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Eventi internazionali

Addio a Budge Patty, il dandy del tennis

Morto a 97 anni lo statunitense che vinse Roland Garros e Wimbledon nel 1950. Ha vissuto a lungo a Parigi

di | 09 ottobre 2021

Era elegante e cortese, John Edward “Budge” Patty, morto a 97 anni in un ospedale di Losanna, in Svizzera. Indossava giacche su misura, piaceva per i modi raffinati e l'aria da dandy che hanno alimentato una fama, non certo millantata, di playboy degli anni Cinquanta. “E' stato uno dei grandi statunitensi della sua epoca, ha vinto 70 titoli, ha trionfato a Wimbledon e al Roland Garros nello stesso anno e allora era un traguardo enorme” ha detto il presidente dell'International Tennis Hall of Fame, Stan Smith, a James Buddell dell'ATP.

 

Nato a Fort Smith, in Arkansas, è cresciuto a Los Angeles dove la sua famiglia si è trasferita quando era piccolo. Ha iniziato a giocare a nove anni, insieme al fratello maggiore. È lui che gli dà quel soprannome, “Budge”, che gli resta attaccato per tutta la vita. È una presa in giro. Suo fratello dice che non riesce a muoversi. E in inglese spostarsi si può dire anche “tu budge”, appunto. Eppure, da junior Patty si allena tutti i giorni alle sei con la cinque volte campionessa Slam Pauline Betz, che vive poco lontano.

 

Dopo la Seconda guerra mondiale si stabilisce a Parigi. Diventa uno specialista del serve and volley e un tombeur de femmes seriale. Il leggendario allenatore australiano Harry Hopman lo accostava al primo dandy della storia, per questo lo chiamava il Beau Brummel del tennis. È un artista, a cui spesso è mancata la consistenza. “Mi è capitato di lasciare un set al mio avversario per recuperare un po' e provare a vincere poi il quinto” ha detto. “All'inizio del 1950 sentivo che dovevo cambiare qualcosa. Ho smesso di fumare e ho iniziato a correre ogni giorno”. Sarà il suo anno migliore.

Vince il suo primo Slam a Parigi, che ha imparato a chiamare casa: è andato ad abitare in un appartamento con vista sulla Senna a cinque minuti dai campi del Roland Garros. Sulla terra rossa del Bois de Noulogne Patty, a suo agio nella capitale delle feste eleganti e delle grandi maison di moda, firma tre successi di fila al quinto set. Una serie culminata con il 6-1, 6-2, 2-6, 5-7, 7-5 sul campione esule, Jaroslav Drobny, alla sua terza finale a Parigi.

Un mese dopo, sorprende l'australiano Frank Sedgman nella finale di Wimbledon. L'ha studiato a Parigi e al Queen's. Ha capito che non gli piace seguire i servizi a rete, vuole dettare il ritmo da fondo. Patty si riscalda su un campo laterale con Tony Trabert, che nel 1955 avrebbe vinto tre Slam su quattro. In campo, Patty riesce a imporre una velocità insostenibile e chiude 6-1, 8-10, 6-2, 6-3.

Nel 1933, ha giocato una delle partite rimaste nella storia di Wimbledon. Di fronte c'è ancora Drobny, un mancino con un gran servizio. Il match inizia a metà pomeriggio, e si chiude solo alle 21.20. Patty, attaccante con un gran senso dell'anticipo e della geometria, manca sei match point e cede 12-10 al quinto set. Hanno giocato 93 game in un solo giorno, un record che ha resistito per decenni.

C'è sempre Drobny di fronte, il 28 febbraio 1955, nella finale di Lione. È l'anno della morte di James Dean e di “Rock around the clock”. E l'orologio scorre, mentre sul 10 pari nel terzo set Patty si prende qualche minuto di pausa sulla sedia del giudice di linea e Drobny si stende a terra nell'attesa che si accendano le luci. Sul 21 pari, dopo quattro ore di partita, decidono di darsi la mano. Hanno inventato il pareggio nel tennis.

 

Dopo la doppietta Roland Garros-Wimbledon, non ha giocato più una sola finale Slam in singolare. Ma in doppio ha trionfato ancora ai Championships. L'ultima volta, nel 1957, ha scelto come compagno Gardnar Mulloy, che all'epoca ha 43 anni e qualche anno prima ha conosciuto la regina Elisabetta a una festa.

 

In quel mondo che oggi conosciamo solo attraverso le foto in bianco e nero, Patty è una star in campo e fuori. Tom Brown, nel suo libro “As Tom Goes By”, ne ha offerto un assaggio. Ha raccontato di una serata trascorsa a Parigi con Patty e due amiche, Yvonne e Suzette. Dopo l'appuntamento con la prima, torna in albergo ed esce di nuovo per andare dalla seconda. “Domani hai la partita, come fai?” gli chiede Brown. “Sta mandando qui un taxi per me – gli risponde – cos'altro posso fare?”. Un tennis così non tornerà mai più.

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