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Il 22enne di Metz, talento mancino dal timing strepitoso, sfonda la resilienza del velocissimo Alex De Minaur. Conquista il secondo torneo in carriera e fa sognare la Francia
di Enzo Anderloni | 25 ottobre 2020
A 22 anni conquista il secondo torneo in carriera vincendo in due set, (6-1 7-6 il punteggio): Ugo Humbert brilla più che mai e dopo il successo in gennaio ad Auckland raddoppia ad Anversa.
Quante cose in comune nella sfida tra lui e Alex De Minaur nella finale dell’Atp 250 organizzato nella città dove un tempo i tennisti si battevano per conquistare quella leggendaria racchetta d’oro, tempestata di brillanti, che ora è a casa di Ivan Lendl.
In fondo Ugo e Alex sono a loro volta dei diamanti grezzi, le migliori speranze di due Paesi di enorme tradizione tennistica come Francia e Australia, entrambi dunque sempre sotto osservazione. Entrambi con il berretto calcato in testa alla rovescia (la visiera dietro, sulla nuca), entrambi protagonisti nel novembre del 2019 delle Next Gen Atp Finals di Milano, quelle vinte dal nostro Jannik Sinner.
A questo punto le affinità finiscono e cominciano le differenze, prima delle quali il fatto che mentre l’australiano, allora grande favorito, venne letteralmente piallato in finale dell’azzurro emergente, il francese fu l’unico a battere Jannik, sia pure nel girone di qualificazione, quando l’altoatesino era già sicuro della qualificazione.
Una differenza che sembra fare da spartiacque all’inizio del confronto nella città belga, famosa per il mercato dei diamanti, quando il mancino di Metz, con il servizio alla McEnroe, spadroneggia in campo facendo volare da un angolo all’altro il pur velocissimo “canguro” di Sydney. E prendendosi quasi sempre i punti lui, nonostante la resistenza di un avversario che pur giovanissimo (ha 21 anni e quest’anno è ancora ufficialmente un Next gen) ha già la fama dell’irriducibile.
Non è un caso se, con il francese già avanti 4-1, De Minaur combatte per ben 20 punti prima di cedere un’altra volta la battuta. E poco dopo il set, 6-1.
Chi parla di un tennis francese in crisi non ha una visione molto ampia: Humbert ha solo 22 anni e affronta la finale da n. 38 del mondo. Oltre a suonare molto bene il pianoforte, suona anche parecchi avversari in virtù di buona mano, fisico scattate, personalità e gran tempo sulla palla (la qualità dei primi della classe). Il marchio Le Coq Sportif, quello con il galletto sul petto, ha puntato su di lui per il futuro del dopo-Gasquet.
A sua volta De Minaur non è soprannominato “Demon” a caso: nonostante la scoppola della prima frazione è partito tosto e carico nella seconda, come è nel suo carattere: non ci si fa tatuare il n.109 sul petto (marchio che ricorda che è il 109° giocatore nella storia a rappresentare l’Australia in Coppa Davis) se non si ha intenzione di mettere tutto, ma proprio tutto, sul campo. In fondo il suo essere n.29 in classifica (quindi ben davanti al francese) e i quarti di finale raggiunti agli ultimi Us Open testimoniano un rango importante.
Il problema è che il suo gioco piatto, rapido, anticipatissimo pareva non creare il minimo problema all’avversario, sempre ben piazzato vicino alla riga di fondo e in grado di cambiare a suo piacimento velocità e angoli costringendo l’avversario a subire, a difendersi disperatamente.
Ciononostante De Minaur è arrivato a condurre 4-3 e 0-30 sul servizio dell’avversario che però ancora una volta ha mostrato la magia ritmica dei sui colpi accelerati, unita a una tenuta (anche mentale) degli scambi dalla consistenza formidabile.
Ha conservato il servizio e portato il set al tie-break, dove è risalito da 1-3 fino al trionfo finale scandito dai soliti fendenti profondissimi, scagliati in totale scioltezza. Ha chiuso con una morbida voleé. Domani sarà n.32 del mondo.
Talento e carattere, creatività mancina: che galletto! I francesi possono ricominciare a sognare.
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