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Se Taylor Fritz, appena sconfitto in finale agli Us Open dal nostro Jannik Sinner, è il diamante più puro di una generazione di ottimi giocatori (ma non di campioni assoluti), dietro ci sono il solido Paul, il talentuoso Korda, l'eccentrico Tiafoe e Ben Shelton, tutto genio e sregolatezza. Una nazione che grazie alla panchina lunga può sognare di inserirsi per la vittoria finale
14 settembre 2024
Se c'è una nazionale, come "profondità di rosa" e come qualità di tennisti, in grado di reggere il confronto con l'Italia e con la Spagna, è sicuramente quella statunitense. Gli Usa, con 5 giocatori nei primi 17 al mondo, stanno lentamente ritrovando la loro grande forza d'urto nel tennis, dopo anni di grave crisi.
E se Taylor Fritz, appena sconfitto in finale agli Us Open dal nostro Jannik Sinner, è il diamante più puro di una generazione di ottimi giocatori (ma non di campioni assoluti), dietro ci sono il solido Paul, il talentuoso Korda, l'eccentrico Tiafoe e Ben Shelton, tutto genio e sregolatezza. Una nazione che ha fra i primi 50 giocatori al mondo altri giocatori come Nakashima, Giron e Michelsen. Senza contare gli Opelka, i McDonald, gli Eubanks, scesi nel ranking ma potenzialmente ancora utili alla causa (come dimostrato in questa tornata di Davis). Insomma, fra i primi 100 giocatori del mondo, Italia e Stati Uniti risultano dominanti. E la competizione a squadre riflette questo dominio.
Gli americani, che hanno alzato la Davis 32 volte nella loro storia (più di chiunque altro), sanno bene che questa squadra è molto diversa da quella che sconfisse la Russia nella finale del 1995. Lì c'erano Sampras e Courier come punte di diamante di una generazione di fenomeni. E questa nazionale non è neanche quella del 2007, anno dell'ultima Davis vinta dagli Usa. Lì, oltre a Andy Roddick (fra i principali avversari di Federer in quegli anni) e Blake (forse più sovrapponibile ai giocatori attuali), c'erano anche i fratelli Bob e Mike Bryan, fra i più grandi doppisti di tutti i tempi e capaci di vincere 16 Slam insieme.
Manca il Sampras, l'Agassi o, se vogliamo pensare all'Italia, il Sinner della situazione. Ma Fritz sta dimostrando di poter diventare, nel pieno della sua maturità, un giocatore in grado di competere per una vittoria Slam. E' vero, nella finale di New York la superiorità di Sinner non è mai stata in discussione, ma Taylor ha dato la sensazione che potrà riprovarci in breve tempo. Fondamentale per dare una speranza agli americani, che nel nuovo millennio hanno visto terminare le carriere di Sampras e Agassi, si sono illusi con Roddick (per anni al vertice, ma in grado di restare numero 1 del ranking solo per poche settimane) e poi si sono aggrappati a giocatori come Mardy Fish, tutto fuorché un possibile campione Slam.
Intanto gli Usa hanno vinto il Girone C di qualificazione, quello con Germania, Slovacchia e Cile. I successi di Opelka (altro giocatore che sta ricostruendo il suo ranking) e Nakashima rispettivamente su Squire e Marterer hanno consegnato agli americani il primato nel raggruppamento, che peraltro era ampiamente alla loro portata. Tutto secondo pronostico, perché è a Malaga che si vedrà la vera e propria forza di una nazionale che non arriva in finale proprio dall'ultimo successo del 2007.
Fa un po' nostalgia pensare che nel 1992, nella finale vinta contro la Svizzera, i singolaristi erano Agassi e Courier, con McEnroe e Sampras che giocavano in doppio. Una sorta di Dream Tream, esattamente come quello che nel basket si presentò ai Giochi Olimpici di Barcellona, sempre quell'anno. Fritz, Paul e compagni sono lontani dall'essere un Dream Team, ma gli Usa - forti di una panchina lunga che pochi possono vantare - stanno gettando le basi per poter fare la voce grossa, in una Davis dove l'Italia e la Spagna (padrona di casa a Malaga) restano in teoria le grandi favorite per il successo finale.
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