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L'Italia vista dalla Spagna (in crisi): "Una potenza, come un tempo eravamo noi"

Fatta salva l'eccezione di Carlos Alcaraz, di quella che era un'armata capace di dominare il circuito è rimasto ben poco. Con il triste ritiro di Rafael Nadal a far pensare. Ecco l'opinione di uno dei giornalisti spagnoli più esperti

23 novembre 2024

L'addio al tennis di Rafa Nadal (Getty Images)

L'addio al tennis di Rafa Nadal (Getty Images)

L'Italia vista dalla Spagna, oggi, mette un po' di sana invidia. Un po' la stessa che abbiamo avuto e avevamo noi fino a 10 anni fa, mentre il fenomeno azzurro stava partendo ma era ancora lontano dal suo apice, e gli iberici – guidati da Rafael Nadal – contavano su un gruppo nutrito di furie rosse. Oggi la situazione è opposta. Jannik Sinner, da numero 1 del mondo, è la punta di diamante di un movimento mai così in salute, mentre al contrario gli iberici arrancano.

Fatta salva l'eccezione di Carlos Alcaraz, di quella che era un'armata capace di dominare il circuito è rimasto ben poco. Con il triste ritiro di Rafael Nadal, c'è un Roberto Bautista Agut che si mantiene competitivo sì, ma ha comunque già 36 anni. C'è un Martin Landaluce che potrebbe esplodere, ma rimane un'incognita. E in mezzo c'è poco: un Davidovich Fokina che sembrava sul punto di esplodere e poi si è arenato, oltre a un Munar e a un Martinez con dei limiti precisi. È interessante, in questo momento, capire il punto di vista iberico, in questo caso attraverso le parole di uno dei giornalisti con più esperienza, Nacho Albarran di Diario AS.

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“L'addio di Rafa è stato un momento triste – spiega Albarran – e di certo ci saremmo aspettati altro per la cerimonia d'addio, che in tanti qui hanno visto molto fredda. È stato un peccato non vedere presenti i suoi più grandi avversari. È stata una serata triste anche per il risultato, ma del resto Rafa lo aveva detto, i finali da film nello sport non esistono. Peccato perché era tutto apparecchiato per una Spagna che andava avanti, avevamo il tutto esaurito per semifinali e finale. Invece è andato tutto storto, incluso l'orario dell'addio di Rafa, con i giornali che stavano per chiudere le pagine”. Con l'addio di Rafa, rimane Alcaraz a tenere in piedi il tennis iberico. “Certo, abbiamo Carlos, ma mancano quelli subito alle spalle, come invece la Spagna ha sempre avuto nella storia recente. I Robredo, gli Almagro, ma anche i Carreno Busta. Oggi purtroppo mancano quei giocatori che rappresentano il cuore del movimento, e che magari ogni tanto arrivano pure all'exploit quando per qualche motivo il leader marca visita”.

Carlos Alcaraz (Getty Images)

Carlos Alcaraz (Getty Images)

Le speranze non mancano. Ma sono, appunto, speranze e non ancora certezze. “Una è Martin Landaluce, che può diventare un ottimo tennista: ha un tennis moderno, serve bene, gioca bene sul duro. Ha le caratteristiche che servono oggi per emergere, ma serve tempo. Poi c'è il fratellino di Carlos Alcaraz, Jaime, di cui mi hanno parlato molto bene. Ma qui parliamo davvero di un bambino e bisogna aspettare per dare qualsiasi giudizio. Di certo chi lo ha visto ha notato delle qualità importanti”.

Non tutti sono fenomeni stile Nadal, forgiato fin dal principio da zio Toni. “Toni Nadal? Non c'era nemmeno lui all'addio di Rafa: ha detto di avere avuto degli impegni di lavoro, per questo non poteva esserci. Ma il rapporto tra loro suppongo continui a essere buono, visto che lo zio si mantiene direttore dell'Accademia di Manacor, una creatura di Nadal. Se ci fosse qualche problema, questo non sarebbe possibile. Di sicuro rimane la fiducia reciproca, ma non c'è dubbio che l'assenza di Toni per tutti noi sia stata una vera sorpresa. Di certo è stato strano, ma può essere, conoscendo Toni, che non abbia voluto interferire con quel momento che era solo e soltanto di Rafa. Lasciare al nipote tutta la scena”.

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Inevitabile, dunque, arrivare al confronto con l'Italia di oggi. “L'Italia oggi è quello che era la Spagna degli anni d'oro: un leader e tanti buonissimi giocatori alle sue spalle. Sinner è un fenomeno, non lo scopro io, ma a me piace molto anche Lorenzo Musetti, con quel rovescio a una mano e quella manualità straordinaria. Poi capisco che la gente segua maggiormente Jannik, visto che ormai vince tutto”. Il punto è che è il sistema intero a funzionare: “Avete Cobolli, Arnaldi, Nardi, che con Alcaraz ha condiviso gran parte della carriera giovanile, tanto che i due sono rimasti ottimi amici. C'è una forza del gruppo che viene da anni di lavoro e che adesso ha trovato il suo apice. Qualcosa che peraltro trascina anche le ragazze, come abbiamo visto qui a Malaga. Accanto a Jasmine Paolini stanno crescendo anche le altre e questo non è per nulla casuale”.


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