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Pur impegnandosi al massimo, dopo un fantastico Slam, il russo e l’americano devono arrendersi a Tsitsipas e Djokovic, due fuoriclasse di una categoria inavvicinabile
di Vincenzo Martucci | 27 gennaio 2023
Provateci voi ad emergere nel tennis moderno con il diritto sbilenco. Provateci voi a contrastare due fenomeni come Stefanos Tsitsipas e Novak Djokovic addirittura nelle semifinali degli Australiani Open, il primo Slam dell’anno che promuove peraltro uno dei due al primo posto della classifica mondiale al posto di baby Carlos Alcaraz. Provateci voi a non farvi influenzare dalla tensione della nuova situazione, dalle umanissime speranze ed ambizioni al di là del pronostico chiuso, dopo esservi conquistati un diritto così, dopo aver superato ostacoli più qualificati. Provateci voi a contrastare una velocità di palle e una completezza di colpi tanto più vasta, raffinata, schiacciante, paragonata a tutti gli altri avversari. Partendo pure da un pregresso di 0-5 come nel caso di Karen Khachanov contro Tsitsipas e da una dimensione talmente diversa come quella di Tommy Paul con Djokovic che i due non si erano mai incrociati se non negli spogliatoi.
RIVINCITE
Sia il russo che l’americano, poi, hanno dovuto sostenere un carico emotivo molto pesante, da brutti anatroccoli delle covate nazionali, sempre in seconda/terza fila dietro tanti altri coetanei con più qualità, più facilità, più onori, più aiuti. Sì, di là della sana competizione interna che stimola ed aiuta, quanti rospi ha dovuto ingoiare il 26enne Khachanov - l’orgoglioso armeno - emigrato prima a Spalato, da Vedran Martic, uno dei coach di Goran Ivanisevic, e poi a Barcellona, da Galo Blanco insieme all’amico Andrej Rublev?
Quanti amici e quasi amici si è visto passare avanti il 25enne Paul che da junior giocava due finali Slam contro Fritz (una vinta e una persa) ma poi ha visto Taylor schizzare avanti subito fra i pro, posizionandosi fra i top 10, mentre lui è cresciuto pian pianino ed è ancora fra top 30? Tutti e due si sono affidati a un coach di comprovata esperienza, Karen allo spagnolo José Clavet, Tommy a Brad Stine, già guida di Jim Courier e Kevin Anderson. Due meccanici che gli hanno dovuto assestare per bene il repertorio tecnico adeguandolo al fisico, lavorando anche molto sulla psiche. Che poi è soprattutto accettare se stessi e coordinarsi con le aspirazioni.
CATEGORIE
Poi, però, nella vita, ci sono le categorie. E per Khachanov e Paul, con tutto il lavoro che hanno fatto, che fanno e che faranno, Tsitsipas e Djokovic sono di due categorie diverse, nettamente superiori. A cominciare della velocità maggiore con la quale riescono comunque ad eseguire i colpi più preziosi ed efficaci. Una velocità che Khachanov e Paul non possiedono. Al punto tale che, anche se Stefanos sul match point decide chissà perché di servire sul rovescio del russo, anziché sul diritto che tanti punti gli stava garantendo, poi cambia marcia ancora nel quarto set, mette la freccia e lascia l’avversario suoi pedali. Offrendo una prova di superiorità che annichilisce il povero Karen.
Lo stesso succede a Paul, che sfrutta il solito, improvvido, improvviso, imprevedibile black out di Djokovic recuperando da 1-5 e set point a 5-5, ma appena pensa di essere entrato in partita prende un uppercut e si sveglia sul 7-5 6-1 6-1.
Soluzioni contro avversari così? Karen e Tommy non possono inventare nulla da un giorno all’altro: l’uno spinge e rischia più che può con servizio e rovescio, l’altro cambia ritmo, corre e alza palle alte e profonde sul diritto del nemico. Così rimpinguano il punteggio, Khachanov anche come set, Paul almeno nei games che sono molto più combattuti di quando si legga nel risultato. Ma la loro frustrazione è tanta. Perché, pur sputando sangue, come direbbe il guru del basket Dan Peterson, pur sforzandosi di credere nell’impresa mantenendosi concentrati, non hanno le armi per contrastare i due mostri, e ogni volta che rialzano la testa, ogni volta che giocano un punto delicato e importante la montagna di là del net cresce ancora in altezza e trova soluzioni di classe, che sia un ace, un ricamo, un cambio di ritmo, un a invenzione balistica. Anche se chissà quali stupidate scriveranno gli ignavi leoni da tastiera del web. Peraltro, ad aggravare la condizione psicologica dei due outsider c’è il percorso in questa campagna di Melbourne e l’impossibilità di trovare validi punti di riferimento fra gli avversi battuti e i fuoriclasse che ritrovano in semifinale: il russo ha strappato di scalpi di Tiafoe e Korda, l’americano quelli di Davidovich Fokina, Bautista Agut, e dei giovani amici Brooksby e Shelton. Ma come paragonarli a Tsitsipas e Djokovic?
INSEGNAMENTI
Due semifinali Slam consecutive: Karen, il bicchiere è mezzo pieno? “Bisogna sempre prendere delle lezioni, ho fatto nuove esperienze che possono servirmi per migliorare, per pensare a che cosa mi è mancato, potevo perdere in 3 set, ho lottato, l’ho portato al quarto. Sono orgoglioso di quanto ho fatto a Melbourne, forse avrei potuto fare meglio nei momenti importanti, ma esco a testa alta e devo continuare a sperare che la prossima volta farò un altro passo avanti”. Lo stesso dice Paul che comunque si affaccia per la prima volta a questo livelli. Per rinfrancarsi gli basta dare un’occhiata ai numeri Slam di Nole I di Serbia. Noi, da sportivi, non possiamo che rendere tutti gli onori a lui e a Khachanov: hanno semplicemente trovato due avversari troppo più forti. Dura lex, sed lex.
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