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Eventi internazionali

Perché la Russia, nel tennis a squadre, è (quasi) imbattibile

Hanno vinto tutto quello che potevano, e il loro dominio non è solo una questione di ranking. Se la Russia fa la voce grossa nei tornei per Nazionali, è anche per il senso di appartenenza dei giocatori, compresi quelli emigrati. L'antidoto? Potrebbe essere l'Italia...

di | 09 dicembre 2021

Se parliamo di tennis a squadre, c'è un Paese che domina ormai da un anno a questa parte, e che avanti di questo passo potrebbe continuare a dominare per diverse stagioni a venire. La Russia ha vinto, nell'ordine, l'ATP Cup dello scorso gennaio, la Billie Jean King Cup di Praga (nuova versione della ex Fed Cup) e infine la Coppa Davis di Madrid, questi ultimi due eventi sotto la sigla RTF, acronimo di Russian Tennis Federation.

Una tripletta mai vista, che ha messo in luce non solo la forza dello squadrone che rappresenta il Paese più grande del mondo, ma pure la capacità dei singoli di trovare motivazioni forti nel momento in cui sono chiamati a rappresentare i colori della loro maglia.

Ma perché, in Russia, c'è tutto questo fermento attorno alle Nazionali, in uno sport sostanzialmente individuale come il tennis? E come è stato possibile, per Medvedev e soci, vincere con un certo margine di tranquillità le due competizioni maschili? La risposta più semplice è quella relativa alla seconda domanda, e non c'è nemmeno bisogno di indagare molto per scoprire i motivi dei trionfi in ATP Cup e nelle Finals di Davis.

Basta guardare la classifica mondiale, per osservare che Daniil Medvedev è numero 2 del mondo (peraltro non così lontano dal numero 1), mentre Andrey Rublev è numero 5. Solo l'Italia in questo momento potrebbe essere all'altezza, contando ugualmente su due top 10, mentre tutti gli altri Paesi, se prendiamo in considerazione la somma dei ranking dei due più forti del gruppo, risultano molto più staccati.

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Ma i numeri non dicono tutto, non bastano ancora per spiegare il fenomeno. Alla base di queste imprese c'è anche un senso di attaccamento alla patria che in Russia è molto sviluppato in ogni settore della vita.

Un orgoglio e un'unità che arrivano dalla natura stessa di gran parte della popolazione, e che sono stati forgiati da anni di difficoltà e di condizioni di vita tutt'altro che semplici.

Dalle guerre ai lunghi decenni dell'Unione Sovietica, i russi si sono ritrovati spesso a dover ricominciare tutto daccapo. E quando hanno dovuto farlo, non si sono mai tirati indietro, trovando nella solidarietà tra le singole persone una componente fondamentale per la rinascita.

Tutto questo vale anche – forse in maniera ancora più forte – per coloro che dalla Russia se ne vanno, per scelta o per necessità. E nel caso specifico è stato amplificato dalle sanzioni dovute al presunto doping di stato, che hanno privato le vittorie russe di bandiera e inno nazionale.

Daniil Medvedev e Andrey Rublev, per esempio, hanno deciso da tempo di emigrare (rispettivamente in Francia e in Spagna) per inseguire i loro sogni e per diventare professionisti di alto livello. Ma il legame con la 'Madre Russia' è sempre stato strettissimo, tanto che nessuno di loro – almeno stando a ciò che si conosce – ha mai avanzato richieste particolari o ha mai pensato di abbandonare i compagni al loro destino, nemmeno di fronte al cambiamento del format delle competizioni.

Per i russi, giocare con la Nazionale non è nemmeno una questione di scelta, è semplicemente un obbligo morale. E per chi in patria ora ci sta poco, è anche un modo per ringraziare il proprio Paese e i propri connazionali, rimarcando al tempo stesso le sue origini.

Sembrano discorsi fuori dal tempo, anacronistici e pure un po' banali, invece tra Mosca e San Pietroburgo – e più ancora nelle città di piccole dimensioni – sono all'ordine del giorno e sono la base su cui si costruisce l'impegno quotidiano. Da chi si sveglia alle 5 ogni mattina per entrare in fabbrica a chi ha avuto la fortuna di trarre vantaggio dal nuovo turbo-capitalismo in versione post-comunista.

