatori e giocatrici che si trovano a competere sempre davanti a centinaia e centinaia di persone, indipendentemente dal turno, dall’avversario, dall’orario e dal campo sul quale l’incontro è stato programmato.
Ben venga se è il Pietrangeli, che Stefanos Tsitsipas ha definito il suo preferito e al quale Jessica Pegula (ma è solo l’ultima di una lunga lista) ha dedicato parole al miele in un tweet, ma vanno ugualmente bene anche Campo 1 e 2, 3 e 4. Perché in tutti, indistintamente, i giocatori riescono a sentire l’affetto di un pubblico fra i più calorosi nel mondo della racchetta.
https://twitter.com/JLPegula/status/1524103411456692225?s=20&t=bBPV-SBRcIkLfIMYSkq5mw
Per chi frequenta il torneo, negli ultimi anni (covid a parte) è diventato la normalità dover fare a spallate per conquistare un fazzoletto di posto sui gradoni di marmo bianco del Pietrangeli, a qualsiasi ora del giorno, eppure non va dimenticato che – pur essendo il più affascinante – l’ex Pallacorda è pur sempre il terzo campo dell’impianto per ordine di importanza. Riuscire a riempire persino quello è roba da tornei del Grande Slam.
Basterebbe chiederlo alla stessa Jessica Pegula, che mercoledì ha trovato il campo pienissimo per una sfida contro Liudmila Samsonova che magari in altri tornei sarebbe passata del tutto inosservata, oppure a Felix Auger-Aliassime, che per rimontare un set di svantaggio ad Alejandro Davidovich Fokina ha sfruttato anche l’entusiasmo di oltre 3.700 persone, senza contare tutte quelle in piedi sopra l’ultima fila, nell’attesa – spesso vana – che qualcuno lasciasse libero un posto. Tanto che il canadese ha voluto dedicare allo stesso pubblico un video su Instagram, esaltando l’atmosfera trovata sul Pietrangeli, con una canzone degli italianissimi Maneskin in sottofondo.
Un gesto che potrà sembrare banale o naturale, ma in realtà dimostra meglio di tante parole l’amore dei giocatori per l’appuntamento del Foro Italico e per la sua gente, che ricambia lasciando un pezzo di cuore in qualsiasi partita, riuscendo così a rendere elettrizzanti anche sfide altrimenti non indimenticabili.
Per questo, quando succede che il match di secondo turno di una top-10 in grande forma come Ons Jabeur, arrivata nella Capitale dopo il successo di sabato al Mutua Madrid Open, trovi posto solo sul Campo 2, non c’è nulla di strano. Come non c’è nulla di strano nel poter assitere sul Campo 3 al match di una ex numero uno del mondo come Victoria Azarenka, o sul Campo 1 a un duello potenzialmente scoppiettante come quello fra un ritrovato David Goffin e l’emergente statunitense Jenson Brooksby.
È un bene per il pubblico, che può godersi match di altissima qualità, ma anche per i tennisti. Perché Roma sa essere Roma anche (o soprattutto) su quei campi, in un clima più intimo e famigliare, dove chiunque può essere il Djokovic di turno. C’è meno gente che negli stadi principali? Vero. Ma l’atmosfera può risultare a volte persino più calda. E non c’è giocatore al mondo che, fra uno stadio gigante ma in grado di emozionarsi davvero (come è normale che sia) solo per i big o per i giocatori di casa, e un campo secondario più piccolo ma dall’atmosfera migliore, scelga il primo. È così in tutto il mondo, ma a Roma ancora di più.
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