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Bivio under 18: attività juniores o pro?

Per un giovane è meglio concentrarsi il più a lungo possibile sui tornei under oppure dedicarsi subito al tennis dei grandi? Una risposta corretta non esiste: ogni caso è a sé, e non tutti per emergere hanno bisogno dello stesso percorso formativo. L’importante è non avere fretta

17 marzo 2021

È una delle grandi domande del mondo del tennis: quanto conta l’attività juniores per avere successo da professionisti? Una risposta univoca non c’è, perché è diversa a seconda del soggetto interessato. Per alcuni si tratta di un percorso formativo importante, mentre per altri conta zero, perché certi talenti riescono ad arrivare in alto pur saltando a piedi pari la carriera juniores. I due esempi più lampanti della differenza sono Roger Federer e Rafael Nadal: il primo è stato numero uno al mondo anche fra gli under 18, mentre il secondo ha giocato solamente un torneo giovanile, eppure oggi condividono gli stessi venti Slam e si dividono record su record.

Una volta veniva dato più peso all’attività giovanile e ai suoi risultati, ma col tempo è gradualmente passato il messaggio che pensare troppo alle vittorie giovanili poteva trasformarsi in un’arma a doppio taglio, così l’attenzione di tanti si è spostata in anticipo sull’attività “pro”. Tuttavia, il circuito giovanile continua a rappresentare per tanti una preziosa opportunità, per giocare partite e fare esperienza lontano da particolari attenzioni, ma soprattutto per crescere, formarsi e passare fra i grandi solamente quando il percorso è ultimato. Una scelta (azzeccata) fatta di recente da Leo Borg, 17enne figlio della leggenda Bjorn: aveva tentato di passare anzitempo fra i grandi ma non ha ottenuto i risultati sperati, così ha ripiegato sull’attività giovanile e ne sta raccogliendo i frutti. Ha vinto un Grado 1 in Brasile, è appena arrivato in finale in Costa Rica, e grazie a un lungo periodo fortunato è salito al n.12 del mondo. Dovesse ripresentarsi oggi fra i professionisti, non lo farebbe più solo come figlio di Borg, ma anche o soprattutto come uno degli under 18 più promettenti del panorama mondiale.

Leo Borg, classe 2003, è salito al numero 12 del ranking mondiale under 18

Gli esempi sono tanti, sia in una direzione sia nell’altra. Impossibile non citare il caso di Holger Rune, danese numero 1 della classifica. È in testa solo perché il ranking è stato reso biennale per la pandemia, altrimenti sarebbe senza punti perché l’attività juniores l’ha abbandonata nel 2019, col titolo al Masters giovanile di Chengdu. Ha capito che il suo percorso fra i baby era ultimato e da allora si è dedicato a tempo pieno al tennis dei grandi, arrivando per la prima volta ai quarti di un torneo ATP la scorsa settimana a Santiago. Storia simile per il n.2 Shintaro Mochizuki e il numero 3 Martin Damm, già a pieno regime fra i professionisti (ma senza gli stessi risultati di Rune), mentre è ancora più avanti il percorso di Carlos Alcaraz. Nelle ultime tre stagioni lo spagnolo ha giocato soli otto tornei Itf (infatti è più lontano: al numero 46), ma in compenso ha già vinto tre Challenger e passato un turno all’ultimo Australian Open, portandosi a una trentina di posizioni dai primi 100 ATP. Al numero 24 ITF c’è invece il nostro Luca Nardi, che con l’attività under vera e propria ha chiuso nel 2019, e si sta già facendo le ossa nei Challenger.

Juncheng Shang è n.4 under 18, ma deve ancora esordire fra i professionisti

All’opposto i casi di Juncheng Shang e Bruno Kuzukara, rispettivamente numero 4 e 5 del mondo, che addirittura fra i professionisti devono ancora esordire. Sono in parte giustificati dall’età, visto che il cinese è nato nel 2005 e lo statunitense un anno prima, quindi hanno ancora tempo per dedicarsi all’attività “pro”, mentre non vale lo stesso per i tre che li seguono: Pedro Boscardin Dias, Jack Pinnington Jones e Dali Blanch. Sono nati nel 2003, quindi quest’anno spegneranno 18 candeline, eppure fra i professionisti hanno giocato solo dodici tornei in tre, prediligendo l’attività juniores. Errore? Per ora non è altro che una scelta, sarà il futuro a dire se corretta oppure no. Di certo, invece, è stata azzeccata quella del loro coetaneo Toby Kodat di provarci fra i professionisti, visto che in questo avvio di 2021 il fratellastro di Nicole Vaidisova ha conquistato il suo primo titolo, vincendo un 15 mila dollari ad Antalya.

Il discorso si può trasferire liberamente anche nei piani alti della classifica juniores femminile, guidata da Elsa Jacquemot. La stellina francese sta già giocando per i punti WTA da tutto il 2020, ma ha voluto comunque conservare il numero uno juniores di fine anno, andando appositamente a disputare (e vincere) un torneo in Spagna a fine ottobre. Ma ormai la sua carriera juniores è un capitolo chiuso, anche perché ha già dimostrato di poter stare fra le professioniste. Un passaggio che invece deve ancora essere ultimato dalla numero 2 Victoria Jimenez Kasintseva, che però ha due anni in meno e volendo ha ancora sia il 2022 sia il 2023 per giocare a livello giovanile. Non lo farà, perché ha i mezzi (ma forse non ancora il fisico) per vincere fra le professioniste, e anche perché non vuole perdere terreno rispetto ad Alexandra Eala e Linda Fruhvirtova, le due connazionali che nella classifica giovanile le stanno alle spalle, ma hanno già vinto almeno un titolo nell’Itf World Tennis Tour.

Elsa Jacquemot, numero uno under 18, è già lanciata fra le professioniste

Generalmente, malgrado la presenza di una regola WTA che limita l’attività delle atlete fino al compimento del 18esimo anno d’età, le ragazze iniziano a svolgere attività professionistica prima degli uomini, ragion per cui 9 delle prime 10 dell’attuale ranking ITF hanno già vinto partite nei tornei “pro”, con la 16enne statunitense Robin Montgomery addirittura già numero 364, con un titolo in un 25 mila dollari in bacheca. Unica eccezione l’ungherese Natalia Szabanin, numero 10: fra le “pro” ha disputato appena tre tornei e ha sempre perso al primo turno, probabile ragione per la quale continua a svolgere regolare attività juniores. I risultati dicono che fa bene: solo nell’ultimo mese ha vinto due tornei di Grado 1, mettendo fiducia nel serbatoio in vista di un nuovo tentativo fra le grandi.

In sintesi, non esiste una via giusta o una sbagliata. Per qualcuno ha senso lasciare gli juniores a 16 anni, mentre per altri può diventare importante sfruttare i tornei giovanili fino a quando ne hanno la possibilità. Il circuito juniores non rappresenta una garanzia di successo per il futuro, ma può comunque essere utilissimo dal punto di vista formativo. L’importante è che ognuno capisca quale è la propria dimensione e la sfrutti a dovere, senza fretta. Perché il tennis non è una corsa sui 100 metri, le carriere sono diventate lunghissime e chi brucia le tappe oggi non è detto che lo faccia anche domani.

Linda Fruhvirtova, ceca classe 2005, a febbraio ha vinto due 15 mila dollari consecutivi in Tunisia


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