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Eventi internazionali

Vita da capitani (illustri e non): prima la formazione, poi il risultato

I Campionati Europei under-16 di Parma hanno offerto uno spaccato dello sviluppo dei movimenti giovanili delle varie nazionali, e soprattutto dell’approccio dei capitani – fra i quali anche due campioni Slam – nei confronti dei tennisti in costruzione. A una certa età il risultato non è la priorità, conta di più la crescita

01 ottobre 2023

Philpp Petzschner, ex n.35 ATP, a Parma al seguito della nazionale under-16 della Germania (foto Giampiero Sposito)

La delusione per la sconfitta all’esordio nei Campionati Europei under-16 gliela si legge negli occhi, perché le sue ambizioni sono state stroncate in un’ora e spiccioli dal serbo Ognjen Milic, che al Circolo del Castellazzo gli ha lasciato un solo game. Ma l’olandese Sammy Guinau, al telefono, ripete tre volte nell’arco di 30 secondi la stessa frase: “You win or you learn”, che in italiano diventa “o vinci o impari”. Un (giusto) modo di pensare che fino a una certa età accompagna la crescita di tutti i ragazzi, compresi i più forti d’Europa arrivati a Parma a giocarsi il titolo continentale dei Boys.

Non ci vuole molto a immaginare che a inculcargli il mantra sia stato capitan Jacco Eltingh, ex top-20 in singolare ma soprattutto numero 1 ATP in doppio e con un Career Grand Slam nel palmarès, nonché uno dei nomi noti della racchetta presenti nella lunga lista dei coach delle varie nazionali – quaranta in tutto – arrivate in Emilia-Romagna. I suoi “orange” hanno vinto una partita in due (hanno fatto meglio le ragazze di Raymond Knaap, già visto come coach a livello ATP), ma conta il giusto perché fra gli under 16 la formazione viene prima del risultato, ed esperienze come quella europea pesano anche quando le sconfitte sono più delle vittorie.

Il compito dei capitani è quello di aiutare i ragazzi a trovare il buono anche quando apparentemente ce n’è gran poco, guidandoli in un processo formativo la cui durata (e difficoltà) varia da caso a caso. La gran parte di loro sono ex giocatori, alcuni arrivati ad alti livelli e altri meno, che dopo aver mollato l’attività si sono spostati dall’altra parte della barricata, mettendosi al servizio delle proprie federazioni e dei loro giovani più promettenti.

Raymond Knaap: ha guidato la nazionale dei Paesi Bassi insieme all'ex n.1 ATP di doppio Jacco Eltingh (foto Giampiero Sposito)

Sui campi dei quattro club di Parma e provincia è capitato di trovare vecchie conoscenze del nostro tennis, come Alice Balducci che oggi lavora per la Repubblica (ma quella di San Marino, non la nostra), oppure Ljubomir Celebic che tennisticamente è cresciuto in provincia di Bergamo ma poi ha deciso di tornare nel suo Montenegro, per provare a contribuire alla formazione di un sistema che lui non aveva trovato da giocatore, vedendosi costretto a emigrare dalle nostre parti.

Loro due provano a mettere l’esperienza al servizio di due delle Federazioni più piccole, mentre a Parma una delle più grandi, quella tedesca, ha avuto la possibilità di contare su niente meno che Philipp Petzschner, numero 35 del mondo nel 2009 in singolare, due volte campione Slam in doppio e protagonista di alcuni match da ricordare con la divisa della Germania in Coppa Davis. Era un tipo silenzioso e poco espressivo da giocatore ed è uguale in panchina: dice poche parole, ma sensate. E nel momento giusto. Magari, in certi frangenti la testa suggerisce una cosa ma dalla bocca ne esce un’altra e questo vale per tutti i capitani, perché l’incoraggiamento deve occupare sempre il primo posto anche quando certe scelte dei ragazzi – figlie dei 16 anni – lasciano un po’ a desiderare.

È anche grazie alle “dritte” di Petzschner che Justin Engel è arrivato in finale lasciando le briciole a tutti, e mostrando un potenziale fra i più interessanti visti nella settimana. Il coach tedesco può essere uno dei più felici perché ha portato due giocatori ai quarti, così come il capitano della Svizzera. Il suo nome – Phillip Wallbank – non dice molto agli appassionati, idem quello dei due talenti Flynn Thomas ed Henri Bernet. Ma a occhio e croce sentiremo presto parlare di entrambi, e non solo perché il primo è da anni fra i giovani più in vista del movimento europeo malgrado debba convivere con la sindrome di Asperger, mentre il compagno ha iniziato a giocare al Tc Old Boys di Basilea come un certo Roger Federer.

Phillip Wallbank, capitano della Svizzera. Gli elvetici hanno due talenti niente male (foto Giampiero Sposito)

Un’altra prova dell’approccio focalizzato sulla formazione, piuttosto che sui risultati, è arrivata durante il match vinto negli ottavi di finale da Pierluigi Basile, il migliore dei nostri nell’Europeo 2023. Nel terzo set della sua sfida contro il bulgaro Ivan Ivanov, il pugliese mette a segno il break che lo manda a servire sul 4-3 e ha ormai il match in pugno. Dopo averlo consigliato fino a lì, nel momento più importante il coach al servizio del suo avversario cambia approccio. Invece di suggerirgli cosa fare, gli dice senza giri di parole di trovare una soluzione, da solo. Sa un po’ di “adesso arrangiati”, ma conferma la tesi: sono queste le occasioni nelle quali i ragazzi devono imparare a convivere con i problemi e cercare di risolverli. Ricevere sempre una soluzione “dall’alto” può aiutare nel caso specifico, ma non fa crescere.

Origliare i vari confronti fra giocatori e capitani apre un intero universo, spesso differente da quello immaginato. Perché gli occhi dei tecnici vedono cose diverse e devono pur sempre trasmetterle a dei ragazzini di 15/16 anni, non a dei professionisti affermati che li pagano anche (o soprattutto) per sentirsi dire quello che non va. Quindi l’approccio cambia e il linguaggio pure, perché nell’elenco degli aspetti work in progress non c’è soltanto il gioco, ma in tanti casi figurano anche carattere e personalità. Il dialogo ne tiene conto, sempre, e spesso produce frasi che lasciano il segno. Una su tutte? “Si vince quando si può, non quando si vuole”, da attribuire al capitano dell’Italia maschile, Nicola Fantone. Può sembrare una banalità, ma in realtà racchiude un mondo.

I tre tecnici dell'Italia presenti a Parma. Da sinistra: Luca Ronzoni, Luca Sbrascini e Nicola Fantone (foto Giampiero Sposito)

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