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C'è tutta la determinazione di due ragazze, due amiche prima ancora che compagne di doppio, nella storica finale olimpica raggiunta da Errani e Paolini che promettono: "non abbiamo nessuna intenzione di accontentarci"
di Alessandro Catapano, da Parigi | 02 agosto 2024
Il vento dell'est che arriva sul Suzanne-Lenglen non è nelle braccia e nei colpi di Muchova e Noskova, che alle nostre ragazze fanno poco più che il solletico, ma è una brezza dolcissima, che accarezza i capelli e i cuori di chi è qui perché ha deciso di testimoniare un momento storico, attesissimo, già così indimenticabile: il tennis italiano ha riconquistato una medaglia olimpica, cento anni dopo la precedente, il bronzo del conte De Morpurgo, che era rimasta unica, dimenticata. Fino a oggi. Da Parigi ’24 a Parigi ‘24, il vento ha messo al collo delle nostre ragazze una medaglia olimpica, vedremo domenica di quale colore.
Intanto, diciamolo ancora, che suona dolce, dolcissima come la brezza parigina: "Medaglia!". Sara continua a ripeterlo a Jasmine, nei corridoi che portano allo spogliatoio. Sara piange, e vederla così, finalmente in pace con il tennis, lo sport, la vita, è commovente. Sarà piange perché finalmente questo sport le ha restituito un po' di gloria e successo, dopo anni di vicissitudini, sacrifici, bocconi amari.
"Il tennis le doveva qualcosa, Sara è una ragazza straordinaria ma un'atleta normale, meno dotata fisicamente di altre - spiega il suo coach, Pablo Lozano -: deve andare alla guerra con le sue armi, ha una volontà straordinaria. Abbiamo vissuto giornate difficili, non ha mai mollato. E la presenza di Jasmine le ha dato una seconda giovinezza". Le ragazze si abbracciano, e si abbracciano ancora, e poi di nuovo: l'immagine di un connubio umano, prima che tennistico. Due ragazze, due campionesse, due amiche.
Sara e Jasmine, i volti della gioia
E basterebbe ascoltare il racconto di come è iniziata questa avventura olimpica, per rendersi conto del rapporto di ferro che c’è. Ricorda Sara Errani: “Eravamo qui, al Roland Garros dell’anno scorso. Al ristorante dei giocatori, gliel’ho chiesto: diamo continuità a questo nostro doppio, magari riusciamo a qualificarci all’Olimpiade. E’ il sogno della mia vita”.
Jasmine Paolini conferma: “E’ andata così, ma io le ho detto subito di sì, ero entusiasta. Anche il mio allenatore, Renzo (Furlan, nda), mi ha invitato subito a cogliere questa opportunità: mi disse che mi avrebbe fatto bene anche in singolare, e infatti…”.
Ancora una testimonianza, di un momento importante, forse decisivo di questa Olimpiade, che spiega tante cose. Lo racconta Sara: “Io avevo il pallino dell’OIimpiade fin da piccola, era il mio sogno partecipare, poi è diventato il mio sogno provare a vincere una medaglia. Per me l’Olimpiade è sempre stata il massimo, e vincerla varrebbe più dei tornei dello Slam che ho conquistato. Ci ho provato per tanti anni, poi ho trovato Jasmine e l’ho contagiata con il mio entusiasmo… olimpico. La devo ringraziare, perché dopo essere stata eliminata in singolare non ha fatto una piega, anzi: era allo stremo, ma ha dato tutto quello che aveva per onorare l’impegno”.
Dicono, all’unisono: “È davvero un sogno aver vinto una medaglia, un momento speciale, che ci ripaga di tanti sacrifici. Siamo felici ma sappiamo che dobbiamo concentrarci subito per la finale, perché a questo punto non abbiamo nessuna intenzione di accontentarci”.
Ma qual è il segreto di queste ragazze? “Aver trovato l’equilibrio giusto tra di noi e il giusto modo di stare in campo – racconta la Errani -. Io piano piano sono avanzata verso la rete, ci ho lavorato tanto e sono contenta di essere migliorata”. E a proposito di colpi a effetto, quel servizio da sotto sul match point è proprio la firma di Saretta su questa vittoria. “L’avevo detto a Jasmine in panchina, poco prima, non può dire che non la abbia avvisata (la Paolini ride, nda): se servo io sul match point batto dal basso, vedrai che lei ti farà la smorzata. Così è andata”. E ora? “E ora guardiamo il match delle avversarie e ci prepariamo come se fosse la finale di uno Slam. Ma è più di uno Slam”.