Il discorso della migrazione all'estero si applica allo stesso modo anche alle donne, e se la osserviamo dalla prospettiva italiana c'è una vicenda che ci tocca più delle altre. Parliamo di Liudmila Samsonova, che è russa di passaporto ma sta costruendo la sua carriera nello Stivale con uno staff italiano: Daniele Silvestre, Danilo Pizzorno, Umberto Ferrara e Alessandro Dumitrache.

'Luda', numero 39 Wta, quest'anno ha fatto un salto straordinario nel ranking vincendo il titolo del '500' di Berlino, ma proprio con la Nazionale del suo Paese ha vissuto il momento di maggiore emozione, superando Stephens e Bencic nei singolari decisivi di semifinale e finale. Conquistando anche, a margine, il titolo di migliore giocatrice dell'intera Billie Jean King Cup.

Medvedev in Russia è ormai come un politico: può dire ciò che vuole in merito a ogni argomento, e tutti prenderanno in serie considerazione la sua opinione

Medvedev e Tarpischev

A fare da collante tra il passato e il presente del tennis russo c'è un personaggio che è stato un politico e un diplomatico, è membro del Comitato Olimpico Internazionale ed è soprattutto un grande conoscitore del mondo del tennis. Lui è Shamil Tarpischev, ha 73 anni ed è il capitano più longevo del mondo.

Si è seduto sulla panchina di quella che allora era la squadra dell'Urss nel 1974, ha visto cambiare epoche e denominazioni del suo team (Csi, Russia, RTF...) ma lui è sempre rimasto al suo posto, forte di un carattere e di un carisma con pochi eguali nella storia dello sport.

È talmente rispettato, Tarpischev, che usa i suoi giocatori come traduttori simultanei, visto che nelle conferenze stampa parla solo ed esclusivamente russo. È talmente rispettato che nessuno si è mai permesso di contestare una sua scelta o – a maggior ragione – il suo ruolo. Mentre lui, molto probabilmente, ha sempre preso la decisione corretta per il bene del gruppo.

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Oggi il tennis in Russia è popolare quanto basta. Che vuol dire non come ai tempi di Boris Eltsin (grande appassionato della racchetta) ma comunque abbastanza per collocarlo tra le discipline più viste e conosciute, ancorché non tra quelle più praticate. Calcio e hockey su ghiaccio si dividono la fetta più cospicua degli appassionati di sport, ma Medvedev e Rublev sono personaggi ormai mainstream.

Medvedev, in particolare, dopo la vittoria agli Us Open ha raggiunto un picco di popolarità probabilmente mai toccato prima da un tennista, nemmeno da Kafelnikov e Safin. “Ormai – spiega al proposito Mikhail Ivanov, direttore della rivista russa di settore più venduta – Daniil è alla stregua di un politico: può dire ciò che vuole su ogni argomento, e la sua opinione sarà sempre presa in considerazione”.

Ma allora questa Russia, se parliamo di tennis a squadre, è davvero imbattibile? Forse no, perché c'è un dato che non deve passare inosservato. Sia nella finale dell'ATP Cup 2021, sia alle Finals di Davis appena concluse, l'Italia si è presentata senza una delle sue star. In gennaio, in Australia, c'era Matteo Berrettini ma non c'era Jannik Sinner. In Davis è accaduto il contrario.

Nel momento in cui i nostri due top 10 dovessero ritrovarsi a giocare insieme, anche l'invincibile armata russa potrebbe patire e – chissà – anche perdere. In questo momento è proprio l'Italia a rappresentare il maggior pericolo per il futuro dominio di Medvedev e compagni, e in questo senso un primo test potrebbe arrivare a breve.

Un sorteggio dispettoso ha messo le due Nazionali nello stesso girone della prossima edizione dell'ATP Cup, al via a inizio anno. Per entrambe, non sarà una semplice sfida preliminare ma una partita che potrà raccontare ambizioni e speranze di due movimenti pronti a restare a lungo in vetta al mondo. 


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