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Trevisan, Cocciaretto, Bronzetti e Paolini, prese per mano dalla veterana Sara Errani e dalla capitana Tathiana Garbin, possono diventare il traino delle nuove generazioni come fu Marco Cecchinato fra gli uomini. Perché sono esempi più imitabili di Schiavone, Pennetta, Vinci e “Sarita” (di 11 anni fa)
di Vincenzo Martucci | 21 novembre 2024
La grande occasione del tennis maschile non è arrivato da Fabio Fognini, dai piedi alati e dal braccio magico, che toccava i quarti al Roland Garros 2011 e agli US Open 2015 rimontava da due set a zero sotto Rafa Nadal. Non è arrivata da Matteo Berrettini, alto, bello e potente che, col suo fantastico uno-due, servizio-dritto, si è issato addirittura alla finale di Wimbledon 2021. La chiave della svolta emulativa del gruppo, degli altri, è venuta da Marco Cecchinato con le semifinali del Roland Garros 2018. Solo allora, fra i colleghi, fra quelli che lottavano nei tornei di seconda e terza schiera è emersa sempre più forte e decisa la convinzione che se ce l’aveva fatta lui potevano riuscirci anche loro.
Perché, con tutto il rispetto per le grandi qualità tecniche del siciliano il suo valore assoluto, considerando anche fisico e testa, era pari a quello di tanti altri che si allenavano e si confrontavano sul campo tutti i giorni con lui. E quella convenzione, quando l’allievo di Massimo Sartori ha segnato la classifica-record di 16 del mondo, è diventata decisiva per il salto di qualità, sul piano del lavoro, dell’impegno e della ricerca del miglioramento continuo di tanti.
Lì nasceva “la generazione Cecchinato”, come proclamava orgoglioso il tecnico che ha tirato giù dalle montagne Seppi, la Knapp e infine il Profeta dai capelli rossi, Jannik Sinner. Lì, veniva gettato il germoglio che, con il sostanziale aiuto della nuova organizzazione FITP, ha portato alla crescita di tanti altri germogli che oggi ammiriamo nello scintillante tennis italiano maschile.
PIANETA DONNE
L’ambiente femminile non ha avuto la stessa fortuna. Perché le fantastiche ragazze delle 4 Fed Cup, Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani che poi hanno scalato anche la classifica mondiale, salendo tutte fra le top 10, conquistando, tutte, titoli Slam e facendosi, tutte, onore al vertice. Erano troppo forti, uniche ed inimitabili. Non erano arrivate in paradiso a sorpresa, non erano esplose davvero all'improvviso ma, come Fognini e Berrettini fra i maschi, avevano messo assieme qualità superlative che già avevano fatto ampiamente notare con altri squilli, sia pur più sporadici e magari meno eclatanti.
Tutti, sin da subito, vedevano che la Schiavone poteva diventare “la leonessa” che poi è stata: tratti sembrava Justin Henin per potenza, velocità e tocco. Tutti, sin da bambina, captavano le qualità della Pennetta, a partire dal rovescio penetrante e dal talento nell’avanzamento verso rete. Tutti, sin da quando quasi non si vedeva, per quanto era piccina, notavano che la Vinci giocava un tennis di tocco davvero unico, con volée che nessuno ma proprio nessuno nel tennis donne - né prima né dopo - si è mai sognato. Tutti, seguendola nella sua crescita, comprendevano che la Errani, con quella voglia di arrivare e quel cervello da tennis sarebbe alla fine arrivata, a dispetto dei limiti tecnici. Ma chi avrebbe scommesso sulle fantastiche ragazze che hanno conquistato a Malaga la quinta Coppa di campioni del mondo?
NUOVA VIA
Martina Trevisan, Elisabetta Cocciaretto, Lucia Bronzetti e Jasmine Paolini, prese per mano da Sara Errani e Tathiana Garbin, come anche dai loro tecnici personali, possono diventare il Cecchinato degli uomini. Già sta succedendo con “Jas”, che due anni fa, era lontanissima dal tennis degli Slam ed è la prima a sorprendersi delle sue due finali Majors e del numero 4 di quest’anno, oltre che dell’oro olimpico di doppio. Proprio guardandola ed ascoltando l’assillante proposta di lavoro, lavoro, lavoro, delle due amiche più grandi, Sara e Tathi, ha disincagliato dalla sua testa il terrificante ricordo della partita di Rabat persa da 5-0 al terzo set.
E, dopo 6 mesi dai fratelli Piccari di Anzio - dov’è sbarcata prima da giocatrice e poi da moglie Karin Knapp -, ha sostituito quell’incubo nelle due fantastiche prove di Malaga contro Polonia e Slovacchia, diventando protagonista proprio accanto alla famosa e celebrata Paolini. Che, a sua volta, deve ringraziare Sarita per averle inculcato nuove conoscenze che il coach storico, Renzo Furlan, aveva introdotto su un prototipo che, davvero, fino a pochissimo tempo fa, nessuno credeva. Ecco quindi che l’impresa di Coppa, inattesa, ma frutto di un lavoro attento e profondo di giocatrici forti ma non tanto forti come le famose 4 che hanno scritto la storia del tennis italiano, può valere anche di più dei predecessori.
Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani (di 11 anni fa) erano troppo lontane dalla realtà del tennis donne e non potevano essere agganciate, mentre le ragazze di Malga sì. A cominciare dalla Paolini, costruita pezzo dopo pezzo, col colpi come il dritto e il rovescio che noi non conoscevamo e che oggi fanno paura alle prime della classe. Sempre, però, se c’è il culto del lavoro, del miglioramento e della passione. Direbbe Tathiana Garbin che, col suo sorriso aperto e sincero, nasconde una determinazione ferrea. Che si porta dietro sin da quando da giocatrice vinceva partite che non avresti mai detto. Questa di Malaga, unita a quella per salvarsi la vita, un anno fa, restano comunque le vittorie più importanti. Per sé e per il tennis italiano.
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