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Il duello di Coppa Davis di Biel, con un solo top-50 fra i convocati, fa scattare l’allarme sullo stato di salute dei due paesi. I tempi di Federer e Nadal sembrano lontanissimi: la Svizzera oggi non ha alcun giocatore nei primi 100 (aspettando Bernet), mentre la Spagna deve tenersi stretto Alcaraz perché i ricambi latitano
01 febbraio 2025
In altri tempi nemmeno così lontani, una sfida di Coppa Davis fra Svizzera e Spagna avrebbe generato un interesse enorme, proponendo il duello fra due nazioni che hanno consegnato al mondo della racchetta due delle più grandi leggende mai viste su un campo da tennis, Roger Federer e Rafael Nadal. Invece, stavolta il duello in programma fra oggi e domani rischia di passare sottotraccia, in virtù di una lista di convocati ben diversa rispetto a quella dei tempi che furono. Dice tutto il fatto che i nomi più altisonanti, alla Swiss Tennis Arena di Biel, siederanno sulle panchine delle due nazionali: da una parte Severin Luthi, storico coach-migliore amico-tuttofare di Federer; dall’altra David Ferrer, ex top-5 che di Insalatiere ne ha vinte tre da giocatore, nel periodo d’oro dell’armada roja.
Fra i giocatori schierabili, la Svizzera non ha top-100 e deve puntare tutto su Jerome Kym, Marc-Andrea Huesler, Remy Bertola e Dominic Stricker, mentre la Spagna risponde con Pedro Martinez, Roberto Carballes Baena, Jaume Munar e il giovane talento di Martin Landaluce. Tutti ottimi giocatori, ma nulla a che vedere con i fenomeni di un tempo, quando tennis in Svizzera significava mister Roger e in Spagna voleva dire señor Rafa. Per anni e anni l’attenzione se la sono presa tutta loro, tanto che suona persino strano il fatto che fra i 40 confronti ufficiali non ce ne sia stato nemmeno uno con la maglia della nazionale.
Ai loro tempi Svizzera e Spagna si affrontarono due volte, sempre al primo turno del vecchio World Group, nel 2007 al Palaexpo di Ginevra e tre anni dopo alla Plaza de Toros di Logrono, con altrettante vittorie degli iberici. Ma non c’è traccia della presenza di Federer, che la Davis la snobbava spesso e volentieri (eccetto nel 2014: decise di prendersi l’impegno e la vinse), e giusto un accenno di quella di Nadal, visto che nel primo confronto Rafa era fra i convocati dell’allora capitano Emilio Sanchez, ma fu costretto a rinunciare a causa di un problema alla coscia avvertito nell’allenamento mattutino prima del debutto contro Marco Chiudinelli.
Cambiati i tempi, l’elenco dei presenti a Biel lascia un po’ di amaro in bocca perché mette a nudo il fatto che l’eredità dei due giganti sia un po’ svanita (o non si veda ancora), lasciata cadere a causa della consapevolezza che due così non si rivedranno più. Giusto fare un distinguo: la Spagna ha Carlos Alcaraz, che ha già collezionato quattro titoli Slam a nemmeno 22 anni e molti altri ne vincerà. Ma il discorso cambia solo in parte: un tempo ad affiancare Nadal c’erano un’altra quindicina di top-100 fra i quali dei signori giocatori, dall’attuale capitano David Ferrer a Fernando Verdasco, ma anche Almagro, Lopez, Robredo e altri nomi sufficienti e riempire almeno una riga.
Oggi, invece, alle spalle di Alcaraz c’è un solo top-50 (Martinez) e l’età media dei cinque che seguono Carlitos supera i 29 anni. Un dato non esattamente incoraggiante, tanto che Ferrer è andato saggiamente a offrire il debutto in nazionale al baby Landaluce, che ha appena compiuto 19 anni e – lui sì – promette un gran bene. Per il resto, i ricambi latitano e se è vero che la qualità nasce anche dalla quantità il problema potrebbe ingigantirsi.
Ancora peggio se la passa la Svizzera, che per questioni demografiche (da ricordare che ha oltre un milione di abitanti in meno rispetto alla… Lombardia) non ha mai prodotto chissà quale quantità di tennisti di livello, ma con Federer e Wawrinka ha vissuto vent’anni da favola. Il problema è che oggi non è vuota solo la casellina dei top-10, ma pure quella dei top-100 e affidarsi al 39enne Wawrinka non offre più garanzie. Fortuna che all’orizzonte si vede il suo potenziale erede, quell’Henry Bernet che ha vinto l’Australian Open juniores e incantato col rovescio, attirando enorme interesse e altrettante pressioni. Saggio capitan Luthi, che ha preferito smorzarle tenendo il 18enne lontano dalla nazionale ancora per un po’, pur essendo fra i primi ad augurarsi una sua rapidissima ascesa. Perché alla Svizzera di oggi uno così serve come il pane.
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